L’agave se ne sbatte della vita lunga, s’immola al cielo dello Stretto per un unico, insuperabile orgasmo. Il catrame penetra calanchi grigio azzurri che assediano il Capo Spartivento, spasmi di sabbia rovente e macchie amare di eucalipto che profumano il Cocinto e alimentano tartarughe in agguato sotto la rena. L’aria tremola intorno a corriere partorite di botto da un 70 senza nostalgia che si portano la vita giovane altrove. Il pozzetto ha ancora i gelati della Gelca, sogno di panna calabrese annegato in dolcezze foreste, richiamo irresistibile in un pannello colorato nato sotto la dittatura del Moretto.

Il cinghiale bianco ha ere infinite, sopravvive nel juke box grazie a un porcellino carico di cinquanta e cento lire. La Peroni riposa esausta nelle cassette di plastica gialla assistendo all’ultimo spettacolo dell’illusionista che ipnotizza i clienti dondolandogli davanti agli occhi la chiave inglese con cui si guadagna da vivere cambiando bombole di gas che non cedono al metano in rete. E Rino Gaetano tira giù il finestrino della Littorina: Ahi Maria s’incanala lungo i letti secchi delle fiumare, sale in montagna a rinfrescarsi con “l’allegria” dei pastori. Il deserto da Cutro a Crotone ha perso irrimediabilmente i suoi banditi pasoliniani, muore di gigantesche pale eoliche, madri di un refrigerio castrato, che non potranno mai imitare le creature di un palmeto, l’oasi resta miraggio.

Sopravvivono i predoni che fra le altre cose, la più importante, hanno razziato la lingua, portando via insieme a lei il futuro nei verbi, lasciando un dialetto romanzo che biascica frasi incomprensibili, declinando la vita fra presente e passato: i calabresi e i siciliani non possono dire farò, sognerò, mangerò. Ma nessuno se n’è accorto a parte Sciascia. L’avvenire si mette tutto fra le incompiute, il non finito calabrese contiene tutta la speranza di un Sud che non ha più poeti, l’ultimo è morto il 2 giugno di quarant’anni fa. Rino Gaetano bazzicava la 60 notturna, continuava a saperlo che quello Meridionale è popolo d’Avvento, avvinto nel nero del nero di madri addolorate. È morto a Roma, il 2 giugno: il suo corpo cercava un posto in ospedale, come accade a Sud; lontano dal Sud come continua ad accadere a quelli del Sud; riconosciuto da un estraneo perché i sudici i propri cari ce li hanno sempre da qualche altra parte. Tutto s’incarna nell’unica colonna tesa a Crotone che ancora rimanda la nenia d’amore, in un etere attonito, in viaggio da Bahia a Salvador.

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E' uno scrittore italiano, autore di Anime nere libro da cui è stato tratto l'omonimo film.