L'aneddoto sulla leader Fdi
Quella volta che Giorgia Meloni al liceo mi salvò dai nazi
Conosco Giorgia Meloni da più di 30 anni: eravamo insieme alle superiori, in quell’oggetto misterioso che è il Vespucci di via dell’Olmata 6: un liceo maxisperimentale aperto e chiuso nei primi Novanta. L’edificio era davanti a una importante caserma della Guardia di Finanza diventata epicentro delle “catture” dei colletti bianchi. Il movimento di sirene e volanti davanti all’ingresso era continuo. A cinquecento metri c’era Colle Oppio, la sede storica del Msi che in quegli anni conosceva un cambio della guardia generazionale.
Il Vespucci aveva nove sperimentazioni, tre lingue, informatica con un’aula dedicata già dal 1989. L’anno della caduta del muro. Io ero nella sezione Liceo linguistico, Giorgia Meloni nella parte Professionale, con alcuni insegnanti in comune. Erano gli anni della Smemoranda, di Lupo Alberto, degli scooter SH. Quando non si entrava a scuola, nei giorni delle manifestazioni, era scontato immaginare che Giorgia si fosse rintanata a Colle Oppio. Era il suo rifugio non troppo segreto. Io non mi avvicinai mai, ma sapevo dov’era. Per chi era di sinistra quello era un triangolo delle Bermude. Guai a capitarci vicino. Ero rappresentante di istituto con una mia lista che avevo chiamato Sinistra Democratica, lei già a 14 anni era leader del Fronte della Gioventù.
Prendevo un bel po’ di voti più di lei, e da prima, avendo due anni di più. Venni eletto in Giunta, poi anche rappresentante di Distretto, cioè di tutti gli studenti di centrosinistra di Roma centro, mentre lei fece il salto nella politica dei grandi. Io volevo fare il giornalista, la politica per me era bella e dannata. Da conoscere bene e da tenere distante. Per lei no. Era da sempre entusiasta, energica. Molto determinata, anche nei contrasti che avevamo. Ma rispettosa. Non c’è un solo episodio brutto, in quella coabitazione nella Giunta della scuola. Feci una battaglia per la laicità della scuola chiedendo al Preside la rimozione dei crocefissi dalle aule. Lei si oppose e vinse. Era attivissima e sicuramente il suo programma era più vivace del mio. Appassionato di storia, imperniavo le gite scolastiche sulla visita a via Tasso e su quella, immancabile, alle Fosse Ardeatine.
Nell’ex carcere nazista di via Tasso mi assicuravo che gli studenti potessero immedesimarsi, chiusi per qualche secondo in quelle orribili celle, per capire come erano stati costretti a vivere i prigionieri del tempo. Giorgia non protestò mai troppo ma seppe guadagnare una certa popolarità liberando via via gli studenti da quella via crucis e facendo approvare dall’istituto gite d’altro tipo. Dal 1994 iniziammo a visitare Expocartoon. I fumetti che avevano iniziato a gravitare intorno alla destra con Jacovitti ora diventavano manga ed epico-medioevali, distopici, saghe nordiche. Quando uscii dalla Giunta del liceo lei fece entrare Tolkien e la Storia infinita laddove io avevo messo Gramsci e Matteotti. Il suo arrivo doveva essere stato per i miei compagni, a ripensarci oggi, una ventata di aria fresca.
L’unico momento violento che ricordi, quando venne a minacciarmi un gruppo di skinhead (quelli del “Movimento Politico”) come talvolta ancora accadeva, vide Giorgia dalla mia parte. C’era un tacito accordo. Lei avrebbe tenuto quei nazistelli rasati fuori dall’istituto, io mi impegnavo a tenere buoni i gruppettari del Collettivo nell’auletta occupata, dove le loro paghette potevano andare in fumo. Contro la droga facemmo una campagna insieme, come sulla piaga di quegli anni, l’Aids. Sull’Ivg non ricordo nessuna sua impuntatura: a scuola promuovemmo l’ora di Educazione sessuale fatta da quelli del consultorio Aied. Avendola vista all’opera nel governo della scuola, per quel che valgono queste reminescenze adolescenziali, so che c’è davvero poco da temere per l’ordine democratico. Sarei più preoccupato per l’ordine dei conti, la matematica non mi sembra fosse il suo forte.
La nostra era tra le poche scuole superiori di Roma in cui alla materia venivano dedicate due sole ore, integrate con informatica. Ne dedicavamo il doppio a Diritto, insegnato da un docente bravo ma un po’ troppo schierato con i magistrati. Su Tangentopoli – era il 1992 e io dicevo che i magistrati stavano attuando un golpe – il professore un giorno perse la pazienza. Oggi ha lasciato l’insegnamento e lavora per il Csm. Speriamo che almeno su Giustizia e garanzie Giorgia Meloni sappia ripristinare i principi dello Stato di diritto. Che riformi il Csm prima ancora degli altri poteri. Che limiti la strafottenza della casta più potente di tutte. Stiamo a guardare, senza sconti. E senza pregiudizi.
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