A una settimana dagli Oscar Matteo Renzi, politico allergico al ruolo di attore non protagonista, attacca il governo in uno studio di Cinecittà. Ma il gabbiano stilizzato, simbolo post ideologico di Italia Viva, vola ancora a bassa quota (i sondaggi inchiodano la creatura dell’ex premier sotto il 5%) e non sferra il colpo che qualcuno attendeva: il ritiro della delegazione ministeriale dall’esecutivo di Giuseppe Conte e il passaggio di Iv alla formula molto ambigua dell’appoggio esterno. Certo, restano le grandi distanze, come sulla Prescrizione e la concessione di Autostrade, ma l’attuale premier può stare quasi sereno.
In libera uscita dalla rassicurante Leopolda, truppe di renziani si aggirano, un po’ confusi e un po’ divertiti, tra le colonne doriche, i templi sacri e le ville patrizie, turisti a spasso nel tempo nella Roma imperiale, ricostruita in un grande set che ha già ospitato la serie americana tutta sesso e sangue Roma e l’indimenticato Gladiatore di Ridley Scott.
In effetti il mini palco rosso-rosa-fluo vicinissimo alla platea dal quale Renzi apre la prima assemblea nazionale di Italia Viva somiglia a un’arena. Gli obiettivi di questo scontro gladiatorio sono il premier Giuseppe Conte “che non può essere il riferimento dei progressisti” e il Partito Democratico “che sta abbandonando il riformismo”, perché succube del Movimento 5 stelle. Renzi alza il tiro sulla Prescrizione, attacca il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e propone il “Lodo Annibali”, un sostanziale rinvio per posticipare gli effetti della riforma in attesa di un improbabile chiarimento.
Roberto Giachetti al Riformista dice che se gli altri della maggioranza non ci staranno, “si troverà una convergenza con il centrodestra, perché certi valori come il garantismo non vanno sacrificati in nome del governo”. Renzi elogia la vittoria in Emilia Romagna di Stefano Bonaccini, “un successo del buon governo più che delle mobilitazioni”, ridimensionando così il contributo delle sardine, non citate.
L’ex premier rilancia il piano Shock Italia, il mega investimento di 120 miliardi sulle opere pubbliche, e difende la sua linea sulla concessione di Autostrade, rilancia il Family Act e chiede meno tasse. Più un riepilogo di proposte già fatte e usate come manifesto identitario che non un nuovo contributo all’esecutivo. Ma il governo non rischia, perché Iv “è orgogliosa di stare al governo con Teresa Bellanova ed Elena Bonetti” e non trama per cambiare premier in corsa, semplicemente va pungolato ogni dì per “superare l’immobilismo” e “cambiare l’Italia”. La parola chiave nel discorso del leader è “riformismo”, il senso e la missione di Italia Viva, “ancora piccola ma che già detta l’agenda”.
Nel suo storytelling, incentrato su europeismo e garantismo, ma dotato di una spruzzata di femminismo, Renzi mette insieme Benedetto Croce, Danilo Dolci, Enzo Tortora, Marco Pannella, Marta Cartabia, Tony Blair, Roberto Burioni, Fabiola Giannotti, Federico Fellini e Kobe Bryant, un pantheon forse un po’ caotico. Praticamente tutti assoldati contro il “populismo”, nemico dichiarato della kermesse che invece propone il “buongoverno”.
Ma chi sono i populisti? La Lega di Matteo Salvini, certo, ma al Riformista il sempre franco Roberto Giachetti dice che anche il Pd di Nicola Zingaretti a furia di inseguire il M5s sta diventando populista. E quindi il solco profondo con gli ex compagni di partito, “ormai grillizzati” secondo diversi avventori. E l’ipotesi di un terzo polo, liberaldemocratico e riformista, con +Europa di Emma Bonino e Azione di Carlo Calenda.
Qualcuno storce il naso, una senatrice del sud teme l’abbraccio con gli europeisti della Bonino: “Sono troppo laicisti, ci allontanerebbero dal centro”. Un giovane sindaco teme il rischio da “Scelta Civica 2.0”. Un ex deputato prevede una convivenza difficile, con Italia Viva poi obbligata a fare valere voti e iscritti in un eterno braccio di ferro con le altre due formazioni liberal. Ma c’è anche l’entusiasmo di Filippo, palermitano: “Per me, liberale da una vita, una costituente liberaldemocratica con Bonino e Calenda sarebbe un grande ritorno a casa”. Giachetti ci dice che “Italia Viva, Azione e +Europa potrebbero essere il vero polo riformista, dato l’abbandono del campo da parte del Partito Democratico”.
Qualche dubbio, meno ideologico, serpeggia tra i campani e pugliesi: Iv, critica verso la ricandidatura del governatore Vincenzo De Luca, dovrebbe inventarsi un candidato e una coalizione in pochi mesi, mentre in Puglia viene già accusata dal Pd di favorire la vittoria di Raffaele Fitto, papabile candidato del centrodestra contro l’uscente democratico Michele Emiliano, qui un grande nemico.
Un po’ di tensione, prevalentemente sotterranea, riguarda lo scheletro organizzativo di cui il partito si dovrebbe dotare domani mattina. Va messo il condizionale perché non tutti sono al corrente del processo e soprattutto delle sue modalità. Si parla della nomina, per acclamazione, di due coordinatori per ogni provincia, un uomo e una donna. Ma diversi a microfono spento parlano di cooptazione, assenza di meritocrazia e mancata trasparenza, “a danno di quei comitati civici che di Italia Viva erano il fuoco e che adesso subiscono le solite cattive pratiche, ma così il partito perde lo spontaneismo e rischia di essere solo ceto politico”.
Probabilmente non si pongono il tema i tanti renziani della vecchia scuola che passeggiano e sussurrano tra le finte rovine romane, come il calabrese Gigi Meduri, l’emiliano Renzo Lusetti e il siciliano Nuccio Cusumano, politici vecchio stampo ed esperti navigatori d’acque agitate.
Matteo Renzi si concede un piccolo giro di folla (non oceanica, dati i circa 1500 accrediti dichiarati) all’ora di pranzo per un giro di selfie e inquadrature televisive tra le postazioni ristoro al centro della “piazza romana”. A qualcuno che per salutarlo abbandonava la sudata postazione in fila al bar, l’ex premier diceva “va bene tutto, ma così perdete la mortazza”.
Nel pomeriggio le ministre Teresa Bellanova ed Elena Bonetti tengono il punto sullo stare al governo ma “per fare le cose”. Luciano Nobili e Matteo Renzi presentano ospiti giocando a fare i presentatori di Sanremo. Il deputato Gennaro Migliore al Riformista assicura la convinzione di Italia Viva nello stare al governo, smentendo ogni ipotesi di appoggio esterno, mentre Roberto Gualtieri, ministro dell’Economia e neocandidato di Pd e Iv alle elezioni suppletive per il collegio alla Camera di Roma 1, difende la linea economica dell’esecutivo e rivendica il salvataggio dalla “tassa Salvini”. Ma soprattutto regala l’unico momento di virtuale riappacificazione tra Italia Viva e il Partito Democratico, sempre più lontani. Forse tra poco pure nemici. Intanto Federico, liceale romano, forse suggestionato dalla location, studia Cesare e Cicerone nella stanza d’ingresso, dove gli iscritti al partito on line possono vedersi stampare live le loro tessere, come i ragazzi i loro nomi e numeri preferiti sulle magliette di calcio al negozio sportivo. Il volo del gabbiano si destreggia tra modernità ed età imperiale.