A leggere i resoconti della seduta del plenum del Consiglio superiore della magistratura che lo scorso 22 dicembre ha nominato Lo Voi nuovo procuratore di Roma si ha la netta sensazione che tutti siano rimasti scontenti. Anzitutto i due pm top player dell’antimafia, Sebastiano Ardita e Nino Di Matteo, che hanno con forza votato a favore dell’altro candidato in lizza, il procuratore generale di Firenze Marcello Viola e che, ormai da molti mesi, ricordano Leonida alle Termopili. La loro capacità di incidere nelle scelte decisionali di Palazzo dei Marescialli è infatti prossima allo zero ed ogni loro proposta viene puntualmente bocciata dai colleghi, sia che si tratti di sanzionare i magistrati che chattavano con Luca Palamara, sia che si tratti di proporre per un incarico colleghi estranei alle dinamiche correntizie.

Forse era meglio che fossero rimasti in Procura, senza deludere i tanti colleghi, soprattutto Di Matteo, che convintamente gli diedero il voto sperando in un cambio di passo a Palazzo dei Marescialli. Sono apparsi scontenti anche i compagni di corrente di Lo Voi, i togati di Magistratura indipendente che, non a caso, il 23 maggio 2019, prima che scoppiasse lo scandalo delle nomine all’hotel Champagne, avevano individuato proprio Viola, anch’egli di Mi, quale degno candidato per poi ripiegare su Lo Voi per un estemporaneo e visibile desiderio di smarcarsi dal loro leader storico Cosimo Ferri. I togati di Mi si sono “giustificati” per questa nomina facendosi scudo delle pronunce del Consiglio di Stato parlando di “via obbligata”. Surreale, poi, la posizione espressa dalle toghe di Area. Giuseppe Cascini, l’esponente di punta della magistratura progressista, ha accusato tutti quelli che hanno votato Lo Voi – quindi anche se medesimo – di mancanza di coraggio nel non continuare a sostenere Michele Prestipino, il quale avrebbe prodotto eccellenti risultati negli ultimi due anni travagliati.

Da ultimo pare che neppure lo stesso Lo Voi sia molto contento perché avrebbe preferito l’ancor più mediatico ed importante incarico di procuratore nazionale antimafia ed antiterrorismo rispetto ad un ufficio che sta facendo indagini sulle presunte corruzioni dei giudici del Consiglio di Stato, ad esempio Riccardo Virgilio e Nicola Russo, quest’ultimo relatore della sentenza che bocciò il ricorso che Sergio Lari e Guido Lo Forte presentarono contro la sua nomina a procuratore di Palermo nel 2014. Prendendo la parola in plenum, Di Matteo ha dichiarato: «Il grande vero motivo per cui non viene adeguatamente valorizzato il profilo di Viola è legato alla vicenda hotel Champagne. Non è un caso che la procedura della Quinta (la commissione per gli incarichi direttivi che il 23 maggio 2019 votò a maggioranza per Viola, ndr) fu interrotta dopo la pubblicazione di intercettazioni segrete su Corriere e Repubblica (su cui nessuno ha mai indagato, ndr)» con un testo «approssimativo, che accreditò l’idea che in particolare Luca Lotti (deputato Pd e renziano doc, all’epoca imputato a Roma nel procedimento Consip, ndr) sponsorizzasse Viola perché vicino ai partecipanti» di quel dopo cena «o addirittura si fosse avvicinato a loro». «Perché parlo di approssimazione? – prosegue Di Matteo – Basta citare la frase riportata dai giornali: “Si vira su Viola”. Nella sentenza disciplinare si è accertato che facilmente quella frase era altro: “Si arriverà su Viola”». Di Matteo si schiera, allora, con il pg di Firenze: «Non c’è alcun elemento da cui risulti che Viola ha fatto alcunché per influenzare la nomina. Viola è la vittima principale di questa vicenda, non ha giocato nessun ruolo».

L’ex pm del processo trattativa punta poi il dito contro l’uso strumentale delle intercettazioni a carico di Palamara, che il togato di Mi Antonio D’Amato, concordando con lui, ha definito “strabico”. Secondo Di Matteo dall’interpretazione delle chat di Palamara «per Viola deriva un vero e proprio marchio, ma quando le intercettazioni di Palamara sono relative ad una asserita pretesa del precedente procuratore (Giuseppe Pignatone, ndr) di orientare la scelta in corrispondenza di Lo Voi, queste intercettazioni evaporano nel nulla». «Viola – ribadisce – da questa vicenda è l’unico ingiustamente penalizzato». E il pg di Firenze continuerà ad essere penalizzato per la sua asserita vicinanza a Ferri. Negli ultimi giorni sono infatti crollate le sue quotazioni per la Procura di Milano. Una beffa per chi ha sfidato a suon di ricorsi il Csm.