Depositati i primi verbali: tremano le cosche malavitose
Raffaele Imperiale e Bruno Carbone da latitanti a pentiti: da Dubai alla Siria, la storia dei narcos della camorra
Raffaele Imperiale, 47 anni, e Bruno Carbone, 45 anni, hanno deciso di collaborare con la giustizia. I due narcotrafficanti internazionali, arrestati nei mesi scorsi a Dubai e nel nord-ovest della Siria dopo una lunga latitanza, hanno iniziato la propria collaborazione con la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli. A riportare la notizia del pentimento di entrambi è il portale Stylo24.it con un articolo a firma di Luigi Nicolosi.
La decisione di passare dalla parte dello Stato è stata ufficializzata questa mattina, 6 dicembre, nel corso dell’udienza celebrata davanti ai giudici della Decima sezione del tribunale del Riesame di Napoli. La DDA partenopea ha depositato tre verbali che i due neo pentiti hanno redatto tra ottobre e novembre.
Tremano i clan camorristici napoletani (ma anche altre organizzazioni criminali italiane) a partire dalla cosca degli Amato-Pagano, gli scissionisti di Secondigliano, e i gruppi loro alleati (Rione Traiano, Parco Verde di Caivano su tutte) che si rifornivano di ingenti quantitativi di cocaina proprio grazie al ruolo dei due broker Imperiale e Carbone che – secondo la ricostruzione della polizia giudiziaria – facevano da collante tra Europa e Sud America, prima con base in Olanda e poi, una volta attivamente ricercati a livello internazionale, a Dubai.
Un vero e proprio terremoto nella malavita partenopea con i due narcors che adesso potranno aiutare magistrati e polizia giudiziaria a ricostruire e cristallizzare i traffici illeciti dei clan che per anni hanno lucrato sulla vendita di droga creando delle vere e proprie piazze di spaccio a cielo aperto operative 24 ore su 24. Dal Rione Traiano al Parco Verde di Caivano, passando per il parco Monaco di Melito e il rione Salicelle di Afragola. Così come potranno fornire delucidazioni anche sui rapporti della camorra con altre organizzazioni criminali europee, a partire dall’Irlanda alla Bosnia.
La decisione di Imperiale e Carbone arriva a distanza di pochi mesi dai rispettivi arresti. Imperiale fu infatti catturato, grazie alla collaborazione delle autorità degli Emirati Arabi (che per anni hanno ostacolato le attività di indagini dei Paesi Occidentali, offrendo “rifugio” anche a presunti criminali), nell’agosto del 2021.
Bruno Carbone, socio di Imperiale, è stato invece bloccato nel marzo 2022 a Kaftin, nel nord-ovest della Siria da Hayat Tahrir al Sham (HTS), una milizia jihadista, affiliata fino a qualche anno fa all’organizzazione terroristica al Qaida, e consegnato – attraverso la mediazione degli Emirati Arabi e della Turchia – alle autorità italiane. La notizia del suo arresto è stata resa nota solo a metà novembre 2022. Non è chiaro cosa ci facesse il latitante Carbone (originario di Giugliano in Campania) in Siria, dove è molto proficuo il traffico di Tramadol e Captagon, sostanze oppioidi ribattezzate “droga del jihad”.
Chi è Raffaele Imperiale: è tutto iniziato da un coffee shop ad Amsterdam
Nato a Castellammare di Stabia il 24 ottobre 1974, inizialmente noto agli inquirenti come “Lello di Ponte Persica“, frazione del medesimo comune partenopeo, o anche “Lelluccio Ferrarelle” o “Rafael Empire“, Imperiale è stato capace di costruire un imponente network di trafficanti internazionali, in particolare di cocaina. L’attività di brokeraggio internazionale ed il rapporto d’affari con la criminalità organizzata partenopea sono stati cristallizzati nella prima decade del 2000, quando sono stati documentati contatti con camorristi del clan Di Lauro di Secondigliano, tra cui Elio Amato ed Antonio Orefice. Tale legame è sopravvissuto alla scissione degli Amato dai Di Lauro nel corso delle tre faide di Scampia.
Negli ultimi 10 anni sono stati numerosi gli arresti ed i sequestri che hanno colpito l’organizzazione di Imperiale: tra questi si ricorda il maxi-sequestro di 1.330 chili di cocaina avvenuto a Parigi il 20 settembre 2013, quando nell’occasione è stato arrestato il fedelissimo Vincenzo Aprea, al quale era stato affidato il compito di sovrintendere all’importazione dello stupefacente proveniente con volo di linea Air France da Caracas in Venezuela.
Il patrimonio illecitamente accumulato gli ha permesso di acquistare sul mercato nero due dipinti di Van Gogh di valore inestimabile, rubati nel 2002 ad Amsterdam in Olanda e ritrovati dalle Fiamme Gialle del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Napoli in una vecchia villa a Castellamare di Stabia nel 2016 e restituiti al museo di Amsterdam dedicato al pittore olandese.
Ossessionato dalla riservatezza (di lui non esistono praticamente immagini ‘pubbliche’), l’unica immagine diffusa delle forze dell’ordine è relativa a numerosi anni fa. Il 22 gennaio 2021, in una intervista rilasciata a Il Mattino, Imperiale si è dichiarato estraneo alla vicenda, asserendo di aver comprato i preziosissimi quadri in quanto appassionato di Arte.
Vittima da ragazzo di un tentativo di rapimento al quale riesce misteriosamente a sfuggire, eredita dal fratello maggiore un coffee shop ad Amsterdam e da qui inizia la sua carriera criminale, tessendo pazientemente contatti e alleanze con i narcos sudamericani, con il clan Amato-Pagano – destinato a diventare famoso come clan degli Scissionisti – che gli consentono di diventare uno dei maggiori fornitori di cocaina delle piazze di spaccio partenopee, e con organizzazioni criminali di mezza Europa, dalla Bosnia all’Irlanda.
Il giallo dei quadri di Van Gogh e il rapporto con i narcos sudamericani
Secondo il quotidiano olandese De Telegraaf, Imperiale nel 1996 ha rilevato la caffetteria Rockland ad Amsterdam dando il là, come detto, alla sua carriera da broker della droga insieme al pregiudicato dei Paesi Bassi Rick van de Bunt. Sempre secondo il De Telegraaf, il broker utilizzava fino al 2016 i due quadri di Van Gogh come garanzia quando si trattava di cocaina con i clan sudamericani.
Lo stesso Imperiale, tuttavia, nell’intervista a Il Mattino ha smentito questa circostanza: “La realtà è che la storia dei quadri di Van Gogh mi ha giovato processualmente ma nuociuto mediaticamente”. I quadi “li ho acquistati per me, insomma per averli. Chi dice che lo abbia fatto per investire i miei illeciti proventi non sa cli cosa parla”. E poi ancora: “Guardi, vengo da una famiglia di persone per bene, oneste e agiate. Questo ha indirizzato la mia formazione educativa e culturale e mi ha permesso di apprezzare il valore estetico delle cose. Mio padre, quando ero bambino, non di rado mi portava a visitare città storiche e musei. Tutto ciò mi ha reso non insensibile all’arte ed alla pittura in particolare. Per questo i due Van Gogh hanno rappresentato un’opportunità che ho colto senza esitazioni. Il fatto di possederli, tuttavia, superata l’iniziale emozione, ha finito per essere un peso, per questo l’aver contribuito a far sì che il Museo di Amsterdam rientrasse in possesso di tali capolavori, pensi quello che vuole, mi rende orgoglioso”.
Secondo la DEA, l’agenzia federale antidroga statunitense, Imperiale nell’estate del 2017 era presente al matrimonio del mafioso irlandese Daniel Kinahan, andato in scena in un hotel di lusso, dove erano presenti anche altri narco europei.
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