Gli spari, l'abbordaggio, l'intervento della Marina Militare
Rientra il peschereccio Aliseo, il comandante ferito dai libici: “Vivo per miracolo”

È arrivato al porto di Mazara del Vallo il peschereccio Aliseo, attaccato a colpi di arma da fuoco giovedì scorso a nord della costa di Tripoli, in acque internazionali, all’interno della Zona di protezione libica. A bordo i sette uomini dell’equipaggio e Giuseppe Giacalone, il comandante rimasto lievemente ferito a un braccio e alla testa dai colpi esplosi dalla Guardia Costiera di Tripoli. Si considera vivo per miracolo. A scortare il peschereccio, rientrato intorno alle 8:00, una motovedetta della Guardia Costiera. A soccorrere immediatamente i pescatori la fregata Libeccio della Marina Militare Italiana e un elicottero.
“Soltanto Dio ci ha aiutato – ha raccontato in viaggio, via radio, Giacalone a Il Corriere della Sera – Erano le 14:00 quando tutto è successo: mentre eravamo in navigazione verso Nord-Est ci ha avvicinato una motovedetta libica e ha iniziato a sparare. I colpi ci hanno raggiunto e i vetri della plancia sono andati in frantumi”. In un video girato da una telecamera a bordo del peschereccio si vedono i libici abbordare il peschereccio nel tentativo di sequestrarlo. Un tentativo fallito per l’intervento della Marina Militare.
Ad accogliere il peschereccio il sindaco di Mazara del Vallo Salvatore Quinci e il Vescovo di Mazara Domenico Mogavero oltre ai familiari dei marittimi. I carabinieri della Scientifica di Trapani a bordo per i rilievi dopo che la Procura di Roma ha aperto un fascicolo sull’assalto delegando le indagini ai militari del Ros. “Questa vicenda dimostra che c’è un pezzo di Guardia libica che non risponde al governo. Chiediamo al governo italiano un gran lavoro di diplomazia affinché anche la nostra marineria nel Mediterraneo abbia la giusta sicurezza”, ha detto il sindaco che in settimana incontrerà il ministro della Difesa Lorenzo Guerini e la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese per riferire sulla situazione.
Tra i familiari anche il figlio di Giacalone, Alessandro, armatore dell’imbarcazione, e fratello di Giacomo, tra i pescatori sequestrati per oltre cento giorni in Libia e liberati soltanto a settembre dopo un viaggio e un incontro dell’ex Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e del ministro degli Esteri Luigi Di Maio con il generale Khalifa Haftar. Un precedente che ha cambiato l’atteggiamento dell’Italia, sulla questione. Come scrive Il Foglio l’abbordaggio sarebbe finito con un sequestro se non fosse intervenuta la Marina Militare, e lo stesso sarebbe successo con un episodio analago avvenuto lunedì 3 maggio.
La Guardia Costiera libica – generico per intendere quattro entità diverse che controllano quattro diversi tratti di costa – ha ammesso di aver esploso colpi in aria. Colpi di avvertimento. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha definito “quelle acque pericolose e proibite. Noi sconsigliamo di andarci, non da qualche mese ma da dieci anni”. L’armatore del peschereccio insiste: quelle acque sono internazionali e abbiamo il diritto di pescare.
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