Porte aperte, “Welcome”, case e associazioni, politici e media, ai migranti in fuga dalla guerra in Ucraina: ormai oltre 3,9 milioni secondo l’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, più di 75mila in Italia. Porte aperte – ed è un bene – ma non per tutti, e questo non lo è affatto. “È sempre esistito il razzismo dell’accoglienza e continua a esistere. Tutti vogliono accogliere i rifugiati che arrivano dal Nord, quelli che arrivano dal Sud invece no”, dice Salvatore Martello detto Totò, sindaco di Lampedusa. Forse perché più simili a noi, più vicini, meno strumentalizzati di certo.

Dall’esplosione della crisi, subito poco l’annuncio dell’operazione di “smilitarizzazione” e “denazificazione” da parte del presidente della Russia Vladimir Putin, i non bianchi in fuga hanno incontrato seri problemi a uscire dal Paese invaso: bloccati, picchiati, respinti. A Palermo – e questa è paradossale fino al grottesco – una donna che aveva deciso di accogliere due studenti in fuga dall’Ucraina ha cambiato idea quando ha scoperto che i due erano nigeriani. Un’inchiesta di The Independent, Lighthouse Reports, Radio France e altri media partner ha raccontato che molti residenti di origini africane siano stati rinchiusi, anche per settimane, in centri di detenzione una volta attraversato il confine, in Polonia.

“Del problema ne ho sempre parlato. A giocare un ruolo fondamentale – osserva a Il Riformista Martello – è l’informazione, la documentazione dei cittadini italiani. In questi anni è stata fatta una politica di discriminazione nei confronti di chi arriva dall’Africa: portavano le malattie, il covid, tutti delinquenti, tutti spacciatori, tutti stupratori. Alla gente hanno fatto il lavaggio del cervello e le guerre che ci sono in Africa, in Medio Oriente, non sono state raccontate, o non abbastanza”.

Altro punto: la differenziazione tra rifugiati e migranti economici. “Quando l’Unione Europea parla, lo fa solo ed esclusivamente dei rifugiati ma in partenza sono tutti migranti. Che arrivano, sbarcano. Anche quando Ylva Johansson (Commissaria Ue agli affari interni, ndr) ha annunciato la modifica del sistema dell’accoglienza in Europa l’abbiamo fatto presente. Proprio oggi Fedriga (Massimiliano, governatore del Friuli Venezia Giulia e presidente della Conferenza delle Regioni, ndr) ha dichiarato senza mezzi termini come non sia discriminante distinguere tra flussi di migrazioni. E intanto il Presidente del Consiglio Draghi non ha mai risposto alle mie lettere. Nemmeno ci prende in considerazione, forse perché le banche che ci sono qui sono troppo piccole, non so. Credo che neanche sappia che esiste Lampedusa”.

Martello – che si ricandiderà alle elezioni tra qualche mese, “e le vinco pure” – non nasconde insomma che l’isola al momento si sente discriminata. “Certo, non solo, ma la Polonia, che è sempre stata tra i Paesi più ostili alle politiche di accoglienza, sta già chiedendo soldi per sostenere i flussi. Noi non abbiamo mai chiesto soldi all’Europa ma di prendere in considerazione la frontiera come tale, e di intervenire; tra l’altro con Polonia non c’è paragone: in trent’anni abbiamo avuto qualcosa come mezzo milione di persone passate per Lampedusa, sicuramente con tempistiche diverse ma anche su un territorio completamente diverso. Qui ora le categorie produttive sono incazzate”.

Nessun problema con le misure previste dal decreto a protezione degli ucraini e con le risorse stanziate (428 milioni di euro, contributi individuali dai 150 ai 300 euro mensili). Certo, è singolare come “all’improvviso in Italia sono diventati tutti solidali con il fenomeno dei rifugiati e dei migranti. Ma di quali? E questo, assolutamente sì, è un razzismo da parte della politica”. Adesso il maltempo e il mare mosso non permettono arrivi, o almeno non così numerosi, sull’isola. Sono atterrati degli ucraini, bambini anche, per ricongiungimenti familiari. “Lampedusa è superiore e infatti il prossimo 28 aprile stiamo organizzando una manifestazione internazionale per la pace – aggiunge Martello – Perché oggi non si parla mai di pace. Tutte le risposte, anche quelle che si sentono dai media, hanno a che fare con le armi. È stato così che Papa Francesco si è profondamente vergognato dell’unità che si è trovata nelle armi e non sotto i segni della pace in questa crisi”.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.