L'opinione
Quel vuoto al centro e il bisogno di ricostruire la Margherita

Diciamoci la verità, al di là delle singole e legittime opinioni. Le due coalizioni in campo – centro destra e centro sinistra – oggi sono ancora troppo sbilanciate. Non solo e non tanto per la consistenza elettorale ma, soprattutto, per l’assenza all’interno di uno dei due campi di una componente decisiva se non addirittura essenziale per il risultato finale. Nello specifico, per fermarsi al campo dello schieramento alternativo al centro destra – per dirla con Veltroni – l’assenza del Centro. O meglio, di un luogo politico chiaramente e visibilmente centrista, riformista, di governo e plurale. Quello che un tempo si chiamava semplicemente Margherita. Tentazione nostalgica? Richiamo della foresta? Nulla di tutto ciò. Molto più banalmente, si deve prendere atto che quell’area politica si è dissolta per contingenze storiche e politiche e non è più stata rimpiazzata.
Certo, sono decollati altri partiti plurali, come si suol dire. Ma è indubbio, sempre per fermarsi al campo del centro sinistra, che l’assenza di un partito come la Margherita ha creato le condizioni oggettive per una sequela di sconfitte di quel campo. Del resto, non è con una sinistra radicale e massimalista come quella della Schlein – progetto politico, comunque sia, del tutto legittimo e coerente con il profilo culturale e valoriale del nuovo gruppo dirigente del partito – che si può intercettare e farsi carico delle istanze, delle domande e delle esigenze del cosiddetto mondo moderato e riformista del nostro paese. Al di là e al di fuori del suo concreto peso elettorale. Come, d’altro canto, non è l’alleanza organica e strutturale con il populismo anti politico, demagogico e trasformista dei 5 Stelle che si può costruire una prospettiva e un progetto riformista e di governo credibile e a lunga scadenza.
Centristi e riformisti
Certo, ci sono i centristi e i riformisti nell’area non riconducibile direttamente alla coalizione guidata da Giorgia Meloni. E si tratta di persone e di mondi che lavorano alacremente, e giustamente, per attenuare la spinta selvaggiamente bipolare che caratterizza sempre di più il cammino della politica italiana contemporanea. Un percorso che, inevitabilmente, rischia di scivolare nella deriva e nella sub cultura degli “opposti estremismi”. Deriva nefasta per la qualità della democrazia e la credibilità delle stesse istituzioni democratiche. Ma, per essere realmente credibili ed attrattivi per quell’area sociale, culturale e politica, il metodo organizzativo e il merito politico non possono che essere simili alla concreta esperienza della Margherita.
Una nuova Margherita
Ovvero, per dirla con i soli titoli, un partito autenticante riformista; culturalmente plurale; con una leadership diffusa e radicata nel territorio; democratico nella sua organizzazione interna e quindi contendibile nella sua guida politica a livello locale come a livello nazionale e, infine, capace di essere attrattivo – attraverso il suo progetto – delle istanze e dei legittimi interessi sociali che non sono riconducibili a nessun massimalismo politico o ideologico. Insomma, un partito democratico, riformista, spiccatamente inclusivo e di governo che rifiuta la radicalizzazione del conflitto politico a vantaggio di una cultura di governo frutto di una elaborazione progettuale che affonda le sue radici nelle culture riformiste del nostro paese. L’esatta alternativa, quindi, dei partiti personali e del capo. Per questi semplici motivi si è alla ricerca di una nuova e diversa Margherita. Che non va rimpianta ma, al contrario, va ricostruita.
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