La democrazia pretende un supplemento d’anima
Quando si vota per i referendum sulla giustizia, quali sono i questi e perché è importante andare alle urne

La democrazia pretende un supplemento di anima, diceva qualcuno non privo di autorevolezza. Vuole dai cittadini un impegno aggiuntivo che vada oltre i riti e le procedure e che colga l’essenza stessa di quella profonda e insuperabile eguaglianza che contraddistingue, uno per uno e tutti, i membri della medesima polis. Senza una visione mite, orizzontale, paritaria del potere che tenga sapientemente insieme le diversità e non le trasformi in diseguaglianze, nessuna democrazia può durare a lungo. C’è un solo luogo in cui questa profonda aspirazione egalitaria degli uomini si esprime senza condizionamenti, senza mediazioni e senza filtri: il voto. Nell’urna – solo nell’urna e in nessun altro luogo – ciascun cittadino rende manifesta la propria assoluta identità con i suoi simili. Solo in quel momento uno vale uno e nient’altro conta; non c’è censo, né cultura, né colore, né fede o ideologia.
Le elezioni, però, sono un terreno scosceso, infido, pericoloso. La disaffezione verso le urne, l’astensione, il disinteresse sono un tarlo capace di corrodere dal profondo le fondamenta della democrazia liberale che, senza una significativa, maggioritaria, consistente partecipazione al voto si trasforma in un sistema di puro bilanciamento tra minoranze e maggioranze, tra i molti che subiscono e i pochi che comandano. Un apparato di pure garanzie e nient’altro, garanzie peraltro da poter dilatare o restringere a seconda delle necessità. Abbiamo attraversato il deserto di una terribile pandemia e siamo ora nelle paludi infide di una guerra occultata in una condizione difficile per la democrazia. In questi frangenti molti hanno messo in discussione che si sia assicurato l’effettivo, minimo rispetto delle garanzie costituzionali e mai come negli ultimi due anni brandelli della Carta sono stati al centro di accesi confronti e di scontri animati tra uomini e fazioni.
Si avvicina ora il voto referendario sulla giustizia. Un’elezione sui generis nella quale si è chiamati ad approvare o a respingere la proposta legislativa dei promotori che vogliono l’abrogazione di alcune norme in materia di ordinamento giudiziario e di processo penale. Sono quesiti, il più delle volte, complessi; ma la democrazia esige un supplemento di anima come dicevamo. Non manca, certo, l’occasione per informarsi, per saperne di più. Nella rete di internet senza confini o restrizioni è possibile documentarsi in pochi minuti. Ci vuole un supplemento di anima e non basta nascondersi dietro la scusa che sono materie complesse, che ci vorrebbe una laurea in giurisprudenza, che non si può pretendere dal cittadino medio un livello così sofisticato di conoscenze.
È comprensibile che, tra mille guai, a questo impegno ci si voglia sottrarre; è altra fatica, è altra noia, per cui tutti con la paletta e il secchiello al mare, a farsi stordire dal sole e farsi cullare dalle onde. Come Lucignolo che vuol sedurre Pinocchio: «Lì non vi sono scuole, lì non vi sono maestri, lì non vi sono libri. In quel paese benedetto non si studia mai… Figurati che le vacanze dell’autunno cominciano col primo di gennaio e finiscono con l’ultimo di dicembre. Ecco un paese come piace veramente a me! Ecco come dovrebbero essere tutti i paesi civili!». La storia è nota. Ma ogni volta il rischio è lo stesso. Il paese dei balocchi è certo più attraente del paese della fatica, ma si finisce ciuchi. È legittimo votare come si crede. È legittimo anche non votare perché in quel modo si affossa la consultazione. Quel che non è comprensibile è che, per scansare la fatica della democrazia, i soliti pifferai spingano alla tintarella. Che, poi, nelle chiacchiere sotto l’ombrellone è anche una buona occasione per mostrare simpatia verso gli ucraini che, per continuare a votare da uomini liberi, si stanno facendo massacrare.
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