«La durata della guerra? È una questione politica, non militare». A sostenerlo è uno dei più autorevoli analisti di geopolitica e sicurezza italiani: Andrea Margelletti. Presidente del Ce.S.I. (Centro Studi Internazionali), il professor Margelletti è anche membro del Gruppo di Riflessione Strategica del Ministero degli Esteri e dell’Osservatorio per la Sicurezza Nazionale.

Professor Margelletti, quella in Ucraina sarà una guerra di lunga durata? E se è così, è solo per ragioni militari o c’è dell’altro?
La guerra può finire fra otto secondi, nel momento in cui Putin decide di fermare le operazioni militari e di sedersi a un tavolo di trattative. Vede, noi non possiamo mettere tra parentesi che in questa guerra c’è un aggressore e un Paese che si difende. E l’invasore, nonostante i tentativi di chiunque, compreso il Santo Padre, non vuole sedersi a un tavolo del dialogo e prosegue la sua operazione terribile.

La butto giù un po’ brutalmente: il vero obiettivo degli Usa è liberare l’Ucraina o liberarsi di Putin?
Innanzitutto questo è un conflitto che gli americani non avrebbero proprio voluto. Perché il competitor globale degli Stati Uniti, come tutti sanno, è la Cina. Gli americani sono stati tirati in un conflitto che li distoglie dal loro interesse fondamentale che è, per l’appunto, la Cina. Ovviamente essendo la nazione più ricca, chi ha di più dà di più. Nessuno al mondo avrebbe potuto dare agli ucraini gli aiuti che hanno fornito gli americani, per la semplice ragione che l’economia americana è diversa da quella del Lussemburgo, che peraltro ha fornito armi. Putin usa la forza come strumento politico, ne consegue che indebolirlo militarmente significa indebolirlo politicamente.

Altra domanda secca: più Nato o più Europa? La Finlandia e la Svezia non hanno dubbi in proposito: vogliono entrare da subito nella Nato…
E vai a dar loro torto. È comprensibile. Se il tuo vicino di casa è aggressivo e invade Paesi, è logico che uno si voglia fidelizzare a una difesa comune. È molto meno rischioso essere parte di una coalizione che essere un cavaliere solitario.

 

Il presidente della Turchia, Recep Tayyp Erdogan, si è detto contrario all’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato. Come la mettiamo?
Vorrà dire che se la Turchia manterrà il punto, Finlandia e Svezia non entreranno nella Nato.

Ma perché questa coalizione non può essere un’Europa rafforzata e invece deve indirizzarsi verso un’alleanza che comunque è a trazione americana o angloamericana?
Nella realtà dei fatti non è così. Noi dobbiamo distinguere le ideologie e le posizioni politiche, che sono tutte legittime, dalla realtà dei fatti. E un fatto è che nella Nato qualunque decisione venga assunta al suo interno, essa viene presa a maggioranza assoluta. Perché è così che funziona. Se tutti i Paesi, fuorché l’Islanda, per dire un Paese non primario nell’Alleanza Atlantica, condividono una posizione e l’Islanda dice “no”, quella posizione non si trasforma in una decisione. Tutto qui. Ed è per questo che chi parla dell’Ucraina nella Nato non sa di che cosa sta parlando…

Perché?
Per la stessa ragione per la quale da una ridda di anni Cipro chiede di entrare, e la Grecia gli dice no. L’Ucraina sarebbe potuta entrare nella Nato, tra venticinque-trent’anni, per dire, nel momento in cui ci sarebbero state condizioni completamente diverse. Prendiamo le condizioni pre-invasione del 24 febbraio. Erano quelle di un Paese che aveva una parte del proprio territorio invaso, o per lo meno conteso. Non fai entrare un Paese dove un minuto dopo, per l’articolo V della Carta costitutiva della Nato, devi entrare in guerra a suo fianco. Il governo italiano, non questo ma un governo qualunque, avrebbe detto “non se ne parla”. Non si era neanche posta la questione. Nel North Atlantic Council, l’organismo politico che dirige la Nato, tutti devono essere d’accordo. Non funziona con la maggioranza qualificata o quella relativa, c’è la maggioranza assoluta. C’è poi un discorso, che so “indigesto”, che riguarda l’Europa. Posso farlo?

Certo che sì…
Nell’ultimo decennio, e anche più, abbiamo avuto in tutti i Paesi europei forze politiche, spesso con ruoli di governo, che hanno demolito il concetto di Europa. Torniamo al singolo Paese, al villaggio, facciamo da soli… È ovvio che se tu passi anni e anni a dire agli europei che l’Europa è quella degli spietati burocrati che non servono a niente e che dobbiamo tornare al borgo di casa nostra, poi non si può pretendere di operare una inversione di tendenza in due minuti. Le stesse Forze armate europee, di cui tanto si sproloquia, sono una foglia di fico politica. Ma come diavolo fai ad avere le Forze armate europee in assenza di un Governo europeo! Tu prima fai l’Italia, poi fai l’esercito italiano. D’altro canto, noi europei possiamo condividere lo stesso spazio democratico con gli Stati Uniti e con il Canada, i nostri alleati dell’altra parte dell’Atlantico, ma non necessariamente gli interessi sono sempre gli stessi. Non c’è niente di scandaloso, visto che l’Italia non ha gli stessi interessi dei francesi sulla Libia, figuriamoci rispetto agli americani che stanno dall’altra parte dell’Oceano. Il dato fondamentale è che negli ultimi trenta-quarant’anni, l’Europa ha voluto focalizzarsi sugli aspetti economici. È stata una scelta europea, non imposta dall’esterno. Al contempo, l’Europa ha delegato la componente securitaria ad altri organismi e alleanze…

Vale la pena soffermarci su questo…
M’invita a nozze. La componente securitaria della Nato ha una serie di meccanismi oliati che non ci sono invece in quella dell’Unione europea. Nella realtà, non nella narrazione ideologica, il rapporto transatlantico ci permette in qualche misura di essere addirittura parte terza rispetto alle beghe europee. C’è poi un’altra questione dirimente…

Di cosa si tratta?
Non può esserci una difesa europea senza una sincronizzazione dell’industria della difesa europea. Ad esempio: chi le costruisce le navi? Le facciamo noi italiani? Benissimo. E ai cantieri spagnoli cosa diciamo? E a quelli polacchi o francesi? Qualcuno potrebbe obiettare: facciamo un tipo di nave sola, e quindi la possono costruire, ugualmente, i francesi, gli inglesi e via elencando…

E lei come risponderebbe?
Che quella nave non può avere uno stesso costo. Certo, è lo stesso tipo di nave, ma i livelli salariali e sindacali sono diversi a secondo dei Paesi. Perché diverso è il costo della vita, sono diverse le protezioni sociali etc. Se noi politicamente non sincronizziamo tutti gli strumenti, non puoi parlare di difesa europea. E lo dico da europeista convinto, non solo perché ci credo ma perché ritengo che per la nostra sopravvivenza sia necessario avere una Europa forte e autorevole.

L’incontro alla Casa Bianca fra Biden e Draghi. Una lettura politica diffusa sostiene che il premier italiano abbia chiesto al presidente Usa di provare a riparlare con la Russia di Putin, di mettere in campo più diplomazia. Cosa che lo stesso Draghi ha confermato una volta in Italia. Lei come la vede?
La vedo che lo spazio negoziale che in questi ottanta e più giorni la Russia ha dato è pari a zero. Non è che ha detto no. Non ha neanche risposto, neppure al Papa. La colpa della poca negoziazione non è dovuta ai “cattivi” americani o a chissà chi altro, ma al fatto che la controparte non vuole negoziare. È ovvio che noi dobbiamo insistere nella negoziazione, e fa bene il presidente Draghi a muoversi come sta facendo, ma se l’altro non ti risponde nemmeno, di cosa vuoi discutere? Si dice: non diamo le armi e facciamoli sedere attorno a un tavolo. Rispetto la posizione, ma è un discorso che va bene in un salotto. Perché se io non voglio sedermi a un tavolo con te, non mi siedo. Punto. Qui la colpa è di chi ha invaso, non di chi sostiene chi si difende dagli invasori. Quanto poi alla differenziazione tra armi offensive e difensive, beh, fa semplicemente ridere. Il problema è chi le usa, queste armi, e a quale fine. Così come è francamente risibile se con le armi che gli abbiamo fornito, gli ucraini possano colpire in territorio russo. Ora: se i colpi di artiglieria o di fucile arrivano da una base o postazione in territorio russo, io ucraino potrò difendermi o no? Ripeto: è totalmente legittimo essere contrari all’invio di armi. Non dobbiamo mica avere un pensiero unico, questo c’è in Russia. Ma il discorso va completato. Perché dire “sono contrario all’invio di armi perché voglio la pace” è un discorso che o è ingenuo o disonesto intellettualmente. Perché senza l’invio di armi, la Russia avrebbe conquistato da tempo l’Ucraina. Allora sarebbe più onesto dire che non vuoi inviare le armi e che accetti, però, il fatto che la Russia conquisti l’Ucraina. Quello che non mi pare accettabile è il non argomentare una posizione. Perché se noi non mandiamo le armi agli ucraini, non è che i russi si fermano. Mi lasci infine aggiungere un’ultima cosa. Molti hanno accusato gli americani d’imperialismo per via dell’affermazione che si vuole indebolire Putin, militarmente e dunque politicamente. Stiamo parlando di una persona che ha deciso di invadere un altro Paese, di attaccare uno Stato sovrano. E ci meravigliamo o storciamo il naso se altri Paesi, in particolare quelli più vicini, confinanti, hanno paura e sono tutti d’accordo nell’indebolire lo strumento militare russo? Indebolire il potenziale aggressore li pone al riparo dal rischio di invasione per diversi anni, finché quello strumento non verrà ricostruito, cosa resa più difficile e lunga dalle sanzioni. Dobbiamo, tutti – politici, analisti, giornalisti – comportarci in maniera seria. E dire delle cose che siano sostenibili, comunque la si pensi. Lo dobbiamo a chi muore, da una parte e dall’altra. Sarà che ho visto tanta morte in vita mia nelle aree di crisi, non ho la gioia da Risiko. Credo che sia il momento delle persone serie.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.