Riforma giustizia, Renzi contro Cartabia: “Più inutile che dannosa”

Con 173 sì, 37 no e 16 astenuti il Senato ieri ha dato il via libera definitivo alla riforma sul Csm e l’ordinamento giudiziario, confermando il testo della Camera. La discussione finale si era aperta con l’intervento della Ministra Cartabia: «Ciascuno ha portato il suo contributo sia sostenendo le proprie iniziative con forte convinzione, sia lasciando spazio alle altre forze di maggioranza. Ringrazio ciascuna forza politica per questo impegno costruttivo e questa disponibilità». Ma gli animi si sono accesi con gli interventi dei big di partito. A partire dal leader di Italia Viva, Matteo Renzi.

Ha iniziato con un certo aplomb: « Noi non voteremo la sua riforma, signor ministro. Una riforma serve, la sua serve meno di quello che speravamo. Non tocca i problemi, non tocca per esempio la responsabilità dei magistrati e lascia l’amaro in bocca per come è arrivata a maturare. Ci asteniamo perché la riforma non fa danno, è più inutile che dannosa». Poi si è reso protagonista di un vero e proprio show: «Signora ministro, quando delle espressioni di correnti organizzate parlano di cordone sanitario contro avversari politici, indipendentemente dalla discussione dei reati, il silenzio delle istituzioni è grave». Il riferimento è ad un articolo di Nello Rossi, direttore della rivista di Magistratura democratica Questione giustizia, che stigmatizzò la visita con compenso dell’ex premier alla corte del despota saudita Mohammed Bin Salman. Infine Renzi ha criticato l’ipocrisia che ruota intorno alla riforma: «Facendo passare il messaggio che la vicenda Palamara si possa chiudere con un capro espiatorio è la negazione della giustizia. La giustizia si fa quando si dice la verità, non quando si trova un capro espiatorio che paga per tutti. Quelle modalità con cui il Csm e il dottor Palamara hanno agito sono le stesse con cui si continua ad agire, in un rapporto costante tra politica e magistratura, non possiamo continuare a prenderci in giro su questi temi!».

Non è stata da meno nel prendersi la scena la senatrice della Lega Giulia Bongiorno: «Noi votiamo a favore di questi ritocchi, ma all’appello manca una riforma costituzionale. C’erano i tempi per farlo». Poi anche lei si è scagliata contro le correnti: «Questa riforma sarebbe stata ottima se l’avessimo approvata quattro anni fa, prima dello scandalo Palamara. Prima del 2019, la magistratura era sicuramente al di sopra di ogni sospetto ed era stata incoronata come garante morale del Paese. Ora questa riforma risulta anacronistica. Nell’era post Palamara si stanno perdendo di vista principi irrinunciabili, tra i quali l’imparzialità della magistratura». E ha fatto due esempi: «“Magistratura democratica è nata con una cultura della corporazione dicendo noi non siamo giudici imparziali, o meglio non siamo degli indifferenti, siamo di parte, siamo dalla parte del più debole perché questo è scritto nella Costituzione non perché questo è una rivoluzione”. Questo è stato scritto – signor Ministro – nel secondo libro di Palamara: è un giudice che in una intercettazione dice che non devono essere imparziali».

Ma poi ne ha anche per Magistratura indipendente: «In un incontro pubblico durante il quale io sostenevo la tesi del sorteggio un magistrato di MI ha detto “attenzione, il sorteggio è pericolosissimo, potreste ritrovarvi nel Csm solo magistrati di destra che parteggiano da una parte o solo magistrati di sinistra che parteggiano dall’altra parte”. Ma io non voglio che un magistrato parteggi – signor Ministro!». A proposito di Lega cinque senatori si sono astenuti, tra cui Roberto Calderoli e il presidente della Commissione Giustizia e relatore del provvedimento Andrea Ostellari. Tutti gli altri senatori hanno seguito le indicazioni di voto dei rispettivi gruppi: per il sì i senatori di M5s, Pd, Fi, Lega, Autonomie e Leu; contrari Fdi, Cal e Italexit; astenuta Iv e Sandra Lonardo.

Per i dem è intervenuta Anna Rossomando, responsabile Giustizia del Pd: «Da oggi nessuno potrà non sapere o far finta di non sapere che il Parlamento fa le riforme sulla giustizia. Avevamo l’ossessione che la riforma potesse essere affossata e che tutto rimanesse come prima, cosa che non potevamo permetterci. Questo l’abbiamo detto anche a quella parte della magistratura che secondo noi, sbagliando, ha avuto una posizione di arroccamento e non ha voluto capire quanto di importante e di innovativo ci fosse in questa riforma. Il rischio era quello dell’affossamento della riforma e del fallimento della politica, che non sarebbe stata più credibile dopo gli applausi tributati al presidente Mattarella quando ci richiamava a questo importante dovere nel discorso di insediamento». Mentre la senatrice M5S Alessandra Maiorino, capogruppo in commissione Giustizia, ha posto la bandierina del movimento: «Senza l’apporto del gruppo che ho l’onore di rappresentare, il risultato sarebbe potuto essere ben peggiore di quello raggiunto».

Il presidente delle Camere Penali Gian Domenico Caiazza: «Diamo atto alla Ministra Cartabia di aver forse ottenuto il massimo possibile da una difficilissima mediazione nella maggioranza che proprio sui temi della giustizia sconta le distanze più incolmabili» ma ora, come ha ribadito anche il presidente dei penalisti romani Vincenzo Comi, «bisogna lavorare a una riforma radicale per la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, facendo ripartire al più presto la discussione parlamentare sulla proposta di legge di iniziativa popolare promossa dall’Ucpi». Critico invece il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia: si tratta di una riforma che «si pone in contrasto con il principio dell’indipendenza dei magistrati» esprimendo «forte delusione per l’esito del percorso che c’è stato al Senato».