Quel “no” a Fitto somiglia più ad un post scontato: il grande equivoco di Glucksmann, astro nascente della fu sinistra europea

Raphael Glucksmann ha 45 anni, è figlio d’arte, viene dalla migliore cultura francese ed è l’astro nascente della fu sinistra europea. Forse l’unico. Infatti, mentre lui cerca di disegnare il futuro, Macron boccheggia, Scholz è ai titoli di coda, Sanchez fronteggia il malcontento popolare, Schlein si aggira errabonda nel suo campo vago. Lo hanno finora accusato di volare un po’ troppo alto. Hanno detto che è il suo momento, che sarebbe ora, per il leader di Place publique, di scendere nella “place” di tutti e non più solo nella sua.

Tutto giusto. Ma lo sbarco di questi giorni nella realpolitik si presenta troppo realista e ben poco politico. Il secco “no” alla vicepresidenza esecutiva per Raffaele Fitto, pronunciato a nome dei socialisti europei, non serve all’Europa e neppure ai socialisti. Sembra il classico riflesso condizionato che sostituisce il ragionamento. Glucksmann è accusato di sentirsi ancora non un leader ma l’influencer-guida dei suoi 800mila giovani follower: questo niet, in effetti, somiglia più a un post per una campagna social che a un atto razionale. L’argomento che usa Glucksmann è scontato: gli accordi che hanno portato all’elezione della von der Leyen non prevedono ruoli di governo a Ecr, il movimento conservatori-riformisti di cui fa parte il partito di Giorgia Meloni. La maggioranza Ursula, allargata agli ambientalisti, sulla carta non prevede eccezioni. La presidente dei liberali, Valerie Hayer, addirittura chiama l’ipotesi-Fitto “tradimento sugli obiettivi che perseguiamo come pro-europei”. Glucksmann rincara: “Per noi è chiaro: nessuna vicepresidenza per l’estrema destra italiana”.

In queste poche parole c’è il grande equivoco che rischia di indebolire ulteriormente l’Europa, soggetto politico latitante su ogni dossier di rilievo e da ieri letteralmente appeso alle prossime mosse della Casa Bianca. L’interesse di Bruxelles è quello di unire gli europeisti, e Fitto lo è per storia e collocazione politica, e non a caso gode del pieno appoggio dei popolari, principale forza del Parlamento e della maggioranza. L’interesse di Bruxelles è includere e favorire i percorsi di coesione, e definire “estrema destraFitto e il suo partito significa come minimo non sapere nulla della politica italiana. L’interesse della maggioranza è quello di spaccare i vari raggruppamenti di destra, e invece con il no di socialisti e liberali, Fitto in prima battuta sarebbe votato oltre che dal Ppe da patrioti e sovranisti vari.

Ma prima ancora delle valutazioni tattiche, c’è una questione di fondo. Il socialismo europeo conquistò il Novecento perché seppe guardare oltre il suo recinto ideologico e pensare ad un modello di società che portasse benefici a tutti. Ma il “suo” secolo finì con forti scossoni alle fondamenta. Alle soglie del nuovo mondo che seguì la caduta del Muro, il modello socialdemocratico – welfare universale incardinato nella democrazia liberale – non seppe affrontare le nuove sfide. E apparve ai più come uno schema “tassa e spendi” alleato ai diritti acquisiti di classi ormai iper-protette, inadeguato alle nuove povertà, alla globalizzazione, al predominio delle big tech, all’emigrazione, alla minaccia di paesi autocratici dal pil galoppante ostili al dominio americano. Glucksmann ha iniziato il suo viaggio ideale sulle rotte dei diritti civili in Georgia, Cina, Ucraina. È deludente e anche sorprendente vederlo iniziare il suo viaggio politico su un miope veto di schieramento.