E Meloni diventata melina
Renzi stampella del Pd, i militanti insorgono, Conte dà lezioni: la politica sempre più in down
Delusione per l’isolamento italiano in Europa. Il comando Nato Sud va alla Spagna. Strambata dei riformisti dem: a Bruxelles votano con Le Pen. E Renzi dice addio al centro: la sua base è in rivolta
La paralisi dei sistemi informatici si risolve in giornata. Quella del sistema politico no: richiede tempi lunghi. Maledettamente lunghi. I centristi dovevano provare a reinventare un polo riformista, liberaldemocratico e garantista. Fratelli d’Italia poteva cogliere l’occasione di avere il vento in poppa per reinventare una destra di governo moderna, europeista, moderata. Hanno provato a muovere i primi passi, entrambi, in quel fiume in piena che è la politica italiana. In mezzo al guado non si può stare a lungo. E viste le correnti impetuose, le incognite della traversata, ecco che entrambi tornano alla base di partenza. Il day after di quel 18 luglio che ha riscritto gli equilibri europei si presenta infatti con due ritorni: Matteo Renzi torna dalle parti del Pd, come caposcout che anima i giovani e vivacizza le feste. Giorgia Meloni rimette la vecchia maglia, torna a blandire ora Orban ora Le Pen, e a votare come loro. Peccato che il mondo intanto sia cambiato.
Meloni diventata melina
Il disappunto degli analisti per la decisione (di non decidere) di Giorgia Meloni è grande. Meloni ha fatto melina fino all’ultimo. Il politologo Lorenzo Castellani la mette così: «A questo punto non so quanto convenga sprecare un ministro “strategico” come Raffaele Fitto per la Commissione Europea. Per come è andata tutta la faccenda conviene mandare Lollobrigida». Le opposizioni hanno buon gioco nel tiro a alzo zero. Da Avs a +Europa, passando per 5 Stelle e Dem, tutti contestano a Meloni quello che Piero De Luca definisce «un gesto autolesionistico». Antonio Misiani, che del Pd è responsabile economico, colorisce: «Sui top jobs la premier italiana ha contato come il due di picche. Il gruppo Ecr, di cui fa parte FdI, ha perso pezzi. La maggioranza al Parlamento europeo si è allargata ai Verdi. E la von der Leyen guiderà nuovamente la Commissione, con buona pace dei brillanti strateghi della destra italiana. Dovevano spezzare le reni a Bruxelles. Tornano in Italia con un pugno di mosche. Isolati e ininfluenti».
Sfuma anche la Nato
Anche perché se in Europa il governo rischia di finire isolato, non meglio sembra andare per la nuova posizione apicale Nato, quella dell’inviato speciale per il Sud. Il governo ci aveva fatto la bocca: si era parlato di Guido Crosetto e di Roberto Cingolani. Altro buco nell’acqua. Quel posto andrà alla Spagna, in particolare a Javier Colomina, vicesegretario generale aggiunto per gli Affari politici e la Politica di sicurezza e Rappresentante speciale del Segretario generale della Nato per il Caucaso e l’Asia centrale.
In una lettera datata 17 luglio, stando a uno scoop del Foglio, il rappresentante permanente presso la Nato, l’ambasciatore Marco Peronaci, che evidentemente prende atto della decisione, invia una lettera di protesta al segretario generale Jens Stoltenberg che “le autorità italiane hanno appreso la tempistica di tale decisione con grande sorpresa e disappunto” perché “per essere efficace la politica della NATO sul sud ha bisogno di un approccio rinnovato, non di un rebranding”.
Pd, brutta prima prova
Inaugura i lavori il nuovo Europarlamento. Si mettono in votazione i documenti sull’Ucraina, con una risoluzione (non vincolante) sull’autorizzazione per usare in Ucraina le armi europee anche verso obiettivi al di fuori del territorio ucraino. L’indicazione del gruppo Socialisti e Democratici è a favore. Il Pd vota contro. Con due eccezioni: Pina Picierno e Elisabetta Gualmini, che si sono astenute. La nutrita pattuglia dei riformisti? Non pervenuta. Gori, Bonaccini, Ricci si sono accodati al voto di Marco Tarquinio. E hanno messo i loro nomi, nel report della votazione, insieme a quelli dei lepenisti e di Orban. Una prima prova non brillantissima.
Italia Viva stampella del Pd
Matteo Renzi sul Corriere della Sera anticipa le conclusioni del congresso che aveva annunciato. Decide – e proclama – che la nuova linea di Italia Viva è a sinistra, a fare da sostegno moderato al partitone che la guida, il Pd. «Il Paese è molto più affezionato al bipolarismo di quanto lo siamo stati noi». Renzi detta anche la necessità di costruire un parallelismo perfetto, contro il centrodestra, come il centrodestra: una coalizione di soggetti anche ben distinti tra loro che esprimano come presidente del consiglio il leader del partito più votato. Quello che nel 2018 sarebbe stato il M5S e che nel futuro sarà il Pd di Elly Schlein.
I renziani sono sorpresi, presi alla sprovvista (ma il Riformista aveva parlato della “tentazione Margherita” trentacinque giorni prima, prendendosi per questo gli insulti di qualche fan sui social). Insorge Luigi Marattin: «Dopo la pesante sconfitta del 8-9 giugno, Matteo Renzi aveva annunciato un Congresso di Italia Viva per fare due cose: scegliere la linea politica (tra ‘Margherita 2.0’ e ‘nuovo Terzo Polo’) e, cosa molto meno importante, per scegliere il nuovo presidente nazionale. Poco più di un mese dopo, leggiamo sui giornali che la prospettiva pare essere cambiata: a compiere la scelta più importante dalla nascita di IV (cioè quale collocazione politica avere) non saranno gli iscritti ma l’Assemblea Nazionale, i cui membri sono tutti nominati da Matteo. Il quale, a differenza di quanto detto pochi giorni fa in un’intervista, la sua scelta a questo punto l’ha fatta: il futuro di IV è fare il ‘bilanciamento riformista’ di chi vuole la patrimoniale, uscire dalla Nato, abolire il Jobs Act, ecc», protesta il deputato di Iv Luigi Marattin, contrario a quello che definisce «un Campo largo da Conte a Fratoianni».
I militanti insorgono
Non sempre la base manda giù tutto come viene. Perfino nella fan base di Matteo Renzi, usa a obbedir tacendo, partono focolai di rivolta. Delle centinaia di commenti che si possono trovare in rete, prendiamo quello di Caterina Coppola, giovane attivista che ha coordinato i tavoli della scuola di politica renziana, dà il suo addio ai ‘vivaci’: “In questi anni ho sostenuto Italia Viva perché credevo fosse alternativa alla sinistra. Se si alleerà con personaggi come Schlein, Conte, Fratoianni, Bonelli, Salis etc, sarò felice di votare altro. Che senso ha l’alternativa alla destra se la destra è meglio dell’alternativa?” E un’altra militante, Maria Carmen: “Egregio Sen.Renzi, ho creduto in Lei segretario del PD, ho votato Si al referendum, l’ho seguita in IV, l’ho seguita nel Terzo Polo, l’ho votata negli Stati Uniti d’Europa. Adesso con Fratoianni e Conte per me è impossibile seguirla. Seguo solamente la politica che mi appassiona”.
Conte a Renzi: non sei serio
Perfino Conte può pretendere di dare lezioni a Renzi. È tutto dire. «Negli ultimi anni Matteo Renzi si è vantato sempre di aver mandato a casa il governo Conte in piena pandemia e dice che l’unica cosa che ho fatto di buono è questa e oggi che fa? Dice che Conte è interlocutore privilegiato? Per noi di M5S la politica è una cosa seria…». E a chi gli chiedeva se fosse un veto, ha risposto ribadendo: «È una cosa seria».
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