Oggi la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario verrà approvata al Senato alla presenza della Ministra Cartabia. Ieri l’Aula ha approvato tutti i 43 articoli della riforma. Ma vi si è arrivati non senza difficoltà. Dopo che la Commissione Giustizia, dopo diversi giorni di tensione, l’altra notte ha approvato il testo nell’identica forma di quello licenziato dalla Camera, ieri pomeriggio è iniziata la discussione generale in Aula, seguita dal voto sugli emendamenti.

La giornata si era aperta con una dichiarazione del segretario del Pd Enrico Letta: «La Lega ha perso il referendum. Sulla riforma della giustizia c’è un accordo di maggioranza e lo ha già votato anche la Lega. Si approvi quindi la riforma ma se l’ostruzionismo della Lega va avanti, allora il governo metta la fiducia al Senato. Far saltare la riforma significa minare le basi della convivenza stessa di governo. E un atteggiamento insostenibile». La Lega comunque in Aula ha fatto il suo gioco. Il relatore del Carroccio Andrea Ostellari avrebbe dovuto illustrare tecnicamente il provvedimento, invece si è lasciato andare a considerazioni di carattere generale: «C’è un gravissimo deficit dei rapporti tra i poteri democratici, la Lega non ce l’ha con i giudici né con il governo, il Pd la smetta di piantare bandierine. Qui si è chiesto di lavorare in Commissione, garantendo lo spazio a beneficio del provvedimento. Il Csm – ha spiegato – è un presidio fondamentale a garanzia dell’indipendenza e dell’autonomia dell’ordine giudiziario, non per favorire la condizione dei magistrati ma per garantire che non subisca condizionamento, ma il Csm purtroppo è stato travolto dagli scandali». Rispetto a «una giustizia che rappresenta il livello di civiltà di uno Stato, non c’è solo il rischio per una platea di persone di finire in inchieste che portano magari solo all’omicidio politico per chi le subisce. Sia dato – ha concluso – ora ampio spazio al dibattito» in Aula.

È intervenuto poi il capogruppo di Iv in Commissione Giustizia, Giuseppe Cucca: «La nostra responsabilità l’abbiamo confermata ritirando gli emendamenti, anche per il rispetto che dobbiamo al presidente Draghi, per quello che sta facendo e continuerà a fare, e anche per ossequio al presidente Mattarella che aveva sollecitato l’approvazione di questa riforma. Però è doveroso dire una cosa, perché un domani possiamo dire “ve lo avevamo detto”. Ho difficoltà a chiamare questa “riforma Cartabia”, perché è la riscrittura con qualche modifica della riforma Bonafede». Visione paradossalmente diversa invece quella del senatore M5S Marco Pellegrini, capogruppo in commissione Antimafia: «Questa non è la nostra riforma, perché il testo che giunge oggi (ieri, ndr) nell’Aula del Senato segna passi indietro rispetto al più incisivo e coraggioso testo Bonafede. Ma grazie alla caparbietà del M5S, sono presenti aspetti importanti, come lo stop alle cosiddette porte girevoli tra magistratura e politica».

Cauta soddisfazione da parte del senatore Franco Mirabelli, capogruppo Pd in commissione Giustizia: «La Giustizia non funziona e di questo abbiamo provato a farci carico in questa Legislatura. Voglio sottolineare che abbiamo fatto cose concrete: riforme che aggrediscono i nodi veri della giustizia, non chiacchiere. La legge di cui stiamo discutendo è frutto del lavoro del Governo e della maggioranza. Il testo è stato approvato alla Camera dei Deputati con i voti di tutta la maggioranza e l’astensione di Italia Viva. Questa legge non soddisfa tutti, ma è un punto di equilibrio: un punto positivo di equilibrio, che interviene e fa fare un passo avanti, accrescendo le responsabilità della magistratura, riformando il sistema elettorale del CSM, intervenendo sul passaggio di funzioni riducendolo a uno solo, introducendo nuovi criteri di valutazione. È oggettivamente meglio dell’esistente. Sui referendum, alla fine non mi interessa dire chi ha vinto e chi ha perso. Mi interessa il fatto che dal referendum emerge un messaggio chiaro: i cittadini chiedono al Parlamento di fare le riforme».

Intervento accalorato quello del senatore Nicola Morra, ex 5Stelle ora al Misto: «Questo dibattito è segnato da una sostanziale ipocrisia. Chi ha letto il libro di Palamara e sta leggendo quello di Matteo Renzi scopre le tante nefandezze che hanno investito anche il mondo della politica e constata che tanto nulla cambia. E allora vi pare normale che i trojan per quanto siano programmati per rimanere accesi fino alla mezzanotte, vengano a spegnersi prima di una importante cena tra il dottor Palamara e l’allora Procuratore capo della Repubblica di Roma, dottor Pignatone? Vi pare normale?”. Arriva il richiamo della presidente di seduta, la senatrice dem Rossomando: «senatore le ricordo che si assume la responsabilità delle sue affermazioni». Morra: «io ho domandato se è normale che si spenga all’improvviso il trojan. Se per questo devo essere perseguito, perseguitemi».

Dopo la discussione è iniziato il voto sugli emendamenti. Il governo ha dato parere contrario a tutti gli emendamenti. Il relatore, invece, si è rimesso all’aula. Tutti gli emendamenti sono stati bocciati. La presidenza del Senato aveva ammesso anche un emendamento della Lega su cui il partito di Salvini ha chiesto il voto segreto. Non è passato: 136 contrari, 70 favorevoli, 9 astenuti. Si trattava del 6.01 che non riguardava l’ordinamento giudiziario e il Csm bensì la custodia cautelare. Come ha spiegato la senatrice Giulia Bongiorno: «Riprensentiamo il testo che era quello del quesito referendario. Durante la campagna referendaria ho ascoltato affermazioni false. Questo emendamento non riguarda affatto la violenza sulle donne, né lo stalking e – rivolgendosi alla collega del Pd Valente che era intervenuta prima ha aggiunto – è vergognoso dire cose campate in aria». Mentre il senatore di Fratelli d’Italia Ignazio La Russa aveva detto: «Il nostro no viene ribadito con trasparenza», ma «non vogliamo dividere il centrodestra su questo tema. E allora pur essendo assolutamente contrari al testo referendario non partecipiamo al voto».