Umiliata, vessata, chiamata “Ebola” da quei bulli, suoi compagni di classe, che a fine anno sono stati promossi. Va verso l’archiviazione il processo a carico di un gruppo di giovani ragazzini (tre nello specifico) della provincia di Latina che nel corso dell’anno scolastico appena concluso hanno preso di mira la compagna di classe per l’aspetto fisico, tormentandola quotidianamente, accusandola di non avere amici e arrivano a soprannominarla addirittura “Ebola”, come il virus africano che si diffuse a partire dagli anni ’70. A chiedere l’archiviazione è la procura die minori di Roma tenendo in considerazione la giovane età degli studenti coinvolti, tutti under 14 e quindi non imputabili. Adesso sarà il Gip del tribunale competente a esprimersi sulla vicenda.
Studenti che avrebbero anche creato un gruppo WhatsApp per prendersi gioco di lei, con tanto di indicazioni sulle modalità per irriderla tanto da portarla ad isolarsi e ad entrare in ritardo a scuola per evitare di incontrarli. Le indagini sono partite dopo il racconto della ragazzina alla madre che si è poi recata dalle forze dell’ordine dove ha sporto una denuncia per istigazione al suicidio e stalking.
Al termine dell’anno scolastico, nonostante le vessazioni quotidiane, la ragazza è riuscita comunque ad arrivare agli esami con una media vicina al 10, superandoli brillantemente. Esami superati anche per i suoi bulli, tutti promossi, alcuni anche con ottimi voti, con l’unica conseguenza delle loro presunte azioni rappresentata dal 6 in condotta.
La mamma della ragazza, consapevole della giovane età dei bulli coinvolti, aveva anche invocato una seconda strada, ovvero quella “giustizia riparativa“, un percorso volontario per tentare di riportare i bulli in una dimensione di correttezza e rispetto, ma rifiutata a priori dai genitori dei ragazzi indagati, alcuni dei quali si sarebbero giustificati dicendo che per loro era solo un “gioco“.
“Gli strumenti messi in campo nei confronti dei ragazzi- spiega al Corriere della Sera la garante dei minori del Lazio Monica Sansoni – sono andati avanti molto bene. I ragazzi sono stati impeccabili nel seguire tutte le attività di risoluzione del conflitto innestatosi in classe, ma alla fine i genitori dei tre maggiormente responsabili degli atti di bullismo hanno rifiutato di chiudere il percorso di rieducazione che consisteva in un incontro con le famiglie, dei ragazzi e della vittima, insieme ai giovani, per riappacificarsi e chiedere scusa. Questo non è stato possibile per l’atteggiamento di chiusura di alcune famiglie, che hanno anzi iniziato ad accusare le istituzioni, e le vittime, di aver alzato un polverone per nulla”.
La garante attacca anche la scuola oltre allo “schieramento di genitori ignoranti”. “La vergogna – spiega – sta qui: le famiglie che non collaborano, e la scuola che ha collaborato a metà. Genitori scandalosi. Inizialmente – racconta Sansoni – il tentativo della scuola e dei genitori dei ragazzi è stato quello di sminuire il fatto e nonostante il supporto e l’apertura offerta nei confronti di tutti, ci sono stati comportamenti scomposti da parte di qualche genitore”.