L'intervista
Referendum, per il sondaggista Masia “con affluenza bassa la partita è ancora aperta”

Sondaggi non se ne possono pubblicare, ma i sondaggisti possono parlare. E Fabrizio Masia, EMG Acqua, parla parecchio. Lo raggiungiamo tra una riunione e una videocall. I motori della macchina del consenso non si fermano, tantopiù adesso che le date del voto si avvicinano.
Com’è l’indice di gradimento della politica, secondo i suoi sensori?
Tutti gli indicatori negli ultimi anni hanno dimostrato una evidente diminuzione della fiducia nella politica e nei politici in generale, che tende vieppiù a scemare. E questo si vede anche dalla partecipazione alle urne, dove si va sempre meno. La gente sfiduciata cambia intenzione di voto, ma dopo aver provato due o tre partiti diversi, non vota più.
Teme scarsa affluenza tra regionali e referendum?
Sì, anche per la percezione e il timore del grado di diffusione del virus che ancora circola e che nelle scuole può annidarsi pericolosamente. Soprattutto se ci saranno ulteriori picchi di contagio e non ci saranno, come finora è stato, comunicazioni specifiche che incoraggiano gli elettori a recarsi al voto.
Cosa succede se l’affluenza rimane bassa?
Ho fatto delle simulazioni e delle valutazioni specifiche. Se i votanti saranno il 40% degli aventi diritto, comunque sotto al 50% in modo consistente, possono esserci delle variazioni sostanziali rispetto a quanto stiamo sondando “a secco”. Perché cambia la base elettorale e la tipologia di elettore. Quando ci sono difficoltà ambientali, o il voto è scoraggiato da eventi contestuali, chi va a votare è lo zoccolo duro degli elettori informati, più motivati e in media più colti. Quelli che seguono i dibattiti pubblici, leggono i giornali e magari hanno più familiarità con la politica.
Dunque se vota sotto il 50% degli aventi diritto, per il Referendum cambiano i numeri in campo? Premesso che non c’è il quorum…
Non c’è il quorum, è un referendum confermativo. Ma mentre chi si informa di meno va dietro al vox populi, mette una croce tanto per, e quindi in questo caso avvantaggia il Sì, chi si informa di più in questa occasione tendenzialmente voterà No. Quindi se votano in pochi, le percentuali cambiano e possono andare a favorire il No.
Non si possono pubblicare cifre, ma tendenzialmente come fotografa oggi Sì e No?
Possiamo dire che rispetto all’inizio della campagna, c’è un recupero importante del No, e mancano ancora diversi giorni di dibattito, con tanta parte degli opinion maker schierati decisamente per il No. La stampa, i costituzionalisti. Io però se devo scommettere un euro sul vincitore, oggi lo punto ancora sul Sì. Al netto di sorprese che come dicevo, possono arrivare.
Il dato della sfiducia verso la politica è legato al Sì?
Questo dato di fiducia basso porta a favorire questa idea riduzionistica della politica: ridurre il numero dei consiglieri, il numero dei partiti, il numero dei parlamentari. Una azienda che funziona mira ad ampliare il numero dei suoi dipendenti, delle sedi, dei negozi. La politica che si autoriduce fa ammissione di debolezza, confessa di non essere in grado di svolgere la propria funzione.
Esiste una spirale della sfiducia, un meccanismo di autoriduzione che si avvita? Ovvero, più si umilia la politica, più i migliori se ne allontanano, e rimangono i peggiori?
Da un lato è così. Dall’altro per come siamo messi oggi è anche difficile andare contro questa spirale e risalirla, perché dovresti dimostrare l’esatto contrario. Che aumentando il numero di chi fa politica si possa essere più efficaci, lavorare meglio, stare più vicini ai territori. Sono scelte tanto difficili da sostenere quanto, e ancor di più, da realizzare. E’ evidente che qualcuno vede nel referendum una occasione di consenso da spendere poi su altri tavoli elettorali.
Non ha la sensazione che i leader abbiano abdicato alla loro funzione di guida e siano diventati, nel tempo, follower dei loro follower?
In parte è vero. Mentre in passato, quando le ideologie erano più forti, c’era un certo grado di capacità di specificazione dell’offerta politica, e oltre alle qualità umane una certa dose di coraggio. Oggi, di fronte alla diffusione dell’informazione sempre più veloce e sempre più allargato, quando sono tanti a parlare simultaneamente della stessa cosa, si verifica una proliferazione delle fonti incontrollabile. I politici parlano sempre, e parlano di tutto. Già questo non avveniva, qualche anno fa. E l’elettorato, davanti a tanta offerta e senza alcun blocco ideologico rigido, risponde fluidificandosi, cambiando idea spesso. Oggi i leader pensano a raccogliere il consenso andando incontro ai desiderata dei loro elettori, e pensano solo dopo a come incanalare il consenso ricevuto in ottica di governo.
Ma cos’altro induce l’elettorato a tanta fluidità, se non la disillusione?
Concorrono anche le leggi elettorali, che in Italia cambiano a livello nazionale troppo spesso e che poi ogni Regione modifica per sé. Si creano dinamiche che avvantaggiano liste più o meno piccole e un vasto mondo civico che ondeggia tra destra e sinistra a seconda del luogo e del momento. Con queste modalità, fare strategie di lungo periodo diventa complicato per tutti.
La politica mediata esige un giusto tempo.
Oggi si viaggia a una velocità neuronale stratosferica. L’attenzione verso la notizia è di pochi secondi. I target cambiano spesso e moltiplicano le loro esigenze. Diventa complicato riannodare quel processo di costruzione del futuro.
E allora anche uno stravolgimento di fronte sul referendum è possibile.
Gli ultimi dati elettorali ci hanno fatto capire che tutto, francamente, è possibile. Come abbiamo detto, la flessione della partecipazione inciderà.
La spirale del populismo dove ci porta? Ridurre i parlamentari, pagarli poco, indebolire la politica e poi, cosa vedi dopo?
Lo vedremo. Bisogna capire il funzionamento della macchina parlamentare di fronte a questo cambiamento e soprattutto se prima o dopo ci sarà l’intervento sulla legge elettorale. La politica deve fare la politica ma è in funzione delle regole del gioco che cambiano gli assetti tattici. In funzione del sistema elettorale si penserà alle strategie e alle alleanze.
C’è una crisi di leadership diffusa; M5S ha un reggente provvisorio, nel Pd Zingaretti è accusato di scarso appeal, Salvini è al suo minimo storico. Cosa può succedere in questa fase?
In politica si riempiono i vuoti, come succede anche in altri microcosmi. Quando non c’è una leadership forte se ne cerca una. E se non arriva internamente, nascono le correnti, le sottocorrenti e poi le scissioni. E nascono nuovi soggetti che fanno emergere leader nuovi. Come fosse una legge della fisica. Perché in politica la necessità di aggregarsi dietro a un leader forte è fondamentale, la tendenza di tutti è quella di trovare il pifferaio giusto dietro al quale accodarsi.
Ha sondato un partito di Conte?
L’ho sondato in piena epoca Covid, nel lockdown. Gli italiani fortemente disorientati, spaventati, avevano necessità di mettere le loro paure al riparo e hanno individuato in Conte un buon riferimento. Da osservatore della comunicazione, dico che si è mosso bene. Un suo partito avrebbe superato in marzo il 15%, e se dovessi rifare adesso lo stesso sondaggio non credo stia molto distante. Può aver avuto un calo fisiologico ma rimane, da solo, a doppia cifra.
Sondato anche Draghi?
Non l’ho più sondato, lo sondavo quando era in Bce come profilo internazionale ed aveva picchi di gradimento altissimi. Un’eventuale valutazione della fiducia in Mario Draghi sarà valutata attentamente se sceglierà di scendere nell’agone politico, perché cambia completamente. Ricordo i dati di apprezzamento del professor Monti come Università Bocconi e pochi mesi dopo, quelli come presidente del Consiglio e infine come fondatore di Scelta Civica. Tre stadi di valutazione molto diversi tra loro.
La giustizia come è vista dal sentiment degli italiani? Hanno fiducia?
La magistratura, rispetto a politica, sindacati, Europa ha percentuali di fiducia molto maggiori. L’italiano medio si fida dei magistrati e apprezza le forze di polizia. Ma c’è una variabile marker. Gli italiani che hanno avuto a che fare più da vicino con la giustizia, sia essa tributaria, amministrativa, civile o penale ne danno una valutazione negativa. La valutano positivamente quelli che ne sono rimasti fuori.
Il fenomeno dei no-mask e dei no-vax che cosa segnala? C’è un’allergia alle regole?
C’è un’allergia alle regole – pur in un nucleo ristretto, parliamo di numeri molto bassi – e più in generale c’è la volontà di crearsi un mondo proprio, più facile. Un mondo diverso da cui tieni fuori i problemi. Ed ecco che si ha voglia di costruire un mondo illusorio in cui l’irrealtà diventa realtà, ‘tutto quel che ci stanno raccontando è falso’ rassicura le personalità fragili, che hanno bisogno di proiettarsi in un mondo che non coincide con quello reale. Se guardiamo all’insieme di chi crede nei complotti, è una fetta di popolazione e di elettorato crescente.
C’è in politica la tentazione, da parte di qualcuno, a cavalcarli?
Di fronte all’ultima manifestazione di Roma ho visto un approccio trasversale ed ecumenico di condanna. Con toni diversi ma con un giudizio convergente.
Roma è una capitale indebolita, senza guida. Non si vede un candidato sindaco forte. Esiste una questione aperta?
Esiste una questione romana gigantesca. E’ la capitale e la città più grande d’Italia, con una dispersione territoriale enorme e con criticità che non ha nessuno. Governare Roma equivale a governare un piccolo Stato, ci sono dentro quindici città di media grandezza. Trovare un candidato è complesso, e l’autocandidatura della Raggi non aiuta.
Il centrodestra vedrebbe bene un uomo d’ordine con poteri speciali, un Generale Dalla Chiesa. A trovarne uno per Roma. Franco Gabrielli?
In questo momento forse come idea non è malvagia; non mi esprimo sui nomi ma sul profilo: più che un politico ci vuole qualcuno con un pragmatismo forte e una capacità di incidere sui problemi e sui conti con forza e immediatezza.
Silvio Berlusconi ha compiuto 84 anni. Si ristabilirà ma il rischio di esposizione al virus, che non demorderà facilmente, suggerisce prudentemente di avvicinare il momento di un suo diverso impegno rispetto alla politica. Come sarebbe un centrodestra totalmente privo della figura di Berlusconi in campo?
Intanto, pronta guarigione a Berlusconi. Sono anche milanista, auguri doppi. Se dovesse progressivamente lasciare, vedo per Forza Italia una potenzialità; l’elettorato moderato, liberale, centrista, riformista in Italia continua a stare intorno al 20%, una percentuale oggi contendibile e che ha iniziato ad abbandonare gli azzurri, precipitati nella mia ultima rilevazione al 7%. E’ necessario che quel partito si ristrutturi, superando la vicenda personalistica di Berlusconi per diventare quello che è il PPE, in veste italiana.
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