La relazione al Parlamento
Relazione in Parlamento di Bonafede, ma sui temi importanti il ministro fa scena muta
La seconda riguarda l’edilizia penitenziaria e qui registriamo una singolare contraddittorietà e sfasatura tra quanto riferito dal ministro Bonafede in parlamento e quanto affermato dal suo gabinetto in risposta ai rilievi del CPT sulla ripresa del sovraffollamento. In Parlamento il ministro ha parlato di uno stanziamento, da oggi ai prossimi 13 anni, di circa 350 milioni di euro per creare nuovi posti detentivi (senza specificare quanti) rispetto alla dotazione attuale di poco più di cinquantamila; dall’altra parte, il suo gabinetto riferisce al CPT di 5.000 nuovi posti che saranno costruiti nei prossimi 5 anni, «al fine di raggiungere l’obiettivo di 60.000 posti di detenzione regolari disponibili», con ciò dando per scontato che altri 5.000 posti saranno prossimamente fruibili non si sa come. Insomma, il ministro prospetta un piano carceri da qui a 13 anni mentre all’Europa il suo gabinetto ne prospetta un altro, velocissimo, di 5 anni per 10.000 posti. Noi, che conosciamo i risultati catastrofici dei precedenti piani, ci sentiamo presi in giro da queste inutili parole che dovrebbero impegnare i prossimi futuri governi… fino al 2033!
Non una parola ha detto il ministro sulle pene e misure alternative alla detenzione che sì avrebbero un impatto immediato sul sovraffollamento e che gioverebbero moltissimo all’abbattimento della recidiva. Che senso ha tenere nelle nostre galere le 16.828 persone che devono scontare una pena residua inferiore ai due anni? Non sarebbe più utile fargli scontare una misura che sia meno criminogena dello stare in una squallida cella quasi sempre senza costrutto ai fini di un imminente ritorno nella società? Eppure è proprio questa la richiesta che viene dal CPT e dalle regole penitenziarie europee delle quali però non si vuol far tesoro.
Qualcuno forse dirà che il ministro Bonafede ha però comunicato al Parlamento di avere «investito la maggior parte delle proprie energie puntando sul lavoro dei detenuti, come forma privilegiata di rieducazione». Arriviamo così al terzo punto, il lavoro. Ecco, su questo, possiamo con certezza affermare – perché i dati, anche degli anni passati, li abbiamo presi dal sito del Ministero – che questo sforzo del Governo ha prodotto una diminuzione delle già scarse opportunità di occupazione che ci sono in carcere. Con i governi Conte 1 e Conte 2 abbiamo infatti perso 1.554 posti di lavoro per i detenuti. Un successone. In tutto questo c’è da chiedersi quali responsabilità intenda assumersi il Partito Democratico che, pur facendo parte della compagine governativa, sembra aver appaltato al giustizialismo dei 5 stelle tanto la drammatica condizione della giustizia quanto quella delle nostre inumane carceri.
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