Era giugno quando dalle prime anticipazioni sul programma della Festa del Cinema di Roma era diventato chiaro a tutti che le star che avrebbero definito la 16esima edizione sarebbero state i due premi alla carriera Quentin Tarantino e Tim Burton. Il sesto giorno della manifestazione è stato consacrato dall’autore di Pulp Fiction e Le Iene, il cinefilo Quentin che ha presentato anche il suo libro C’era una volta a…Hollywood, uscito in Italia con La Nave di Teseo, come estensione del mondo creato nel film con Leonardo DiCaprio, Brad Pitt e Margot Robbie. Protagonista di un Incontro Ravvicinato sul palco in dialogo con il direttore artistico della Festa, Antonio Monda, alla notizia del suo premio alla carriera Tarantino dichiarò: «C’è stato un momento della mia vita in cui guardavo qualsiasi film italiano. E ho dedicato gli anni migliori della mia carriera a realizzare la mia versione di questi film. Per questi motivi ricevere il Premio alla Carriera alla Festa del Cinema di Roma è fantastico».

È proprio dal libro che Tarantino inizia il suo incontro con la stampa, precedente a quello con il pubblico, un romanzo che si sostituisce ad un immaginato sequel o spin-off nel proseguire una sorta di epica cinefila iniziata con il film del 2019. «Sono cresciuto leggendo libri che si basavano su film, un genere molto popolare negli anni ‘70 e anche ‘80, credo siano stati i primi libri per adulti che ho letto, ne ho letti anche di film che non avevo mai visto e circa tre anni fa, ho pensato che fosse un genere divertente e che avrei dovuto farne uno per un mio film. Volevo farlo per Le Iene, in modo che sarebbe stato un libro che avrebbe trovato posto negli scaffali della sezione crime delle librerie ma poi mi sono detto che sarebbe stato meglio farlo di C’era una volta a…Hollywood».

Famoso per aver osato riscrivere la storia con i suoi finali fantasiosi e imprevedibili, esempio emblematico tra tutti quello dell’uccisione di Hitler in Bastardi senza Gloria, Tarantino diventa l’artista più adatto a parlare di libertà al cinema: «È difficile oggi essere liberi nel fare film ma devi volerlo fare, devi essere convinto delle tue idee e non preoccuparti che alla gente possano non piacere. Mi ricordo quando ho fatto Pulp Fiction – aggiunge – c’era molta stampa positiva, ma anche stroncature lunghe e dettagliate di chi diceva “divertente, ma niente di che”. Pensai: “ho fatto solo un film di gangster divertente, che problema c’è?”. Quindici anni dopo ho riletto quelle critiche e ho capito che non bisogna essere troppo sensibili. Se il film non si fa dimenticare appena esci dalle sale ma lascia il segno è normale che ci saranno anche reazioni negative».

Sul periodo in cui è uscito Pulp Fiction il regista ricorda: «L’ho girato nell’88 e deve molto anche alla permissività di quegli anni, se fosse uscito quattro anni dopo la risposta sarebbe stata diversa». Chi conosce Tarantino e ne segue la cinefilia quasi purista, sa della sua devozione per la sala e del suo amore incontrastato per la pellicola. Tutto ciò porta a porgli l’annosa questione sul destino del cinema, sulla sua presunta morte insieme a quella della sala, a causa della pandemia e a favore dello streaming: «Dovremmo stare a vedere, non so» risponde il regista di Jackie Brown che riflette, fa una pausa e poi prosegue: «La cosa positiva è che io ho una sala cinematografica a Los Angeles e da quando abbiamo riaperto, stiamo andando alla grande, mai andati meglio, la sala è piena ad ogni proiezione. Non credo che il cinema sia morto quindi anche perché ho comprato da poco un altro cinema. Io so che sono stato molto fortunato ad aver potuto fare C’era una volta a… Hollywood nel 2019» conclude, alludendo alla pandemia scoppiata nel 2020. Ironia e serietà, fantasia, creatività e impegno morale sono elementi del cinema di Tarantino che ritroviamo anche nelle sue risposte, sempre centrate con un ghigno cinico e brillante.

È con questo atteggiamento che il regista e scrittore elabora il discorso sul suo “vizio” di reinventare la storia e i suoi momenti più eclatanti rispondendo a tanti “e se?” a cominciare da un “e se potesse cancellare un film dalla storia del cinema quale sarebbe? Se potesse uccidere qualcuno senza conseguenze chi sarebbe? «starò un po’ al gioco con questa domanda – precisa Tarantino e risponde: «Nascita di una Nazione di D. W. Griffith mi crea problemi. La ragione per cui non mi va giù non è solo perché parla in quel modo di razzismo ma perché ha fatto rinascere il Ku Klux Klan nel 21esimo secolo in America. Io penso che Griffith sarebbe risultato colpevole se fosse stato processato secondo i principi di Norimberga. Non ucciderei nessuno – prosegue – ma se alcune persone non fossero mai nate sarebbe stato meglio».

Mentre non esclude che il suo prossimo film possa essere Kill Bill 3, Tarantino in chiusura dell’incontro si trova a interrogarsi sui personaggi da lui creati con cui si troverebbe più d’accordo. In pole position ancora una volta il Cliff Booth di Brad Pitt e il Rick Dalton di Leonardo DiCaprio da C’era una volta a…Hollywood. Di quest’ultimo personaggio dice: «Mi piace ma per me è un piagnone, che ha avuto una vita e una carriera fantastica ma non le apprezza». Dopo aver risposto, Tarantino poi si abbandona ad una riflessione: «Questa domanda mi fa pensare che amo i miei personaggi ma questo non vuol dire che vorrei uscire con loro o far parte del loro mondo».