Il caso
Resti della figlia scomparsi dal cimitero, giudice condanna i genitori (che chiedevano risarcimento…)
«Il sentimento di pietà per i defunti, inteso quale diritto soggettivo degli attori ad esercitare il culto dei propri morti, non è di necessità automaticamente leso». Così i giudici della sezione civile della Corte di appello di Napoli hanno respinto il ricorso presentato da una coppia di coniugi di Pozzuoli che nel 2003 perse la figlioletta a poche ore dal parto e poche settimane dopo scoprì che i resti della piccola erano spariti dal cimitero della cittadina flegrea.
In questi 17 anni i due genitori hanno cercato di avere giustizia, ritenendo di non doversi rassegnare al fatto di non avere una tomba per la loro bambina, e mai avrebbero pensato che a essere condannati sarebbero stati proprio loro: ebbene sì, i giudici li hanno condannati a pagare 9mila di spese legali in favore del Comune di Pozzuoli. «È allucinante», tuona l’avvocato Angelo Pisani che assiste la coppia, annunciando ricorso in Cassazione e alla Corte europea dei diritti dell’uomo. «Scriveremo anche a Papa Francesco», annuncia il legale.
La vicenda sembra destinata a diventare un caso. Nei motivi della decisione i giudici sostengono che «i genitori potrebbero pur sempre continuare a praticare i riti tipici del culto dei defunti, contraddistinto da una spiritualità che si esprime in larga parte in preghiere, ricordi, pensieri, commozioni. Detti sentimenti non di necessità debbono mutare sol perché non vi è l’assoluta certezza che nella fossa contrassegnata dal numero o in area cimiteriale vicina a quella fossa vi siano i resti del feto comunque destinati a rapidissima distruzione per consunzione», si legge in uno dei passaggi della sentenza che la difesa dei coniugi è intenzionata a impugnare. «La legge 30 marzo 2001, numero 134, ad esempio – continuano i giudici – consente, in presenza di determinati presupposti, la dispersione delle ceneri dei cadaveri anche in mare, nei laghi e nei fiumi». Come a dire che la tomba non è necessaria. «In dottrina – si legge ancora nella sentenza – è stato osservato come in tali casi i congiunti eserciteranno pur sempre il culto dei loro cari defunti, le cui ceneri sono state disperse, invece che davanti a una tomba, con altre modalità ma certamente i loro sentimenti non cambieranno, rimarranno pur sempre i ricordi, i pensieri, le commozioni».
I genitori di Pozzuoli, però, non avevano scelto di cremare la loro piccola e disperderne le ceneri in mare o altrove: avevano scelto di darle sepoltura in cimitero. Infatti, quando a luglio 2003 la piccola morì, il papà della neonata si recò personalmente al cimitero di Pozzuoli, consegnando tutti i documenti al personale amministrativo e il feretro agli operai inumatori. Fu assegnato un numero alla fossa e lì avvenne la sepoltura a cui il papà della piccola assistette assieme a un cognato. A poche settimane dalla tragedia, sulla tomba della piccola i due genitori notarono la presenza di fiori freschi diversi da quelli che abitualmente portavano e fu così che scoprirono che dinanzi alla stessa tomba pregava un’altra mamma che aveva prematuramente perso il suo bambino. Scattò quindi un’indagine e dalle verifiche emerse che nella fossa non erano più presenti i resti della figlia della coppia di Pozzuoli, ma solo quelli dell’altro bambino.
«Tale incresciosa situazione era senza dubbio conseguenza diretta e immediata di un errore esclusivo del personale addetto ai servizi del cimitero di Pozzuoli che per negligenza, omissioni e gravi superficialità organizzative – si legge nel passaggio della sentenza in cui si ricostruiscono i fatti – aveva omesso di annotare le operazioni di sepoltura determinando la sepoltura di un altro bambino nella stessa fossa». In sede penale l’indagine fu archiviata per assenza del dolo. E per i genitori della piccola non ci sarà alcun ristoro, nessun diritto e nessun risarcimento per il danno subìto. Anzi, la sentenza dell’altro giorno in sede civile ha stabilito che quei genitori debbano pagare tutte le spese del processo e piangere la loro piccola a casa loro o dove vogliono, ma non al cimitero.
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