La mozione all'assemblea ANM
Riforma della Giustizia, i magistrati proclamano lo sciopero: “Siamo costretti per essere ascoltati”
Il Presidente dell’Anm (Associazione Nazionale Magistrati) Giuseppe Santalucia ha spiegato che “non siamo contrari alle riforme ma vogliamo una buona legge”. E perciò contro la Riforma della Giustizia della ministra Marta Cartabia i magistrati sciopereranno per un giorno. Il Sì alla giornata di protesta è arrivato oggi dopo il voto dell’assemblea generale dell’Associazione a Roma. I magistrati ci tengono però a precisare che “non scioperiamo per protestare ma per essere ascoltati”. La mozione unitaria è stata approvata a maggioranza da 1.423 votanti. In tutto i magistrati sono poco meno di 10mila, il 96% dei quali iscritti all’ANM.
La riforma dell’ordinamento giudiziario è passata alla Camera e sarà all’esame del Senato. La data dello sciopero sarà decisa dalla giunta esecutiva centrale dell’ANM. L’assemblea è durata otto ore. La mozione unitaria è stata votata da 1.081 voti favorevoli, 169 contrari e 13 astenuti. Non sono escluse ulteriori forme di protesta se non ci saranno aperture alla categoria. L’assemblea delega la Giunta dell’Anm a “individuare tempestivamente la data e le concrete modalità organizzative, tenendo conto dello sviluppo dei lavori parlamentari in corso”. Assente la Guardasigilli Cartabia, presente il suo cabo gabinetto Raffaele Piccirillo.
La mozione
“La Magistratura tutta, che si riconosce nell’Anm vuole denunciare pubblicamente che la riforma in discussione al Parlamento non accorcerà di un giorno la durata dei processi, ma cambierà radicalmente la figura del magistrato, in contrasto con quello che prevede la Costituzione”, si legge nella mozione. Il Paese “ha bisogno di recuperare fiducia nella magistratura, ma per ottenere ciò serve una riforma che attui veramente l’articolo 107 della Costituzione, secondo il quale i magistrati si distinguono fra loro soltanto per le funzioni e che affermi chiaramente che non devono esistere carriere in magistratura. Invece questa riforma, continuando l’opera intrapresa dalla riforma Castelli-Mastella, rende gerarchicamente ordinati anche gli uffici giudicanti, crea una magistratura alta e una bassa, e aumenterà quell’ansia di carriera che tanto danno ha già fatto, e continuerà a fare“. Inoltre, aggiunge l’Anm, “il Paese ha bisogno di magistrati che vengano valutati per la qualità del loro lavoro, e non soltanto per la quantità, di magistrati che si concentrino solo sulle decisioni che devono prendere, non sugli adempimenti burocratici e nemmeno sulle loro carriere, di magistrati liberi di giudicare serenamente, seguendo solo la loro coscienza, non di giudici impauriti delle ripercussioni personali delle loro decisioni”. Quanto ai pm il Paese, si legge nella mozione, “non ha bisogno di avvocati dell’accusa. Non ha bisogno di pubblici ministeri che sentono una condanna come una vittoria e un’assoluzione come una sconfitta, ma di pubblici ministeri che cercano la verità con fatica e umiltà, insieme a tutti gli altri protagonisti del processo”.
Il comitato direttivo centrale viene delegato, “qualora non vi fossero modifiche idonee ad elidere le criticità del progetto di riforma, a prevedere tempestivamente nuove forme di protesta, non esclusa l’astensione“. Durante la giornata di sciopero si terranno “assemblee aperte” a rappresentanti delle istituzioni e ai cittadini. La dichiarazione-manifesto della mobilitazione: “Non scioperiamo per protestare, ma per essere ascoltati, non scioperiamo contro le riforme, ma per far comprendere, dal nostro punto di vista, di quali riforme della magistratura il Paese ha veramente bisogno“. E ancora: “Per questa idea di Paese ci troviamo costretti a scioperare, per questa idea della Magistratura, che non è solo nostra, ma è quella contenuta nella nostra splendida Costituzione”.
Il Presidente Santalucia
Per il Presidente Santalucia lo sciopero “sarà un modo per comunicare le ragioni del dissenso, non un modo per protestare contro una legge in fieri – ha dichiarato a Lapresse – Noi non possiamo pensare che la discussione si sia chiusa. Vogliamo la riforma, si tratta solo di correggere alcune strutture. Lavoreremo per questo e chiediamo al Senato di riflettere su alcuni aspetti. Speriamo ci sia ancora tempo e per questo ci stiamo impegnando”.
“Una riforma permeata da logiche aziendalistiche, che mira all’efficienza e pensa ai tribunali come a catene di montaggio, che forniscono, possibilmente in tempi rapidi, un prodotto, poco importa se sia o meno di qualità”, aveva lamentato nel suo intervento durante l’assemblea il segretario generale Salvatore Casciaro. “Una riforma che altera profondamente il modello costituzionale di giudice. Si istituisce un fascicolo delle performance che raccoglie lo sviluppo processuale delle pratiche, quasi uno screening periodico. La logica di fondo, ben illustrata dal Comitato direttivo centrale del 19 aprile scorso, è che il processo sia una ‘gara’ da vincere, che ogni riforma di sentenza, o il rigetto dell’istanza cautelare del pm, valga come una sconfitta, un punto in meno per il magistrato ‘sconfessato’ che sarà d’ora in poi plausibilmente meno sereno, propenso magari a conformarsi alle decisioni dei giudici dei gradi superiori e maggiormente incline al conformismo giudiziario se non addirittura orientato a ripiegare verso pratiche di giurisprudenza difensiva. Si disegna una rigida separazione delle funzioni che camuffa, a ben vedere, una separazione delle carriere”.
La riforma
Il via libera a Montecitorio era arrivato lo scorso martedì 26 aprile: 328 voti a favore, 41 contrari e 25 astensioni. Astenuti i deputati di Italia Viva. Hanno votato a favore Pd, M5s, Leu, Lega, Forza Italia, Coraggio Italia, Azione-Più Europa e NcI. Hanno votato contro FdI e Alternativa. Astenuta anche Europa verde. La riforma – che contiene le norme per la riorganizzazione, l’eleggibilità, il ricollocamento in ruolo dei magistrati e per il funzionamento del Csm – ora passerà a Palazzo Madama.
Il ddl delega prevede l’aumento a 30 consiglieri (20 togati e 10 laici) con un meccanismo fondamentalmente maggioritario con collegi binominali e un recupero proporzionale che per i giudici prevede una distribuzione proporzionale di 5 seggi a livello nazionale per i pubblici ministeri il recupero di un miglior terzo. I collegi saranno determinati con decreto del ministero della Giustizia.
Non sono ammesse liste: ciascun candidato può presentarsi liberamente anche nel suo distretto. In ogni collegio binominale devono esserci minimo sei candidati, tre del genere meno rappresentato. Se questi requisiti non sono rispettati si può procedere per sorteggio. Per gli incarichi direttivi e semidiretti del Consiglio Superiore si procederà per ordine cronologico. Obbligatorie le audizioni dei candidati per favorire un confronto migliore dei rispettivi profili.
Al debutto un fascicolo personale per valutare l’attività svolta dal magistrato. Introdotto inoltre il divieto di svolgere nello stesso tempo funzioni di giudice o pm e ricoprire cariche elettive, sia locali sia nazionali. E poi lo stop alle porte girevoli. I magistrati che hanno coperto cariche elettive di qualsiasi tipo al termine del mandato non possono più tornare in magistratura: verranno collocati fuori ruolo nelle amministrazioni pubbliche. I magistrati candidati ma non eletti non potranno, per tre anni, tornare a lavorare nella Regione che comprende la circoscrizione elettorale dove si sono presentati né in quella dove si trova il distretto dove prima lavoravano. E in più non possono assumere incarichi direttivi e svolgere le funzioni penali più delicate.
La riforma ha anche anticipato un tema dei referendum in programma a giugno: si ammette solo un passaggio da giudice a pubblico ministero e viceversa, da effettuare entro i dieci anni dall’assegnazione della prima sede. Il limite non è attivo per il passaggio al settore civile e dal settore civile alle funzioni di pubblica accusa. Prevista la riduzione del numero attuale dei magistrati fuori ruolo, attualmente sono 200. Oltre all’obbligo di avere svolto per almeno 10 anni le funzioni giurisdizionali prima di chiedere il collocamento esterno alla magistratura, una durata dell’incarico extra di non più di 7 anni.
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