“Come Dio, che è giusto, ma misericordioso, noi pure, discepoli di Gesù, siamo chiamati a esercitare in questo modo la giustizia, nei rapporti con gli altri, nella Chiesa, nella società. Un cristiano non usa la durezza di chi giudica e condanna dividendo le persone in buone e cattive, ma la misericordia di chi accoglie condividendo le ferite e le fragilità delle sorelle e dei fratelli, per rialzarli. Vorrei dirlo così: non dividendo, ma condividendo. Non dividere, ma condividere. Facciamo come Gesù: condividiamo, portiamo i pesi gli uni degli altri, invece di chiacchierare e distruggere, guardiamoci con compassione, aiutiamoci a vicenda”. Sono queste le parole di Papa Francesco all’Angelus in una piazza San Pietro stracolma di fedeli arrivati per rendere omaggio alla tomba di Benedetto XVI nelle Grotte Vaticane.

Non cita mai le accuse e le tensioni che gli sono precipitate addosso subito dopo la morte del suo predecessore. Negli otto minuti dell’Angelus non fa mai chiaro riferimento ai veleni di mons. Georg Gaenswein che da giorni agitano le cronache. Eppure il riferimento alla circostanza appare evidente. Il Papa ha dedicato parte della sua riflessione domenicale alle “divisioni tra cristiani”. Non si può essere cattolici, discepoli di Cristo e allo stesso tempo “sparlare del prossimo e lavorare per dividere”, ha detto. “Domandiamocelo: io sono discepolo dell’amore di Gesù o del chiacchiericcio che divide? Il chiacchiericcio è un’arma letale, uccide, uccide l’amore, uccide la società, uccide la fratellanza. Chiediamoci: io sono una persona che divide o una persona che condivide?”.

E ancora: “Fratelli. facciamo come Gesù: condividiamo, portiamo i pesi gli uni degli altri, invece di chiacchierare e distruggere, guardiamoci con compassione, aiutiamoci a vicenda”. E ha citato il suo predecessore: “Benedetto XVI ha affermato che `Dio ha voluto salvarci andando lui stesso fino in fondo all’abisso della morte, perché ogni uomo, anche chi è caduto tanto in basso da non vedere più il cielo, possa trovare la mano di Dio a cui aggrapparsi e risalire dalle tenebre a rivedere la luce per la quale egli è fatto”. In un passaggio sembra quasi rivolgersi al segretario di Benedetto XVI: “La giustizia di Dio, come la Scrittura insegna, è molto più grande: non ha come fine la condanna del colpevole, ma la sua salvezza e la sua rinascita, il renderlo giusto. Perché nasce dall’amore, da quelle viscere di compassione e di misericordia che sono il cuore stesso di Dio, Padre che si commuove quando siamo oppressi dal male e cadiamo sotto il peso dei peccati e delle fragilità. La giustizia di Dio, dunque, non vuole distribuire pene e castighi ma, come afferma l’Apostolo Paolo, consiste nel rendere giusti noi suoi figli liberandoci dai lacci del male, risanandoci, rialzandoci”.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.