Mentre in Libano si lavora ad una tregua, con la proposta statunitense di cessate il fuoco consegnata al presidente del Parlamento Nabih Berri e la successiva risposta recapitata all’inviato americano Amos Hochstein, a Riad sono state poste le basi per una pace solida e duratura per tutta la regione mediorientale. Non basta infatti che Berri si dica “ottimista sul fatto che un cessate il fuoco sarà raggiunto entro giorni o una settimana”.  Dopo la tregua è necessario ripartire dal lavoro svolto dall’amministrazione di Donald Trump con gli Accordi di Abramo, allargandoli a tutti i paesi del mondo arabo e islamico. Per questo è stata quanto mai tempestiva e lungimirante l’operazione condotta dall’erede al trono saudita, principe Mohammed Bin Salman, che l’11 novembre ha convocato a Riad un vertice straordinario arabo islamico per discutere dell’offensiva israeliana sul Libano e su Gaza.

Secondo quanto ha spiegato il noto giornalista saudita Mishary Al-Dhaidi in un editoriale apparso sul giornale “Asharq al-Awsat”, questo summit “ha rappresentato un cambiamento importante nella creazione di una posizione internazionale per porre fine alla guerra e avviare la pace nella regione del Medio Oriente”. L’obiettivo era quello di “creare una posizione araba e islamica e un sostegno africano per porre fine alla guerra e spostare questa stagnazione temporale e evitare un futuro spaventoso”. Si sottolinea infatti come nel suo discorso al vertice arabo-islamico di Riad, il principe ereditario e primo ministro saudita abbia sottolineato “la centralità della questione palestinese” e abbia spiegato come “i paesi amanti della pace sono stati esortati a riconoscere lo Stato della Palestina”.

Mohammed bin Salman ha spiegato che “ci siamo mobilitati per l’incontro internazionale a sostegno dei diritti del popolo palestinese, espressi nelle risoluzioni dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che descrivono la Palestina come idonea a diventare membro a pieno titolo del delle Nazioni Unite e chiedendo la fine dell’occupazione illegale israeliana dei territori palestinesi”, e come “abbiamo lanciato la coalizione internazionale per attuare la soluzione dei due Stati in collaborazione con l’Unione Europea e il Regno di Norvegia, che di recente ha ospitato il suo primo incontro e invitiamo il resto dei paesi a unirsi a questa alleanza”. Per l’analista saudita quindi “non c’è via di fuga dal percorso del dialogo e dal percorso della politica. In fin dei conti, la storia di Palestina, Libano, Iran e Israele è una storia politica e un dilemma culturale. L’israeliano non potrà eliminare il palestinese e il palestinese non potrà cancellare l’israeliano, perché i due popoli sono destinati ad essere vicini”.

Il meeting dell’11 novembre arriva un anno dopo un incontro simile a Riad promosso dalla Lega araba con sede al Cairo e dall’Organizzazione per la cooperazione islamica (Oic) con sede a Gedda, durante il quale i leader hanno condannato le azioni delle forze israeliane a Gaza. Hanno partecipato questa volta al summit i 57 membri dell’Oic e i 22 membri della Lega Araba, inclusi paesi che riconoscono Israele e altri fermamente contrari alla sua integrazione regionale. In sintesi, il vertice ha mostrato una posizione unitaria nel condannare le azioni israeliane e nel chiedere una soluzione pacifica basata sulla creazione di uno Stato palestinese. I leader dei paesi arabi e musulmani che hanno partecipato hanno rilasciato una dichiarazione conclusiva in cui hanno affermato l’importanza della causa palestinese e ai suoi sforzi per ottenere i propri legittimi e inalienabili diritti nazionali.

Nel documento finale si sottolinea in particolare il diritto alla libertà e a uno Stato indipendente e sovrano con la sua capitale che è Gerusalemme Est. Si dice che i rifugiati hanno diritto al ritorno e a un risarcimento nei territori del 1967. Si ribadisce l’identità araba e islamica di Gerusalemme Est, la solidarietà nel tutelare e difendere la santità dei luoghi santi islamici e cristiani ivi contenuti. Si ribadisce anche il sostegno alla Repubblica libanese, alla sua sicurezza e stabilità. Al termine dei lavori del vertice il ministro degli Esteri saudita, il principe Faisal bin Farhan, ha affermato che tenere il summit arabo e islamico a Riad riflette il sincero desiderio dei partecipanti di continuare gli sforzi volti a porre fine alle guerre di Israele a Gaza e in Libano. Ha anche ribadito che il summit sostiene la soluzione dei due stati come unica opzione per raggiungere una pace giusta e duratura per risolvere il conflitto israelo-palestinese.

Massimiliano Boccolini

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