Nel 2012 il motto era ‘whatever it takes‘. Nel 2020 sembra essere ‘as long as it takes‘, pronunciato dalla premier finlanedese Sanna Marin. Rispetto alla due giorni in programma, si arriva alla quarta giornata di negoziati europei per istituire il Recovery Fund e salvare l’economia italiana (ed europea) che rischia di rimanere soffocata dopo i blocchi della pandemia.

La giornata di lunedì (già lambita dai negoziati domenicali, terminati all’alba), si allunga di ora in ora: il presidente del Consiglio Ue Charles Michel, tentando ancora una volta la mediazione, annuncia una nuova bozza di accordo per le 16, che poi diventano le 17. A quel punto inizia una serie di telefonate ai vari leader, illustrando le novità e cercando di convincerli. Alle 19 annuncia che il testo viene formalmente inviato ai leader. Davanti alle telecamere, Michel ammette che gli ultimi passi “sono quelli più difficili“, ma si è detto fiducioso, l’accordo sia possibile.

Poco prima, il premier Giuseppe Conte partecipa ad una riunione con la cancelliera Angela Merkel, il presidente francese Emmanuel Macron, e il ‘fronte mediterraneo’ costituito dallo stesso Conte, quello spagnolo Pedro Sanchez, il portoghese Antonio Costa e il greco Kyriakos Mitsotakis. Nella riunione ristretta c’è un aggiornamento sul negoziato e “la determinazione di chiudere velocemente”, viene spiegato. Merkel, Macron, la stessa Ursula von der Leyen: i ‘pesi massimi’ europei ripetono che si va nella giusta direzione. Si intravede, con cauto ottimismo, la luce in fondo al tunnel.

La presidente della Commissione europea spiega che “dopo tre giorni e tre notti di maratona di negoziati ora entriamo nella fase cruciale, ma ho l’impressione che i leader europei vogliano davvero un accordo con reale volontà di trovare una soluzione“.In effetti, anche dal fronte dei Paesi ‘frugali’, che avevano bloccato la proposta originaria, sembrano arrivare spiragli favorevoli all’intesa.

L’olandese Mark Rutte, all’apparenza soddisfatto per il meccanismo che potrà bloccare l’erogazione dei fondi, sostiene che il consenso sta lentamente prendendo forma: “Sono molto felice perché questa è una condizione cruciale per noi”. Un altro rigorista, Sebastian Kurz, canta vittoria, spiegando che oltre ai 4 Paesi iniziali (Olanda e Austria, appunto, con Danimarca e Svezia), si è aggiunta anche la Finlandia, la cui giovane premier Sanna Marin si dice pronta a rimanere a Bruxelles per tutto il tempo necessario (‘as long as it takes’).

Pare che l’accordo sia vicino dopo una riduzione dell’entità complessiva del piano di rilancio e sul bilanciamento tra prestiti (inizialmente fissati a 250 miliardi, poi lievitati a 350), e contributi a fondo perduto (nella proposta originaria a 500 miliardi, diminuiti fino a quota 400). Si tratta certamente di una vittoria per i Frugali, che forse non potranno ottenere maggiori riduzioni. Arrivati a soglia 400, come richiesto dal premier Rutte, gli interlocutori hanno detto: Possiamo scendere a 390, nel qual caso però vi penalizzeremo andando a rivedere il meccanismo dei ‘rebates’, i rimborsi.Per armonizzare la nuova proposta di Recovery Fund ‘light’, il presidente del Consiglio Ue Charles Michel avrebbe incluso una serie di riduzioni agli incrementi che erano previsti per i programmi su sanità, ricerca, sviluppo internazionale. Secondo Politico.eu, verrebbero ridotti anche Horizon Europe, il Just Transition Fund, ReactEU.

I SOLDI ALL’ITALIA – All’Italia spetterebbero in totale 208,8 miliardi, di cui 81,4 miliardi di sussidi e 127,4 miliardi di prestiti. Lo rendono noto -secondo l’Ansa – fonti italiane, divulgando una tabella con i primi calcoli. La proposta iniziale prevedeva 173,826 miliardi totali, di cui 85,242 miliardi di sussidi e 88,584 miliardi di prestiti. Dunque l’aumento totale sarebbe di 34,974 miliardi, con un calo dei sussidi di 3,842 miliardi e un aumento dei prestiti di 38,816 miliardi.

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