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Pay-for-slay
Reddito antisemita, il welfare di Gaza: stipendio ai familiari dei terroristi, da 500 euro per lancio sassi a 2600 se si feriscono soldati israeliani
L’Anp dà soldi alle famiglie dei palestinesi che si sono resi protagonisti di delitti contro gli israeliani
![Reddito antisemita, il welfare di Gaza: stipendio ai familiari dei terroristi, da 500 euro per lancio sassi a 2600 se si feriscono soldati israeliani Reddito antisemita, il welfare di Gaza: stipendio ai familiari dei terroristi, da 500 euro per lancio sassi a 2600 se si feriscono soldati israeliani](https://www.ilriformista.it/wp-content/uploads/2025/01/attentato-7-ottobre-900x600-1-jpg.webp)
C’è un criterio tutto particolare per la retribuzione delle famiglie palestinesi i cui membri si siano resi responsabili di delitti contro gli israeliani. L’entità non è misurata sui bisogni della famiglia destinataria della prebenda, ma sulla gravità del delitto commesso dal familiare. Il lancio di sassi con ferimento di un bambino vale 500 euro al mese. Il lancio di una molotov con ferimento di due persone, 1.000 euro. Accoltellare un ragazzo di 12 anni, 1.500 euro (1.800 se il pugnalato rimane paralizzato a vita). Ferire 12 soldati israeliani fa incamerare alla famiglia dell’aggressore 2.600 euro al mese. Assassinare padre e madre davanti ai loro figli piccoli garantisce un introito di 3.100 euro mensili. E via di questo passo. Questi denari sono devoluti alle famiglie dei criminali dall’Autorità nazionale palestinese, la quale è finanziata dai governi del mondo ora direttamente, ora tramite i fondi della cooperazione internazionale. Nei due casi, con i soldi presi dalle tasse dei cittadini.
Il welfare sicario
Quando capita (praticamente non capita mai) che le dirigenze palestinesi siano chiamate a rendere conto di quel curioso welfare sicario, argomentano che non si tratta d’altro che di un sistema di previdenza sociale. I cui tratti di nobiltà sono ben espressi dal criterio di cui sopra: ti pago tanto non secondo che tu abbia bisogno di tanto, ma secondo che il tuo familiare si sia distinto per atti di aggressione e terroristici più o meno efficaci ed esemplari. Non vorrai pretendere troppo se il ragazzo o il marito si è limitato a prendere a selciate un passante.
Che le autorità palestinesi, generosamente impegnate in quest’opera di riconoscente sussidio, illustrino le virtù e gli alti fini del sistema è ovviamente comprensibile. Un po’ meno comprensibile, forse, e non propriamente giustificabile, è che i finanziatori del programma “pay-for-slay” (la traduzione migliore è: tu ammazzi, io ti do i piccioli, anzi li do a mammà) lascino correre la pratica essendone perfettamente a conoscenza. Naturalmente non si tratterebbe di impedire ai palestinesi di apprestare quel meccanismo assicurativo-previdenziale, con quel sistema di premi: si tratterebbe tuttavia, magari, di non oliarlo.
È un discorso che andrebbe fatto – e che, per esempio negli Stati Uniti, sta facendo capolino dopo anni di sapiente allocazione sotto al tappeto – in termini anche più generali rispetto al caso particolare, e increscioso, di quelle provvidenze in favore delle famiglie che fanno bingo se un proprio componente scanna un ebreo. Il fiume di miliardi destinato ai palestinesi, infatti, si perde non soltanto in rigagnoli di corruttela (cosa normale e in certa misura inevitabile in situazioni di collasso sociale e di disordine politico-amministrativo), ma nella sistematica e imponente distrazione per usi che davvero non hanno nulla a che fare con le legittime ambizioni di sviluppo civile ed economico della popolazione. Salvo credere che appartenesse a un progetto condivisibile la trasformazione di Gaza nella più vasta e organizzata centrale terroristica del mondo e l’allevamento di intere generazioni all’odio verso Israele e gli ebrei (oltre la metà dei fondi dell’Unrwa, l’agenzia dell’Onu per il sussidio dei rifugiati palestinesi in Medio Oriente, finisce nel sistema scolastico pervertito al culto della lotta armata).
La comunità internazionale ha l’obbligo indiscutibile di aiutare a risollevarsi un popolo in grande difficoltà e sofferenza. Nell’adempiere a quest’obbligo dovrebbe tuttavia smetterla di credere e far credere che l’oggettiva necessità di alleviare la sofferenza palestinese valesse l’occhio chiuso sulle malversazioni e sulla criminalità di chi la governava. La distruzione di Gaza è anche l’effetto di quella colpevole cecità. Far finta che il diritto di autodeterminazione del popolo palestinese possa essere difeso nonostante il “dettaglio” di certe storture – appunto come il vitalizio su base parental-omicidiaria – significa in realtà porre quelle storture a fondamento di quel diritto. E dello Stato di cui si reclama l’istituzione.
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