Matteo Renzi spariglia. Non lascia, «raddoppia», dice. E alla politica affianca una sfida giornalistica che ci riguarda direttamente. Sarà il senatore che ha inventato la Leopolda, guidato il Pd, conquistato Palazzo Chigi e fondato Italia Viva a dirigere Il Riformista a partire da maggio, mentre Piero Sansonetti dirigerà l’Unità: i due quotidiani del Gruppo Romeo saranno parallelamente in pista.

Due voci diverse, libere e indipendenti del centrosinistra e del mondo liblab, unite dalla sensibilità garantista e dall’attenzione al mondo dei diritti. Alfredo Romeo finalizza una operazione destinata a essere ricordata: «Oggi più che mai editoria e informazione sono capisaldi delle libertà e della democrazia. Nel panorama della stampa italiana ci sono ampi spazi da riempire, così, ho deciso di investire per aiutare a colmarli», dichiara. E precisa: «L’editoria difficilmente è un affare vantaggioso, ma non penso che il profitto possa essere l’unico scopo e l’unico interesse di un imprenditore». Certo, quella di avere un Renzi alla guida di una testata non è una notizia come un’altra e le reazioni, dagli auguri della premier Giorgia Meloni a quelli di Carlo Calenda, hanno coinvolto in primis la politica. Il quotidiano arancione festeggia il suo quarto anno di crescita mettendo alla guida della testata un Renzi deciso a dare il suo contributo a quella fabbrica delle idee riformiste da rilanciare. Classe 1975 e da sempre appassionato di informazione e nuovi media (ha scritto un libro su Google e uno su Twitter), Renzi ha dato vita lo scorso anno a Radio Leopolda, in breve arrivata a diventare l’emittente di riferimento di una vasta area politico-culturale.

La presentazione delle due novità, nuova Unità e nuovo Riformista all’Associazione Stampa Estera davanti a un centinaio di giornalisti e operatori dell’informazione. Sansonetti può dirsi soddisfatto, nel passargli il testimone: Il Riformista rinato con lui nel 2019 è entrato nelle classifiche dei 50 media più letti e influenti, e tra i parlamentari è al quarto posto come testata. Senza mai piegare la testa o mangiarsi una notizia, ha pubblicato inchieste e interviste che oltre ai lettori hanno portato a decine di querele. “Tutte di magistrati”, commenta con un filo di ironia Sansonetti: “Tra loro è difficile che si archivino”. Renzi chiarisce da subito che il garantismo rimane pietra angolare della testata. Il senatore prosegue: «Ho una passione vera con tutto ciò che ha a vedere con verità e viralità. Dopo la sconfitta referendaria l’unica cosa che dissi è che ‘stiamo entrando nell’era della post verità». E poi: «La verità del Riformista sta nel non essere col sovranismo di Giorgia Meloni né con la linea del Pd di Elly Schlein e del Movimento 5 stelle di Giuseppe Conte».

Matteo Renzi continua: «Non lascio ma raddoppio. Continuerò a fare il parlamentare, continuerò a fare opposizione e inizierò a fare questa operazione di verità con il Riformista. Non ci sarà posizione politica legata a vicende del Terzo Polo». «Ci saranno posizioni diverse rispetto a prima – continua Renzi – a partire dalla guerra in Ucraina. Il trait d’union con l’Unità è quello del garantismo radicale“. E poi indica i temi forti, le priorità: l’innovazione, le riforme, il nucleare. Con l’ambizione di “proporre un’agenda diversa” rispetto a quella dell’attuale dibattito e parlare «ai moderati del centrodestra e alle aree del Pd che non si riconoscono in Schlein». Matteo Renzi descrive così l’indirizzo che vorrà dare a Il Riformista, in una doppia veste di parlamentare e direttore che a chi storce la bocca, ricorda fu già di “Veltroni a L’Unità e di Sergio Mattarella al glorioso Il Popolo”.

La notizia arriva in mattinata, la annuncia un tweet del quotidiano, rilanciato poi da Renzi: «Siamo stati bravissimi a tenere il segreto», si diverte l’ex premier, rivelando che Giorgia Meloni «è stata la prima a saperlo: resto un suo fiero avversario, ma l’ho chiamata stamattina per dirglielo». Dunque prima anche di Carlo Calenda, che però «mi sembra entusiasta, ha già ritwittato… «Se rilancia un giornale sono contento – commenta il leader di Azione – Dopodichè non è il giornale del Terzo Polo e non rappresenterà la linea del Terzo Polo». L’idea di dirigere il giornale, scherza ancora Renzi, arriva da un insospettabile: «Non dirò mai il nome dell’autorevole parlamentare del Pd che ha suggerito a Sansonetti il mio nome per la direzione del Riformista, gli rovinerei la carriera politica… e non voglio rovinare la carriera di Gianni Cuperlo». L’obiettivo dunque è quello di parlare a quell’area che va «dai moderati ai liberali che non si riconoscono certo nella “sinistra radicale” di Elly Schlein. Lo spazio politico per il Terzo polo sono convinto che ci sia e sia ampio, penso che lo spazio del Riformista debba andare oltre il Terzo polo», chiosa Renzi.

Un obiettivo «in linea con la mia esperienza politica: non lascio ma raddoppio. Continuerò a fare il parlamentare dell’opposizione, continuerò a intervenire in Aula, continuerò a fare quello che facevo prima. Ma ci metto anche un’operazione che per me serve al Paese». In un ruolo singolare, considerando il rapporto con i giornalisti, segnato da numerose querele: “Non le ritiro”, afferma Renzi, “e ora semmai rischio di riceverle…”. E arriva anche una domanda sui rapporti con l’Arabia Saudita, patria del giornalista Kashoggi fatto barbaramente uccidere: «Il mio giudizio sul futuro dell’Arabia Saudita fu molto criticato, parlai di nuovo Rinascimento, se parliamo di geopolitica non ho alcun motivo per cambiare idea», rivendica Renzi. «Poi come in tanti altri Paesi non c’è un regime di libertà di informazione, come anche in alcuni Paesi d’Europa e io su questo ho sempre parlato nelle sedi opportune».

Non sono mancate le voci polemiche. Il M5S sentenzia prima ancora di poter valutare il lavoro del futuro direttore: «Renzi oggi ci fa sapere che assume la direzione del Riformista ma che non ha alcuna intenzione di lasciare il suo ruolo da parlamentare». Lavorare, e molto, sembra essere un argomento che preoccupa parecchio, da quelle parti. «È francamente preoccupante che un parlamentare in piena attività diriga contemporaneamente un quotidiano. Renzi non vede o fa finta di non vedere che ci sono ragioni di opportunità evidenti nell’assumere questo doppio incarico: la legge non lo vieta, ma che credibilità può avere un giornale diretto da un leader di partito? Qualsiasi parvenza di imparzialità della testata è totalmente compromessa, ma evidentemente per Renzi – abituato ai doppi incarichi fuori dal Parlamento – questo non è un problema», fanno sapere i capogruppo M5S in commissione Cultura alla Camera e al Senato, Anna Laura Orrico e Luca Pirondini. Esorbitante l’intemerata del direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana.

«Mi stupisce che Renzi voglia fare tremila mestieri e non l’unico per cui è stato eletto dal popolo italiano, che è quello di fare il senatore della Repubblica», dice lo stesso Fontana che ha lavorato all’Unità diretta dall’onorevole Macaluso, a quella diretta dall’onorevole Chiaromonte, a quella diretta dall’onorevole D’Alema e anche a quella diretta dall’onorevole Veltroni, adombrando che vi sia una qualche incompatibilità tra fare il senatore e dirigere un giornale. Gli risponde Vittorio Feltri: «Nessun conflitto di interessi, non esiste incompatibilità. Renzi sarà capace di farlo bene. Renzi è tutt’altro che stupido, a me piace molto. Certo, di puttanate nella vita ne ha fatte tante, specialmente in politica e, secondo me anche immeritatamente, è stato messo in un cantuccio. Ma io credo che saprà fare bene, almeno me lo auguro».

Diversa l’analisi di Vittorio Sgarbi, che vede nella direzione affidata a Renzi il progetto di una cucitura tra elettori (e lettori) liberali e riformisti: «Il Pd non smotta verso di lui, la Schlein è formidabile e chi è già dentro resta lì. Lui che pensava di recuperare i moderati non avrà altro che andare verso destra. Un tema che lui ha ereditato da Berlusconi è quello della giustizia. Il Riformista è un classico giornale che fa queste battaglie. Il suo problema è che non piace al popolo, che non vuole essere preso per il c..o. Per cui è bravissimo, ma gli è andata male per cui fare il direttore di un giornale può essere molto efficace per esprimere delle posizioni».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.