Giuseppe Conte ha confessato che i suoi governi non sono andati mai in vacanza. A ragione veduta: a giugno 2018 formazione del governo M5s e Lega con Conte presidente del Consiglio, ad agosto 2019 crisi del governo e a settembre 2019 costituzione dell’esecutivo M5s e Pd con Conte che resta presidente del Consiglio, a gennaio 2020 scoppio del Covid-19 che consolida il governo. Attualmente egli è occupato nella “Sfida all’OK Corral” con Matteo Renzi.
La sfida” fu tra i fratelli Earp e il doc Holliday da una parte e i cowboys dall’altra. Vinsero i primi con qualche perdita e morirono tutti i secondi. La situazione è imprevedibile anche perché entrambi i duellanti, Conte e Renzi, sono attraversati da un misto di insicurezza e di senso di onnipotenza, l’ipotesi più probabile però è quella che finirà pari e patta, con una distribuzione di ministeri e sottosegretari tra i partner di maggioranza. E una profonda revisione del Next Generation Eu, che Conte aveva elaborato in perfetta solitudine prescindendo perfino da Gualtieri. Sembra che nell’ultima versione vengano recepite proposte di Renzi efficaci per rilanciare la crescita. Infine, niente elezioni anticipate: patto di fine legislatura.
Se fosse stato per Matteo Renzi, il presidente sarebbe stato defenestrato, anche perché ha giocato troppo in proprio escludendo sia il senatore di Rignano che già di per sé è molto impaziente, sia il Pd che invece è troppo paziente. Del Partito Democratico, nella versione originaria della sua fondazione, ottobre 2007, resta ben poco. Due scissioni, quella dell’Articolo 1 del 25 febbraio 2017, e quella di Italia Viva di Matteo Renzi del 20 ottobre 2019, hanno trasfigurato l’immagine, la peculiarità, il ruolo e la funzione. Prima ci furono altre fuoriuscite, la più importante fu quella di Francesco Rutelli, segretario della Margherita e cofondatore del Pd, dopo due anni dalla sua costituzione.
Secondo il “Manifesto dei valori”, approvato il 16 febbraio 2008, «il Partito Democratico intende contribuire a costruire e consolidare in Europa e nel Mondo, un ampio campo riformista, europeista e di centrosinistra, operando in un rapporto organico con le principali forze socialiste, democratiche, progressiste e promuovendo l’azione comune».
Il dato di fatto è che il Pd, strada facendo, ha perso la peculiarità riformista, il ruolo di centrosinistra e la funzione di baricentro del sistema istituzionale, per inseguire Conte e un simil populismo, di cui Renzi, in verità, è stato l’apripista. Non avrebbe potuto essere diversamente, visto che ha perso lo zoccolo duro degli ex comunisti e quello liberaldemocratico, per dirla con la definizione che si danno i parlamentari di Italia Viva. Insomma, il Pd si è svestito dei suoi valori fondanti, aggrappandosi anima e corpo a Conte. Tant’è che il processo di cambiamento di pelle è avvenuto in modo più accentuato in questi mesi: molti esponenti del Pd, con il pretesto di difendere il presidente del Consiglio, sono, paradossalmente, più “contiani” dei 5S che l’hanno portato a Palazzo Chigi.
Il cosiddetto “contismo” ha cooptato alcuni esponenti di Pd e di Leu, i quali, nella presunzione di “educare” politicamente Conte, si sono fatti avviluppare nella sua rete di ragno. Strano a dirsi, l’istinto di sopravvivenza è la caratteristica del suo potere e, siccome del potere acquisito in modo imprevedibile ha conosciuto benefici politici e personali adesso, a ogni costo, vuole tenerselo stretto. Sembra quasi che la sua filosofia, quella della sopravvivenza a tutti i costi, sia forse una variante moderna e in formato ridotto dell’andreottismo. Al riguardo, la sua insistenza ad avere nelle proprie mani l’intelligence nazionale, apre molti interrogativi sul presente e ancor di più sul passato. Tuttavia, in base ai rumors la partita sarebbe persa, ma non è detto perché qualche recupero può esser fatto sul terreno degli organigrammi interni all’Aisi e all’Aise.
Di certo, i suoi sostenitori non sono degli sprovveduti e sanno quello che vogliono. Alcuni di questi, già hanno portato acqua al proprio mulino. Per esempio, Domenico Arcuri non nasce come Minerva dalla testa di Giove, ma il nome del commissario di tante cose gli è stato suggerito da chi non a caso si sta spendendo in modo esplicito a suo favore, ogni riferimento a Massimo D’Alema è intenzionale.
Comunque Giuseppe Conte che nasce in politica solo tre anni fa è uno studente di straordinaria capacità di apprendimento. Nel giro di un anno ha imparato l’arte della simulazione politica, del machiavellismo e sa muoversi tra Scilla e Cariddi tanto bene che è passato dal governo Conte più a destra della storia repubblicana a quello forse più a “sinistra”.
L’impolitico, chiamato all’inizio dell’avventura politica anche Chanche, il protagonista del film Oltre il giardino, è diventato tanto abile che fa manovre da Palazzo per togliere senatori a destra e a manca. Che se la sta giocando con Renzi, in questa commedia all’italiana, con qui pro quo tra i due duellanti, con il Pd diviso e sgomento, una sorta di convitato di pietra, alle prese tra favorevoli a Conte che si espongono in modo esplicito e contrari a Conte che si esprimono attraverso borbottii, mentre i 5Stelle stanno a guardare, oltretutto impegnati a leccarsi le lancinanti ferite interne, preoccupati di una campagna elettorale anticipata in cui ci sarebbero morti, feriti e dispersi.
A ben vedere, l’Avvocato del popolo ha smesso la toga e si è impossessato dell’antico linguaggio dei politici navigati, “langue de bois”, ovverosia lingua di legno per eccellenza, fatta di vaghezza, diffidenza e ambiguità. Per cui il professore di Volturara Appula, la sa lunga, come Pier delle Vigne – si fa per dire – anche lui meridionale, tiene “ambo le chiavi del cor” del Vaticano e dei post comunisti.
Conte si è trovato, a sua insaputa, presidente del Consiglio grazie ad Alfonso Bonafede che lo ha presentato a Luigi Di Maio che a sua volta lo ha presentato a Salvini che diede il suo placet. Di formazione democristiana, è stato elettore, ma non iscritto alla Dc e, dopo la scomparsa del partito di piazza del Gesù, negli anni successivi, è stato vicino al centrosinistra e poi simpatizzante del Pd.
Le leggende metropolitane dicono che debba molto al cardinale Achille Silvestrini, che è stato il suo mentore, e che era, peraltro, il dominus di villa Nazareth e guida spirituale della sinistra Dc ai tempi di Wojtyla. Villa Nazareth è stata la scuola dove ha studiato, che è una specie di oratorio in cui la Compagnia del Gesù ha una forte egemonia. Si dice che sia un mix di San Filippo Neri e di Sant’Ignazio di Loyola.
Sta di fatto che Conte ha forti entrature nei piani altissimi d’Oltretevere. Per via della carica di presidente, ha fatto nuove amicizie a livello internazionale, alcune buone come la Merkel, Macron, Sanchez, altre pessime come quella di Trump e per via indiretta con il ministro Barr, venuto in Italia per mettere in atto una manovra contro i democratici. E per questo sono stati fondamentali i servizi comandati proprio da Conte. Per questo poi Trump diede il suo endorsement a “Giuseppi”, nella formazione del Conte 2, ma oggi proprio questo rapporto è il suo tallone di Achille. Prova ne sia la sua dichiarazione del tutto insipida, senza alcuna condanna, nei confronti del presidente Usa, impegnato in una gravissima operazione eversiva, e artefice dell’invasione al Capitol Hill.
Invece il governo dovrà chiarire con quale parte del Mondo stare. Fino a ieri per Conte, “la Cina era vicina”. Oggi quella vicinanza non è più di bun auspicio.
Con Biden alla Casa Bianca, la geopolitica prenderà un’altra piega perché sarà possibile ricostruire i rapporti fra l’Unione europea e gli Stati Uniti. Questo è il ruolo storico fondamentale dell’Italia, forse su questo deve riflettere il Pd e forse per questo obiettivo Renzi può anche svolgere un ruolo significativo anche se viste una serie di battute di questi giorni lui rimane il peggiore nemico di sé stesso e rischia di passare dalla parte del torto anche quando ha ragione.

Fabrizio Cicchitto e Biagio Marzo

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