Matteo Renzi, la candidatura al parlamento europeo e le polemiche sulla compatibilità con le consulenze in giro per il mondo, a partire dall’Arabia Saudita. Sulla questione di opportunità, il senatore di Italia Viva ribadisce ancora una volta che “tutti gli anni mi fanno polemiche costantemente. Mi hanno accusato di aver preso soldi in modo illegittimo e poi la Corte Costituzionale, la corte di Cassazione, tutti ci hanno dato ragione”.

Poi aggiunge: “Mi hanno accusato di non andare al Parlamento Europeo perché dicevano Matteo non andrà mai al Parlamento Europeo perché lì sì che c’è una legislazione dura. Poi oggi scoprono che io rispetto la legislazione europea come rispetto la legislazione italiana”. L’ex premier, intervistato da TeleLombardia, replica alle polemiche lanciate da un articolo de Il Fatto Quotidiano che lo ha definito, insieme ad altri candidati, “impresentabile” alle prossime elezioni: “Continuerò a fare quello che ho sempre fatto perché alla faccia di quello che dite voi io ho sempre fatto le cose regolari”.

Sulla questione è intervenuto anche un portavoce del Parlamento europeo, non meglio precisato, interpellato dall’agenzia LaPresse. Interpellato sull’ipotesi che Matteo Renzi, in caso di elezione a europarlamentare, debba lasciare le sue consulenze in Arabia Saudita per un eventuale conflitto di interessi, il portavoce prova, con poco successo, a chiarire la vicenda. Sottolinea che il Parlamento europeo “non commenta i singoli casi”, ma fa notare che “in primo luogo è responsabilità dei deputati valutare l’esistenza di un interesse personale e se questo possa incidere sul loro rendimento in qualità di deputato al Parlamento europeo, e che qualsiasi conflitto di interessi esistente deve essere immediatamente affrontato dal deputato rispettando i principi e le disposizioni del Codice di condotta”.

Il portavoce ricorda il regolamento senza però entrare nello specifico o rimarcare presunte incongruenza tra l’attività di consulenza di Renzi e il ruolo di eurodeputato: “I deputati non devono impegnarsi in attività di lobbying professionale retribuito direttamente collegate al processo decisionale dell’Ue e devono attenersi ai principi generali e alle regole di condotta in materia di integrità e trasparenza stabiliti nel Regolamento del Parlamento europeo, rispettare le norme sui conflitti di interessi e seguire i principi guida nell’esercizio delle loro funzioni, come previsto dal Codice di autodisciplina”.

Poi affronta l’aspetto trasparenza. “Il Codice di condotta – aggiunte il portavoce all’agenzia LaPresse- obbliga i deputati a presentare, e ad aggiornare ogni qualvolta vi sia un cambiamento, una dichiarazione dettagliata degli interessi privati. Si tratta di una dichiarazione precisa, contenente informazioni su qualsiasi reddito o altro beneficio generato da qualsiasi attività o appartenenza retribuita esterna che possa avere un impatto diretto sul lavoro legislativo”.

 

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