La pellicola di Paola Cortellesi, C’è anche domani (2023) opera prima e importantissima, fatta molto bene, con dialoghi, fotografia e sceneggiatura da premio– va vista da tutti e soprattutto dalle giovani e dai giovani di oggi. Spiego il perché. Ci sono almeno due eccellenti motivi.

Il primo: la storia, senza sciuparla per chi il film dovesse ancora vederlo, è un itinerario faticoso, pieno di umiliazioni e di violenza, di due donne, Delia e sua figlia, verso la libertà. Rispettivamente il diritto di voto, e la possibilità di studiare. A quelle giovani e a quei giovani che oggi non vanno a votare, magari per protesta, o che non si interessano alla politica perché non ci credono, è bene ricordare, come fa la Cortellesi, quanto sia stato tortuoso il percorso che ha conferito alla donna il diritto di voto. Ed è un diritto sacrosanto che va esercitato, non foss’altro per il rispetto che si deve alle donne che hanno dovuto lottare, e sopportare, e combattere per conquistarlo. Il diritto di voto va trattato come una specie di regalo prezioso che le nonne e i nonni ci hanno lasciato. Va custodito con cura, va guardato con rispetto e va preservato. L’altro itinerario verso la libertà, soprattutto femminile, ma di tutti, è lo studio. Studiando, imparando e confrontandosi, le donne sono riuscite ad affrancarsi dalla prigionia in cui tanta società patriarcale le teneva relegate. Imparare a leggere e a scrivere, andare a scuola non era per tutti, fino a solo alcuni decenni fa. Oggi, invece, la possibilità di studiare viene concepita più come un obbligo che come un privilegio; che si studi al liceo o si faccia un corso di scultura, la scuola e qualsiasi forma di apprendimento sono un viatico verso la libertà e l’autodeterminazione che, detta diversamente, è il fare ciò che ci pare. Siamo sicuri che i nostri giovani la capiscano così? Qualcuno senz’altro. Molti, certamente no. Andrebbero cambiati anche i nomi, “scuola dell’obbligo” -che brutta locuzione. Troviamone una che dia ai giovani il senso pieno di quello che la scuola rappresenta per loro, e che gli faccia capire le opportunità straordinarie insite al suo interno. Devono vederla, come la protagonista del film, alla stregua di un volano che apre la mente, ancor prima di aprire tante possibili strade professionali e di vita. Chiamiamola “la scuola del privilegio” perché è un privilegio studiare e perché i privilegi li vorrebbero tutti. Non così per gli obblighi che, già ancor prima di affrontarli, ci paiono faticosi, una imposizione.

L’altro grande motivo per cui il film della Cortellesi va visto è che istituisce una serie colta e virtuosissima di interlocuzioni con il grande cinema italiano, quello che ritrae l’Italia della guerra e del dopoguerra. C’è anche domani, ambientato a Roma nel 1946, è infatti pieno di citazioni che costituiscono un tributo alle straordinarie pellicole neorealiste e alle altre che dal neorealismo hanno preso spunto. Ad esempio, nell’amicizia tra Delia e il soldato afro-americano, che fanno fatica a capirsi, c’è una evocazione tanto dell’episodio siciliano quanto di quello napoletano di Paisà (R. Rossellini, 1946). La cioccolata, invece, simbolo per eccellenza degli americani nel dopoguerra, ricorre in tanto cinema italiano, ed è memorabile in una sequenza de La notte di San Lorenzo (Paolo e Vittorio Taviani, 1982). Nel film della Cortellesi, Delia regala una barretta di cioccolato a Nino, il meccanico che era stato il suo primo amore, e così facendo compie un gesto che fa anche venire in mente l’atto di generosità di Pina, l’Anna Magnani di Roma città aperta (Rossellini, 1945) quando divide il pane, che si era appena procurata, con il brigadiere metropolitano. E nel rapporto con sua figlia, Delia è a tratti la Cesira (Sophia Loren) de La ciociara (Vittorio de Sica, 1960) e a tratti l’Anna Magnani di Bellissima (Luchino Visconti, 1951), che prima fa di tutto per fare della figlia una attrice e poi capisce che la felicità e il futuro sono da ricercare altrove.

Oltre al monito per l’attualità, dove siamo abituati a dare tutto per scontato (diritto al voto e allo studio), oltre all’analisi filologica con i tributi a tanto cinema italiano (altre pellicole che i giovani dovrebbero vedere), C’è ancora domani è soprattutto un regalo in bianco e nero, durissimo a tratti e a tratti assolutamente poetico (gli inserti musicali, insieme anti-realistici e iperrealistici), che una regista donna ci ha fatto. Non fatevelo scappare.