Dal ministro Fitto al commissario europeo Raffaele Fitto. La distanza è davvero breve, quanto la durata di un volo diretto da Roma a Bruxelles. Se saranno confermate le anticipazioni del quotidiano tedesco “Die Welt”, sempre molto aggiornato sulle questioni europee, dovrebbe essere nominato vicepresidente esecutivo della Commissione europea con delega all’Economia e al Pnrr. L’ex presidente della Regione Puglia sarebbe uno dei quattro con una delega così pesante.

Una chiara vittoria politica guidata dal governo di Giorgia Meloni ma allo stesso tempo una trappola comunicativa: con il ministro per gli Affari europei in un ruolo chiave nella Commissione, con chi se la prenderà la propaganda sovranista dei mali endemici dell’Italia? Le questioni “italiane” che Fitto sarà chiamato a sbrogliare sono davvero molte. Come commissario agli Affari economici dovrà analizzare l’andamento asfittico del Prodotto Interno Lordo, il crollo del reddito reale, il rapporto deficit/PIL in procedura di infrazione, la perdita di potere di acquisto nel Paese. Con la delega al Pnrr, invece, dovrà analizzare le scelte che lui ha gestito e portato avanti nell’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Reddito reale

Uno dei principali problemi che attanagliano il Belpaese è il calo continuo e senza soste del reddito reale. L’inflazione ha colpito duramente in Italia tanto che, secondo una indagine Eurostat, “Quadro di valutazione sociale”, nel 2023 il reddito a disposizione delle famiglie italiane è crollato e si attesta di ben sei punti al di sotto del livello del 2008. Fatto cento la media dei redditi europei, all’interno dell’Unione essi salgono da 110,12 a 110,82; in Italia invece calano da 94,15 a 93,74. Peggio di noi solo la Grecia. Una continua emorragia di potere di acquisto che non è stata fermata dall’azione economica del governo. I rimedi posti in essere per arginare l’inflazione in Italia sono stati praticamente nulli; senza contare che i salari sono irrimediabilmente al palo. Il dato positivo dell’aumento dell’occupazione, dunque, si perde nella realtà della spesa di tutti i giorni. Ecco perché una buona fetta di italiani non riesce ad arrivare a fine mese.

Andamento lento del Pnrr

Un rilancio dell’economia italiana sarebbe dovuto arrivare dall’attuazione del Pnrr. Eppure l’attuazione del Piano sembra avere un impatto nullo sulla ricchezza prodotta in Italia. Che il Pnrr italiano abbia problemi, nonostante i periodici proclami, lo dimostra la Corte dei Conti europea. Entro il 2026, evidenziano i giudici contabili, l’Italia dovrà completare il 62% degli investimenti previsti. Non solo. Negli ultimi otto mesi all’agosto 2026 saranno poi il 28% le misure da realizzare (target e milestone), legate al 19% dei fondi da ricevere, con un divario dato sostanzialmente da una concentrazione delle riforme nella parte iniziale del piano. In soldoni? Nella quarta relazione del Pnrr, presentata lo scorso aprile, si registrano ancora 151 miliardi di euro da spendere per la fine del 2026.

Tenendo conto che nei primi sei mesi dell’anno in corso sono stati spesi 8,5 miliardi di euro per un obiettivo stimato di 43,2 miliardi di euro per il 2024 (si legga la relazione della Corte dei Conti del maggio 2024) è chiaro che il sistema Italia è in enorme ritardo nell’attuazione del Piano. L’ipotesi che si sussurra nei palazzi romani è quella di chiedere una proroga della sua attuazione. I motivi del ritardo, come molti sanno, sono essenzialmente due: l’aver perso il primo anno per rifare il Pnrr (di cui si è dovuto occupare il governo Draghi) e l’impossibilità per le amministrazioni italiane (dai ministeri per arrivare ai Comuni) di mettere a terra azioni da portare rapidamente a compimento. Il risultato? Il Pnrr avrebbe dovuto cambiare il volto del paese rilanciandone la produttività e invece è del tutto ininfluente.

Sempre meno figli

In tutto ciò, le misure che avrebbero dovuto rilanciare la natalità si sono rivelate più un pannicello caldo che una robusta cura da cavallo. Basti pensare che, secondo le previsioni Istat, entro il 2040 l’Italia perderà quasi 4 milioni di abitanti e la popolazione scenderà a 45 milioni entro il 2080 (oggi siamo a quasi 59 milioni). La strada è tracciata: ecco perché bisognerebbe intervenire rapidamente. Senza contare il fatto che il rapporto tra cittadini in età lavorativa e quelli che non possono lavorare (con meno di 14 anni o con più di 65 anni) passerà da “tre a due” di oggi a “uno a uno” nel 2050, con un impatto devastante per il sistema pensionistico.

Debito pubblico

Nel quadro economico generale manca un ulteriore elemento: il debito pubblico italiano è oramai a 3milia miliardi di euro con un costo degli interessi di 93 miliardi di euro e un rapporto deficit/PIL al 4,5%. Per questo l’Italia sta subendo una procedura di infrazione. Sarà compito del nuovo commissario contrattare con l’esecutivo un piano di rientro che – secondo alcune stime – dovrebbe aggirarsi intorno ai 12 miliardi di euro l’anno per sette anni, riducendo ulteriormente ogni margine di manovra per la politica economica del governo. Visto il quadro, il commissario Fitto avrà molto lavoro da fare a causa del ministro Fitto e del suo governo.

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