Il divario territoriale
Recovery plan, Draghi non scippi il Sud!
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è stato costruito senza dibattito con forze sociali, politiche, con il Parlamento. Il documento fugacemente approvato non è quello inviato a Bruxelles. Il Pnrr, come sostiene anche Gianfranco Viesti, contiene interventi utili e condivisibili che produrranno effetti positivi; tuttavia essi paiono mirare più a una semplice “modernizzazione” di alcuni aspetti della vita economica, produttiva, sociale, dell’Italia, non a una sua trasformazione significativa, alla rimozione dei vincoli strutturali alla sua crescita, cioè a una mission dall’orizzonte ampio e ambizioso.
L’esperienza italiana da molti anni mostra che spesso e volentieri significative scelte “politiche” sono state compiute attraverso norme minori, fatte passare per questioni tecniche.
Se a concorrere sono enti locali, molte amministrazioni del Sud non sembrano in grado di gestire complessivamente queste nuove ricchezze collettive sia per la dimensione straordinaria degli interventi sia perché, nell’ultimo decennio, si sono indebolite: blocco del turn-over del personale, capacità amministrativa diminuita, scarsa competenza specie nelle tecnologie digitali, età media del personale molto alta. Il rischio che i Comuni del Nord, meglio messi sotto certi punti di vista, intercettino la gran parte dei finanziamenti, è alto. Rischiamo, da qui al 2026, di vedere scomparire o assottigliarsi sempre più, anche a Napoli, i servizi sociali, i trasporti pubblici, gli asili nido. Oltre 500 Comuni del Sud, incluso Napoli, hanno aderito al movimento Recovery Sud, che chiede una corretta distribuzione dei finanziamenti e un’attenzione, così come chiede l’Europa, alla riduzione dell’enorme divario economico, sociale, civile, tra Sud e Nord d’Italia, tenendo conto esattamente degli stessi parametri utilizzati in sede europea per assegnare i fondi all’Italia. Il nuovo sindaco di Napoli dovrà intensificare la sua azione in questo senso, forte del ruolo di numero uno della città più grande del Mezzogiorno e della sua densamente popolata area metropolitana.
Ancora, questione territorializzabilità: per arrivare, anche con il trucco del repackaging, al 40% delle spese territorializzabili, si è inserita nelle spese non territorializzabili, per escluderla dal totale, per esempio, l’elettrificazione dei porti. Strano! Così come l’installazione dell’Ermts, un sistema tecnologicamente avanzato che consente una gestione molto più efficiente delle varie tratte ferroviarie: pur essendo per oltre il 90% destinate ad «ammodernare e migliorare» tratte ferroviarie al Centro-Nord (d’altronde è lì che ci sono maggiori e più numerosi tratti ferroviari), tali spese sono ritenute non territorializzabili. Non vogliamo essere presi in giro. Altro che 40%!
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