I negoziati
Revisione del bilancio e riforma del patto di Stabilità, le ore calde di Bruxelles
Sono ore di pesanti discussioni a Bruxelles. I diplomatici europei sono al lavoro per trovare un compromesso sull’aumento del bilancio dell’Unione europea e soprattutto sulle politiche fiscali.
La revisione del bilancio
La proposta della Commissione sulla revisione del bilancio pluriennale prevedeva un aumento di quasi 100 miliardi di euro, di cui 33 di prestiti. Un incremento in cui sono contati anche i 50 miliardi da destinare all’Ucraina. Ma i malumori su queste cifre da parte di diversi Paesi – non per l’aiuto a Kiev, su cui il veto è solo dell’Ungheria – hanno costretto la presidenza spagnola del Consiglio dell’Ue a provare una mediazione. Secondo le indiscrezioni, nell’ultima bozza l’aumento del bilancio si attesterebbe a 74 miliardi di euro, con un taglio di circa 25 miliardi rispetto alla proposta avanzata a giugno dalla Commissione. Una sforbiciata sui contributi nazionali e un riallocamento delle risorse inutilizzate, come richiesto soprattutto dai ‘frugali’. È un tentativo di avvicinare le parti, per cercare di strappare un accordo entro il 2023, ancora meglio se prima del Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre. Ma ancora non è abbastanza, per questo si tratta ad oltranza.
Il patto di Stabilità
Nel frattempo oggi va in scena la riunione dell’Ecofin, preceduta ieri da una cena di lavoro informale prolungata lungo la notte. Sul piatto, oltre al cibo, era presente il Patto di stabilità, o meglio la sua discussa riforma. A trattare, come spesso accade, sono da una parte gli Stati del nord, con Germania e Paesi Bassi in testa, e dall’altra i Paesi meridionali, in primis l’Italia. Per la Commissione, secondo cui comunque le condizioni per i Paesi rimangono quelle dei Trattati (il deficit al massimo al 3% del Pil e il debito al 60% sempre del Pil), i membri più indebitati dovrebbero ridurre ogni anno il debito di almeno l’1% del proprio prodotto interno lordo. E nell’ultima bozza si è arrivati a una versione in cui le capitali con un debito maggiore al 60% del Pil devono mantenere i loro deficit annuali all’1,5%, nel momento in cui il loro debito inizia a calare. Una via di mezzo tra il 2 voluto dalla Germania e l’1 di Italia e Francia. Passi avanti graditi soprattutto alla Germania, rappresentata dal ministro delle Finanze, il falco Christian Lindner in cerca di successi esterni. La linea di Berlino, nonostante il caos interno dovuto alla legge di bilancio slittata nel 2024, è quella del rigore ma – vista la crisi tedesca – potrebbe non essere più quella dominante. Italia e Francia sono pronte a sfruttare il momento.
© Riproduzione riservata