Da Avvocato del popolo a Jep Gambardella
Regalino Philip Morris al suocero di Conte: festa in stile Grande Bellezza al Plaza di Cesare Paladino
Philip Morris, la più grande multinazionale di tabacco al mondo, celebra un esclusivo party di fine anno a Roma. Invita più di duecento ospiti, tra impresa, politica e stakeholder. Si stappano bottiglie costose, si celebra l’anno che sta finendo e quello che verrà. Pur avendo centinaia di potenziali, bellissime strutture nella Capitale, dove decidono di investire per un party in stile Grande Bellezza? Nell’hotel Plaza di via del Corso. Un magnifico cinque stelle. In tutti i sensi: perché il proprietario dell’hotel Plaza, Cesare Paladino, è il padre di Olivia Paladino, attuale compagna del presidente del Movimento Cinque Stelle, Giuseppe Conte. La fidanzata del leader pentastellato avrebbe anche un incarico formale, per la struttura: “Editorial manager”.
I due abitano in una strada che dista cento metri dall’imponente portale scorrevole di accesso, dominato da cinque stelle d’oro piantate nel marmo. Quasi un sigillo imperiale – come lo stile tardo impero che domina i saloni del piano terra – di questa struttura che ha ospitato, prima di diventare la seconda casa di Giuseppe Conte e dei Cinque Stelle, storie diverse e solo in parte note. Il Plaza, dove Philip Morris ha scelto di celebrare se stessa, non è un grand hotel come gli altri. Michele Masneri sul Foglio l’ha definito “una autobiografia della Repubblica”. Ha ospitato riunioni segrete della Dc. Non di tutto il partito, della corrente andreottiana. A fine anni Sessanta era di casa Malagodi. A inizio anni Ottanta vi stabilisce lì il suo ufficio il socialista Gianni De Michelis. Riusciamo a parlare al telefono con Luigi Esposito, per sessant’anni concierge. Ci racconta un po’ di tutto: veniva Licio Gelli per celebrare gli incontri della P2, ed è sempre qui che la massoneria ufficiale tiene le sue cene aperte, le agapi bianche. Ma da quella storia ad oggi c’è stata la cesura del tempo, sono cambiati tutti i protagonisti. Ora i problemi sono altri. E sono sorti quando si è scoperto, nel 2018, che la gestione Paladino non aveva versato al Comune di Roma la tassa di soggiorno degli ospiti non residenti, come previsto.
Il suocero di Conte era stato accusato di non aver versato due milioni di euro di tassa di soggiorno al Comune di Roma tra il 2014 e il 2018 e per questo motivo aveva patteggiato una condanna a un anno e due mesi. Il governo Conte II è però intervenuto per sanare la situazione, depenalizzandola. Nel 2019 Paladino aveva restituito la somma dovuta al Comune, insieme a un risarcimento danni. Il pm Alberto Pioletti e l’aggiunto Ielo, che gli avevano contestato il reato, avevano stimato le cifre trattenute illecitamente in circa 300mila euro nel 2014, oltre 500mila nel 2015, 2016 e 2017 e infine 88mila euro nel 2018. Così nel dicembre 2020 il gup Bruno Azzolini ha accolto l’istanza d’incidente di esecuzione dell’avvocato Stefano Bortone revocando quella sentenza perché a quel punto, dopo l’intervento del governo guidato dal compagno della figlia, “il fatto non è previsto dalla legge come reato”.
In quello stesso momento Il Riformista rivelava il rapporto stretto tra Philip Morris Italia e Casaleggio Associati, pubblicando una documentata inchiesta sui due milioni di euro versati da PMI al soggetto che di fatto ha cofondato il M5S. Pagamenti regolari, in tre anni, con cadenza mensile. La magistratura ha aperto una inchiesta e sta indagando. Ma Philip Morris può serenamente celebrare i suoi successi, come ha fatto lo scorso 24 novembre a Dubai, protagonisti di una eccezionale giornata ad Expo dove il Ministro degli esteri a Cinque Stelle, Luigi Di Maio, ha tributato al Presidente e Ad di PMI, Marco Hannappel, grandi onori. Il comunicato stampa di Expo lo inquadra così: «A confermare il rinnovato fascino dell’Italia nel mondo è anche Marco Hannappel, presidente e amministratore delegato di Philip Morris Italia, la cui azienda è stata portata oggi come esempio di successo nel workshop organizzato al Padiglione Italia».
Niente di strano dunque che l’industria del tabacco decida di festeggiare i risultati dell’anno che si chiude, e che abbia scelto l’hotel Plaza per farlo. Nessun illecito, ci mancherebbe. Ma in un mondo in cui niente avviene per caso, la scelta dell’hotel del suocero di Giuseppe Conte accende i fari sul contesto parlamentare di fine anno: il party di Philip Morris non cade in una data qualsiasi. Sono le ultime giornate utili per definire fin nei dettagli le allocazioni della manovra. Quest’anno una fetta consistente, sessanta miliardi di euro tra una voce e l’altra, sono destinate al comparto agricolo. E l’industria del tabacco ricade tutta nel capitolo di spesa del Ministero ancora saldamente rimasto in mano ai Cinque Stelle. Proprio il ministro pentastellato Stefano Patuanelli ieri sera ha sottolineato la sua attenzione per la materia: «Dobbiamo impegnarci per favorire la maggior interazione possibile tra i produttori e il settore della trasformazione, così da trasferire in maniera efficace il valore aggiunto e mantenere alti i livelli di export dell’intera filiera agroalimentare», il messaggio messo nero su bianco sul profilo Facebook. «Possiamo guardare con ottimismo al 2022 – ha quindi aggiunto Patuanelli – abbiamo ingenti risorse europee, risorse nazionali come mai si erano viste, e soprattutto capacità imprenditoriali. Parlo di circa 50 miliardi dalla Politica Agricola Comune, altri 7,9 dal Pnrr, circa 2 miliardi dalla programmazione della Legge di Bilancio».
Per il ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, dunque, «non possiamo che ritenerci soddisfatti. Grazie al lavoro fatto e che si sta facendo anche in queste ore, raddoppieremo le risorse per il settore agroalimentare del Paese rispetto al passato. È il modo migliore per continuare a investire sull’agricoltura a tutto tondo, un comparto spesso lontano dai riflettori ma che costituisce la vera locomotiva del Paese, contribuendo al 17% del Pil». Non sappiamo se la locomotiva voleva essere un riferimento al fumo che sbuffa, ma chi frequenta certe feste vip, a nella Capitale, può smentire quel che Sorrentino diceva nella Grande Bellezza: «I trenini di certe feste, a Roma, girano in tondo. Non portano da nessuna parte». Qualcuno ogni tanto arriva a destinazione.
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