Reddito, bulli, tasse sempre alte e benzina più del vino: quanta amarezza in Italia

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Sarà il mio pessimismo figlio di un anno nero, ma in questo finale di stagione trovo francamente desolante quanto politica e comunicazione stanno offrendo. Manca di ambizione, sogno, serietà e lungimiranza. E insegue solo la quotidianità fatta di toppe, piccolo cabotaggio e ‘poraccismo’ comunicativo su cui poggiare propaganda anziché grandi idee.

Abbiamo 3mila miliardi di debito pubblico che ne generano un’ottantina da rimontare ogni anno (nel 2027 saranno 100), il tutto è sostenibile solo con una crescita che dovrebbe essere più impetuosa possibile (ricordate gli anni 60, quando crescevamo al 6% l’anno grazie a meno tasse, meno burocrazia e meno spesa pubblica?), i genitori fanno i sindacalisti dei figli viziati (a Latina hanno impedito ai loro figli bulli di scusarsi, giustamente, con la vittima della loro stupidità), e loro entrano tardi e maluccio nel mondo del lavoro ma dovranno mantenere sempre più pensionati in un paese che invecchia perché le coppie italiane non fanno più figli (secondo me a causa dell’incertezza economica che le preoccupa), la giustizia produce vittime a gogo e ci costa un sacco di ricchezza in meno, come i beni culturali che non sappiamo far fruttare, e all’orizzonte non si vede uno straccio di riforma seria, utile a indirizzare la prua di una nazione verso la creazione di benessere che è padre della coesione sociale, collante dell’essere nazione, e unico ascensore sociale per consentire davvero a chi non nasce ricco di poterlo diventare, lavorando o inventandosi un lavoro (oggi difficilissimo); la delega fiscale prevede un saldo zero per il taglio delle tasse, unica vera priorità associata a un taglio della spesa pubblica che lo consenta, e il dibattito è sequestrato da ridicoli resoconti su incontri in un ristorante al mare tra persone che si conoscono e pantomime come quella che si consuma sul contenimento del fallimentare Reddito di Cittadinanza (si sapeva da mesi sarebbe stato sospeso a chi può lavorare, ed è stato bocciato nelle urne dagli italiani) nel tentativo di aizzare qualcuno alle cui proteste aggrapparsi, vista la totale inconsistenza della propria offerta politica, fondata solo su pensierini vuoti come: “Il Governo fa la guerra ai poveri” pronunciati persino da chi, a sinistra, un tempo chiedeva più lavoro e oggi chiede solo più paghetta di Stato per chi non vuole lavorare, pur essendovi stato contrario per anni; questo, quando è chiaro a chiunque non abbia la testa per spartirrecchie (come dicono a Napoli) che chi sta sparendo è il ceto medio, tutti i giorni in campo a lavorare e fatturare per l’Italia dove la vita è sempre più cara (un professionista che a Milano guadagna più di 3mila euro al mese ha difficoltà a vivere in affitto, se non con un coinquilino) e la benzina costa quasi più del vino.

Che le vacanze servano ai politici per rimettere in ordine idee nuove, e girare un po’. Magari per vedere posti e mentalità dove non sia un problema aumentare il numero dei taxi. Vi farà bene.