Le somme del lavoro del sindaco
Quanto tempo occorre per giudicare l’operato del nuovo sindaco: Manfredi bastano 500 giorni?

Barack Obama, riferendosi alle nuove amministrazioni, amava dire che “I primi cento giorni sono importanti, ma i primi mille possono fare la differenza”. Gaetano Manfredi, neosindaco di Napoli, ha ereditato un Comune disastrato dal punto di vista amministrativo e senza un euro in cassa, con un bilancio praticamente in pieno dissesto che solo il “patto per Napoli”, il provvedimento governativo di sostegno economico fortemente voluto dall’ex rettore, ha consentito di salvare l‘ente dal fallimento totale. A metà gennaio scorso, allo scadere dei primi cento giorni di governo, il sindaco disse: «Noi veniamo da una vecchia amministrazione che è stata 10 anni, quindi sappiamo quello che abbiamo trovato e che abbiamo ereditato. Non abbiamo bisogno di questioni di immagine, noi dobbiamo dare risposte concrete e soprattutto dobbiamo risolvere i problemi in maniera definitiva».
Quella dichiarazione, qualora ve ne fosse stato ancora bisogno, tracciò un solco ancor più profondo rispetto al passato, un approccio serio e compassato teso a mettere definitivamente in soffitta le tante, le troppe boutade dell’ex sindaco de Magistris che un giorno annunciava il 70% di raccolta differenziata in sei mesi e l’altro che saremmo stati secondi solo a Tokio per il trasporto pubblico locale, tutto ciò mentre accadevano disastri e in città venivano meno i più elementari servizi pubblici che il Comune dovrebbe garantire. Il bilancio consuntivo del 2021, di prossima discussione in consiglio comunale e di cui si conosce qualche triste anticipazione, certifica con cifre e numeri impressi sulla carta, il risultato conclusivo dell’esperienza arancione, una delle peggiori amministrazioni partenopee di sempre.
Quindi, i primi cento giorni, ma anche i secondi, sono serviti da un lato a rendersi conto delle macerie ereditate e su quali dei pilastri ancora stabili si potesse ricostruire da zero una amministrazione capace di rendere ai cittadini napoletani un minimo di servizi in cambio di una tassazione ai massimi già dal 2013, quando il Comune di Napoli fu collocato tra gli enti in pre-dissesto, e dall’altro lato a concretizzare, con la venuta del presidente del Consiglio, Mario Draghi nella nostra città, il “patto per Napoli”, il miliardo e 200 milioni di iniezione di liquidità nelle casse comunali, concessi in cambio di un piano di ristrutturazione finanziaria, di riforma strutturale delle partecipate e, ahimè, a un altro aumento di tasse e tariffe ai danni dei cittadini napoletani, soldi che serviranno all’amministrazione per far fronte al 25% del miliardo e 200 milioni che il Comune dovrà coprire così come prevede il decreto del “patto per Napoli”.
L’eredità dunque è pesante, pesantissima, le nuove tasse e tariffe andranno in vigore a partire dal prossimo anno, nuove gabelle che diventeranno insopportabili se l’amministrazione Manfredi non sarà stata capace di far percepire un vero cambiamento in meglio nei tanti settori in perenne sofferenza da troppi anni. Ecco, la scadenza per un giudizio sul nuovo governo della città credo che si possa stabilire per l’inizio del prossimo anno, tra sei mesi da ora e quando sarà trascorso più di un anno di governo. Se per Obama mille giorni possono servire per fare la differenza per gli Stati Uniti, circa 500 dovrebbero bastare a un capace sindaco di Napoli per attuare una vera e storica svolta.
Se per quel tempo, concomitante con l’aumento delle tasse, la “sterzata” almeno su pulizia della città, rifiuti, manutenzione del verde, trasporto pubblico locale e lotta all’abusivismo non sarà un fatto tangibile, concreto e non solo nel centro cittadino, allora si potrà certificare l’omologazione di questa amministrazione alle ultime dei passati decenni. E cadranno definitivamente le braccia a tutti i 913mila cittadini napoletani.
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