La lama tocca la pelle e taglia la guancia, il sangue inizia a scorrere. Un secondo è il tempo necessario per sfregiare per sempre una ragazzina di dodici anni. Un secondo è il tempo necessario per rovinarsi la vita a sedici. La Pignasecca a fare da sfondo a una storia tremenda, i cui protagonisti sono dei bambini. Perché a dodici e sedici anni si è bambini, bambini ai quali la violenza, la crudeltà, il limite oltre il quale può spingersi la mano di un uomo che vuole ferire, non dovrebbero mai svelarsi. E invece, è successo. È successo ancora. E succederà ancora. Sapete perché? Perché questi bambini violenti sono il risultato di adulti assenti, incapaci, distratti.

Il ragazzino che chiameremo Michele (nome di fantasia) ha accoltellato Aurora (nome di fantasia) al culmine di una discussione tra ex fidanzatini, pare infatti che i due si fossero lasciati da poco. Se di amore e di relazione si può parlare a questa età. Era notte fonda, una parola non gradita, il sospetto di un terzo ragazzino che le gironzolava intorno, la follia accecante della gelosia, la coltellata in pieno viso. Aurora arriva all’ospedale Vecchio Pellegrini in stato di shock ma fa subito il nome del suo ex fidanzatino. Partono le ricerche ma Michele risulta irreperibile. Nel primo pomeriggio di ieri la svolta, i Carabinieri della Compagnia e del nucleo operativo lo trovano e lo portano in caserma per un’audizione protetta. Massima riservatezza dalla Procura dei Minori che non vuole lasciare trapelare alcuna indiscrezione. Nelle stesse ore, la piccola dopo essere stata trasferita all’ospedale pediatrico Santobono, viene dimessa con una prognosi riservata di trenta giorni. È ancora sotto shock, chi le è vicino racconta di una bambina bassa, mingherlina e che non ha ancora ritrovato la forza di parlare.

Il mio scritto potrebbe finire qui. La cronaca dell’accaduto l’abbiamo fatta, abbiamo aperto lo spiraglio per far passare la giusta dose di indignazione dell’opinione pubblica mista a giustizialismo, direi che possiamo chiudere qui. E invece no. Non possiamo, sarebbe intellettualmente disonesto guardare al gesto di Michele senza volgere lo sguardo a quello che c’è alle sue spalle. È importante condannare la violenza, è altrettanto importante indagare le motivazioni, conoscere il contesto familiare, la vita del sedicenne prima della notte di follia. Michele a sedici anni è già noto alle forze dell’ordine, ha già qualche precedente penale e ha alcuni parenti detenuti. È questo il contesto nel quale Michele è cresciuto fino a oggi: violenza, illegalità, l’ombra del carcere. Non è una giustificazione alla coltellata, è la realtà. Cresce senza modelli, solo, anzi i modelli che ha sono quelli dei parenti che hanno commesso un errore e si trovano dietro le sbarre.

La violenza l’ha mangiata a colazione fin da subito. Questo conta o no nella crescita di un bambino? Conta o no che nessuno abbia fatto niente per salvarlo dalla sua famiglia e da sé stesso? Io penso di sì. Aurora, invece, vive ai Quartieri Spagnoli proprio vicino all’altarino costruito per ricordare Ugo Russo, morto ammazzato a quindici anni durante un tentativo di rapina. Aurora a dodici anni era in giro a notte fonda. Sia ben chiaro: nessuna colpa ai genitori né dell’uno né dell’altro. Ma siamo in presenza di due ragazzini soli che all’una di notte giravano per il quartiere. E so che molti storceranno il naso ma la realtà ci impone una riflessione: se arriviamo sempre dopo, se parliamo solo per dire “buttiamo la chiave”, se per istituzioni e servizi sociali sono invisibili fino a quando non c’è una tragedia, come vogliamo salvarli? Ci troveremo ancora a scrivere di Aurora, dodici anni, accoltellata al viso dall’ex di sedici anni. Non è il solo ad aver impugnato il coltello, siamo tutti complici.

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.