Il giudizio di Raffaele Nevi sul report di Draghi è estremamente positivo, anche perché – dal suo punto di vista – è come se portasse la firma di Berlusconi e di Tajani. Il portavoce nazionale di Forza Italia respinge l’idea di «incasellare tutti in un partito», mentre ritiene indispensabile collaborare «con chi ha idee buone a prescindere dalla appartenenza». Insomma, niente alleanze arcobaleno ma spazio alle sponde sulle questioni chiave.

Cosa pensa del report presentato da Mario Draghi?
«Sembra un documento scritto da Silvio Berlusconi e Antonio Tajani. Contiene tutte le idee che abbiamo in questi anni portato avanti chiedendo una Europa più forte, competitiva e che sia più autosufficiente rispetto alle importazioni di materie prime. Molto significativo il fatto che abbia posto l’attenzione sulla necessità di un grande piano finanziario europeo al servizio delle imprese e dei cittadini europei. Esattamente la nostra proposta dei primi del 2022 veicolata attraverso una interrogazione di Berlusconi e Tajani».

«Serve il doppio del Piano Marshall». Chi mette i soldi? L’Ue, le manovre nazionali, in parte anche i privati?
«Certamente nessuno Stato nazionale potrebbe avere una tale dotazione finanziaria. È tutto qui il concetto che noi portiamo avanti di Europa. Una istituzione che faccia solo quello che non possono fare i singoli Stati nazionali. Certamente si può sorreggere il tutto anche attraverso la compartecipazione finanziaria dei grandi fondi di investimento e attraverso una tassazione europea, per esempio sui grandi colossi del Web».

Esisterà mai un «partito di Draghi», un soggetto unitario di chi si rivede nella policy europeista liberale draghiana?
«Qualcuno utilizza Draghi per giustificare il fatto che non è in grado di far vivere un partito autonomamente. Draghi è una persona competente e di grande livello internazionale di cui la politica può avvalersi come in questo caso. La politica non penso gli interessi, come ha anche detto più volte. Dobbiamo smetterla di incasellare tutti in un partito o l’altro ma collaborare con chi ha idee buone a prescindere dalla appartenenza. Noi almeno ragioniamo così come ci ha insegnato il presidente Berlusconi».