La situazione legata al futuro dell’ex Ilva di Taranto rappresenta una delle sfide più complesse e delicate per il governo italiano e l’intera industria siderurgica europea. Il percorso di riconversione dell’impianto, uno dei più grandi d’Europa, è al centro di una vera e propria partita internazionale, con interessi che coinvolgono attori nazionali e internazionali, vincoli ambientali sempre più stringenti, e questioni economiche legate all’energia e al lavoro. La fase preliminare della gara per la gestione dell’ex Ilva si è conclusa il 20 settembre con la presentazione di 15 manifestazioni d’interesse, ma le dinamiche potrebbero cambiare nei prossimi mesi. Secondo quanto dichiarato dal ministro delle imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, è infatti possibile che altri attori si uniscano o che i partecipanti già in corsa rivedano le loro strategie.

La prossima fase prevede che le aziende possano accedere a maggiori informazioni per elaborare piani industriali, finanziari, ambientali e occupazionali dettagliati. Uno degli aspetti chiave della vicenda è rappresentato dalla necessità di coniugare la ripresa della produzione con le stringenti normative ambientali europee. Entro il 2026, infatti, la produzione basata sugli altoforni sarà considerata anti-economica, spingendo le aziende a optare per la conversione al forno elettrico, che permettono una produzione caratterizzata da minori emissioni di CO2 ma comportano sfide tecnologiche e strutturali significative. La conversione agli impianti elettrici non è infatti priva di conseguenze. Da un lato, essa pone il problema dell’approvvigionamento delle materie prime necessarie, come il preridotto da fonte rinnovabile, che scarseggerà a livello europeo, compromettendo la capacità produttiva nel momento in cui anche la Germania abbandonerà progressivamente l’altoforno. Dall’altro, ridurre il ricorso agli altoforni potrebbe determinare una riduzione dei posti di lavoro, dato che l’acciaieria a forno elettrico richiederà meno manodopera rispetto all’altoforno.

Altro aspetto critico è rappresentato dai costi energetici. La produzione di acciaio tramite forno elettrico, infatti, richiede un significativo apporto energetico, il che pone la questione della convenienza economica in un contesto di prezzi dell’energia che proprio negli ultimi mesi sono tornati a crescere. Le aziende potenzialmente interessate all’acquisto dell’ex Ilva potrebbero esercitare pressioni sul governo per ottenere sussidi energetici o condizioni più favorevoli rispetto a quelle attualmente in vigore, con l’obiettivo di rendere sostenibile la produzione nel medio-lungo termine. È quindi necessario che il Governo italiano lavori per livellare le condizioni di mercato e supportare le imprese siderurgiche in questo delicato processo di transizione.

Ma occorre anche chiarire bene che cosa si intende per strategico. L’ottenimento di ulteriori sussidi dopo le numerose misure protezionistiche già approvate in questi anni dalla Ue a favore della siderurgia (misure salvaguardia, dazi anti dumping e anti circumvention, e dal 2026 anche la CBAM) dovrebbero arrivare a fronte di un impegno a produrre acciai di estrema importanza per il sistema Paese come gli acciai per il comparto della Difesa. La sfida non è solo economica o ambientale, ma anche strategica. Gli attori in gioco non provengono solo dall’Italia, ma da paesi come l’India e l’Ucraina, e la decisione finale su chi rileverà l’ex Ilva influenzerà anche gli equilibri geopolitici del settore siderurgico. La possibilità che si arrivi a una vendita frazionata degli asset dell’ex Ilva è concreta, dato che alcune aziende hanno già espresso interesse solo per determinate parti del complesso industriale. Questa frammentazione della vendita potrebbe essere una soluzione per attrarre più investitori, ma comporterebbe anche la necessità di una gestione coordinata tra i diversi acquirenti.

In questo scenario complesso, il ruolo del Governo italiano sarà dunque cruciale. Sarà necessario elaborare una strategia che tenga conto non solo delle esigenze immediate, ma anche degli sviluppi a lungo termine dell’industria siderurgica europea. Il tema dell’energia, dei vincoli ambientali, dell’occupazione e delle necessità della Difesa sono tutti intrecciati, e richiederanno un approccio integrato e lungimirante. Il governo dovrà anche negoziare con l’Unione Europea per ottenere più tempo e flessibilità nella transizione verso una produzione siderurgica sostenibile, facendo leva sul fatto che l’Italia è già un leader nella produzione di acciaio tramite forni elettrici. L’obiettivo finale è trasformare l’ex Ilva nel più grande sito siderurgico green d’Europa, ma questo potrà avvenire solo attraverso un processo ben gestito che sappia bilanciare le diverse forze in campo e garantire un futuro sostenibile e competitivo per la siderurgia italiana. Per concludere, la gestione del dossier Ilva rappresenta un vero e proprio banco di prova sulla visione strategica di politica industriale del Governo.