Come nella più bella favola italiana, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) racconta che piantando nel Campo di Palazzo Chigi circa 236 miliardi (193 del Recovery Fund e 43 del Fondo Sociale di Coesione), si otterrà l’albero pieno di monete d’oro. Nel frattempo, sirene del passato narrano di buone Azioni e di asili nido.  La realtà è un’altra: tra un governo afasico che non è capace di trovare una linea e tecnici del passato che parlano vecchi linguaggi, occorre trovare una vera linea di concretezza. L’Italia ha bisogno di essere svecchiata in due direzioni: nelle strutture economiche, per offrire nuove infrastrutture pubbliche allo sviluppo delle imprese private; nel linguaggio della politica economica, per offrire nuove idee alla classe politica della società del futuro. Non possiamo sbagliare. Occorre abbandonare gli errori del passato.

Primo, non pensare di avere un pianificatore centrale, una cabina di regia di pianificazione centrale o un gruppo di tecnici (aristocratici) che decidono le linee strategiche. In una democrazia libera le azioni strategiche devono essere decise dal Parlamento e valutate per qualità e quantità, devono essere funzionali allo sviluppo economico, perché sviluppo economico significa innovazione, tecnologia, posti di lavoro per i giovani e di conseguenza incremento del reddito che serve a pagare il livello di welfare per sanità e pensioni della nostra società moderna.

Secondo, abbandonare la retorica del linguaggio della mediazione. Quel linguaggio che ha dato l’avvio a quel nefasto concetto che l’arte della politica è solo mediazione, pensando che se una parte vuole rimanere a terra e una parte vuole usare due ali per volare, la mediazione porta a costruire un aereo con un’ala sola. Quindi, no alla miriade di progettini pensati per accontentare un po’ tutti. Nell’aprile del 2000 il neo Presidente del consiglio chiese alle strutture ministeriali di valutazione degli investimenti pubblici i migliori 100 progetti in tutta Italia da cantierare subito! Suona familiare? Ma i progetti nei cassetti non c’erano. E’ 20 anni che non si progetta e i progetti non ci sono neanche oggi, ecco perché’ vengono fuori solo i monopattini e le piste ciclabili.

Terzo, abbandonare la retorica della bontà o della malignità della Ue. Una retorica simile al dilemma se la natura sia maligna con Leopardi o benigna con Pascoli. La Ue siamo noi in buona quota parte. La UE deve essere plasmata per rispettare la nostra natura. Cito solo due esempi: l’Italia ha la maggiore quota di lavoratori autonomi (22% del totale) rispetto all’Europa (14%). E non importa se sono badanti o imprese dinamiche dei distretti tecnologici. L’Italia ha il Parmigiano e la moda più copiati. Le regole europee devono rispettare questa realtà e non solo i grandi Konzern industriali e finanziari del Nord Europa.

Quarto, abbandonare la retorica della inefficienza della Pa. In realtà, lo sostengo come paradosso, i funzionari della Pa sono degli eroi efficientissimi che ogni anno devono re-imparare a gestire le nuove regole dettate da migliaia di nuovi commi scritti nella ennesima Legge Finanziaria! Provate a mettere Ronaldo, Ibrahimovic, Belotti un anno nel campo di rugby, l’anno successivo nel campo di basket, e l’anno dopo ancora in uno stadio di hockey. Altro che reclutamento di nuovi funzionari nella PA, minacciando gli attuali di rimozione, ove necessario. Meglio reclutare parlamentari che sappiano scrivere leggi che servano al Paese nel lungo termine, e non alla gestione della politica di piccolo cabotaggio.

Infine, l’efficacia degli interventi. Il Pnrr propone l’impiego dei (circa) 236 miliardi al 2026 nel modo seguente: 100 miliardi vengono usati per sostituire debito italiano con debito europeo. Circa 93 miliardi vengono usati “prevalentemente per il finanziamento di investimenti additivi” con il seguente risultato nel 2026: l’incremento differenziale del PIL sarà del 2,3% rispetto al valore tendenziale senza questo intervento. Pur non disponendo di questa cifra precisa, basta ipotizzare che il PIL nel 2026 sia più o meno nell’ordine di grandezza attuale, per ricavarne il seguente magro risultato: investiamo 93 miliardi per ottenere un incremento del PIL di 40 miliardi nel 2026. Complimenti!

In un’altra parte del PNRR si investono 100 miliardi solo nel Mezzogiorno (presumibilmente 57 del Recovery fund e 43 del Fondo sociale di coesione). Il risultato dopo 5 anni è un incremento del PIL dell’1%. Cioè metto 100 e ottengo 18. Ciò significa che la stessa cifra messa in Italia rende il doppio di quanto rende se messa solo nel Mezzogiorno. Complimenti!  Incompetenti, o forse ipocriti? Infatti, occorre ricordare che l’Unione Europea eroga i fondi al raggiungimento dei risultati previsti. Quindi fissando obiettivi bassi, si ottengono risultati sicuri. In pratica, Next generation insegna ai giovani la tecnica del “vincere facile”. Complimenti? No, vergogna!