Quanto può durare un’indagine? Non si contano le volte in cui si è sentito parlare di «ragionevole durata del procedimento», una definizione che racchiude in poche parole il senso di una giustizia, ma anche quello di una giustizia che non c’è. Perché è proprio sui tempi della giustizia che il nostro Paese, e Napoli in particolare (considerando la mole di processi e di indagini che ci sono ogni anno in questo distretto giudiziario), detengono un triste primato. Si può arrivare ad attendere anni per una sentenza, e mica parliamo necessariamente di un verdetto definitivo, l’attesa è lunga, lunghissima, anche per una semplice sentenza di primo grado. Ci sono processi a Napoli che durano da dieci anni.
Ma cosa accade durante la fase delle indagini? Per quanto tempo si resta sospesi all’esito dell’attività investigativa di un pubblico ministero? Anche questo è un settore della giustizia dove per anni lungaggini e faldoni su faldoni hanno reso i tempi dilatati e le attese estenuanti. Essere indagato vuol dire vivere sospeso in una bolla di incertezze, ancor di più se si è totalmente estranei ai fatti per i quali si è indagati. La nuova disciplina legale dell’avocazione ha comportato la necessità di rafforzare il monitoraggio della durata delle indagini e il controllo del rischio di stasi non giustificate. Già, le stasi non giustificate. Quei faldoni lasciati negli armadietti in attesa di indizi o chissà. A Napoli un’indagine, per i reati più vari, può durare dai 73 ai 7.208 giorni, calcolando il periodo compreso tra la data di iscrizione del procedimento alla conclusione del pubblico ministero. I tempi variano anche a seconda della richiesta con cui il pubblico ministero conclude le indagini preliminari: azione penale o archiviazione. La Procura di Napoli, nel suo bilancio sociale, ha calcolato la durata delle indagini nell’ultimo anno.
Certo, a seconda della tipologia di reato cambia anche la durata delle indagini. È facile intuire che ci sono reati per i quali le indagini sono più elaborate per via del numero di persone coinvolte o delle ipotesi di reato che gli inquirenti contestano. Ad ogni modo facciamo un esempio. Prendiamo come riferimento il reato di associazione a delinquere semplice e un’indagine a carico di persone note (nel 2021, per questo particolare reato, ne sono state definite quasi 883): l’inchiesta è durata in media 646 giorni quando la Procura ha concluso con una richiesta di rinvio a giudizio, 1.089,12 giorni nel caso di un’archiviazione nel merito, 2.887,32 giorni nel caso di un’archiviazione per prescrizione. Altro esempio. Prendiamo in considerazione un reato di pubblica amministrazione come l’abuso di ufficio. Nel 2021 i tempi che hanno scandito la durata e l’esito delle indagini, facendo la media dei 557 casi definiti nell’anno, sono stati questi: 470 giorni per concludere l’inchiesta con una richiesta di rinvio a giudizio, 535 per archiviarla nel merito, stabilendo quindi che non vi sono prove a carico dell’iniziale ipotesi accusatoria, e ben 7.208 giorni per archiviare per prescrizione.
Significa che per tutto questo tempo un cittadino, destinato ad uscire dall’indagine senza accuse visto che l’esito sarà un’archiviazione, resta in attesa. Un’attesa che spesso genera drammi, traumi, gogne mediatiche e giudiziarie, stronca carriere, spezza famiglie, costringe a scelte che non si sarebbero mai fatte. Tenendo la lente su Napoli e sulla Procura partenopea, parliamo di un numero di indagini molto elevato. Nel 2021, solo a modello 21 e quindi per indagini a carico di persone note (escludendo quindi le indagini a carico di ignoti), si sono registrati 2.875 procedimenti sopraggiunti, 2.427 procedimenti iscritti, 2.979 definiti e, a fronte di una pendenza di 2.473 fascicoli, il 2021 si è chiuso con una pendenza di 1.743 procedimenti. Si tratta di migliaia di vite sospese.