La rigenerazione urbana di cui Napoli ha bisogno
Ripartire dalla valorizzazione del patrimonio per ripensare Napoli

L’analisi sulla distribuzione preliminare delle risorse per la rigenerazione urbana e l’housing sociale a livello regionale effettuata dalla Fondazione indipendente Openpolis nell’ambito dei progetti legati al piano nazionale di ripresa e resilienza, colloca la Regione Campania al primo posto tra le regioni italiane, con l’attribuzione di ingenti risorse, pari a circa 490 milioni di euro, di gran lunga superiori rispetto non solo alla Sicilia e al Lazio, immediatamente dietro la Campania, ma anche e soprattutto alle regioni del Nord Italia.
La questione ripropone diversi interrogativi sulla distribuzione delle risorse tra le diverse aree del Paese e sulla capacità progettuale degli enti locali. Per quanto riguarda la prima questione, infatti, il tema è ancora una volta quello del superamento dello storico divario tra le aree meno sviluppate del Paese e quelle a maggior vocazione industriale anche allo scopo di accrescere l’offerta di lavoro qualificato e che ha più sofferto le conseguenze della crisi post-Covid: il lavoro precario, giovanile e femminile. Allo stesso tempo, tuttavia, l’esigenza è quella di valorizzare i progetti più meritevoli. Nell’ambito dei progetti di riqualificazione dell’abitare, da alcuni giorni la Regione ha dunque approvato il Piano degli interventi ammessi al finanziamento, predisposto sulla base dell’ordine di graduatoria del Bando per la riqualificazione della edilizia residenziale pubblica (Misura 11 del Fondo Complementare al PNRR – Programma Sicuro, verde e sociale: riqualificazione edilizia residenziale pubblica).
Si tratta complessivamente di 50 proposte progettuali di cui 8 presentate da ACER Campania; 2 dal Comune di Napoli e 40 presentate dagli altri comuni della Campania. Nell’ambito di questa missione, l’investimento 2.3 prevede la realizzazione del “Programma innovativo della qualità dell’abitare”. Gli interventi che saranno realizzati con questa specifica misura sono peraltro finalizzati ad aumentare il patrimonio di edilizia residenziale pubblica, con pesanti oneri di gestione futuri. Non si tratta in realtà di un’iniziativa pensata appositamente per il PNRR in quanto il Piano innovativo nazionale per la qualità dell’abitare (PinQua) infatti è stato introdotto per la prima volta dalla legge di bilancio pero il 2020 che, con una dotazione di soli 853 milioni di euro, prevedeva originariamente che dovessero concludersi entro il 2033: i progetti che riceveranno i fondi del PNRR dovranno invece concludersi in un tempo molto più limitato e tuttavia attraverso l’erogazione dei fondi europei sarà possibile finanziare un numero maggiore di progetti.
È un’occasione irripetibile per la riqualificazione abitativa della Città e la revisione di situazioni lasciate da tempo all’abbandono, rispetto alle quali ripensare completamente la composizione sociale del territorio urbano cittadino, favorendo il definitivo passaggio dalla gestione emergenziale post-terremoto ad una visione più moderna dell’abitare per le fasce più disagiate. Nell’ambito di una complessiva revisione delle procedure e dei meccanismi di gestione dell’Ente, l’erogazione dei fondi del PNRR, che arriva nel momento cruciale del “Patto per Napoli”, è tuttavia anche l’occasione per un complessivo ripensamento delle politiche pubbliche per la gestione del patrimonio comunale. Quali politiche del patrimonio pubblico vanno dunque realizzate dalla nuova amministrazione, anche alla luce dei nuovi poteri attribuiti e della possibilità di mettere ordine nella gestione attribuita al Sindaco?
Gli interventi del Sindaco Manfredi prima e dell’Assessore Baretta in Consiglio comunale alcuni giorni fa hanno tracciato con chiarezza la linea: la Giunta in carica, che ha ereditato una deprimente gestione del patrimonio comunale in termini economici e di valorizzazione, è chiamata a recuperare le risorse necessarie e a risanare le casse comunali, preoccupandosi di invertire la rotta rispetto alle straordinarie potenzialità inespresse anche riorganizzando la funzionalità del settore. In tale quadro occorre sciogliere definitivamente il nodo della gestione del patrimonio: orientare le future scelte del soggetto a cui affidarne il governo, oltreché delle altre che potranno aggiungersi per effetto di una gestione più equilibrata e razionale dei beni comunali.
Gli ambiti su cui intervenire in una prospettiva di crescita e sviluppo nell’ambito della gestione del patrimonio pubblico, sono tuttavia molteplici e occorre perseguire più obiettivi: miglioramento della redditività, senza ricorrere unicamente alla leva fiscale ma anche riorganizzando i sistemi di riscossione; recupero di spazi e beni da utilizzi abusivi; risistemazione di aree abbandonate e dismesse, in una prospettiva di riqualificazione del tessuto urbano e di quartieri degradati, dando così concreto sostegno alle categorie disagiate e coinvolgendo i privati in cambio della concessione nell’utilizzo di interi spazi da destinare a una fruizione più adeguata all’esigenze dei singoli quartieri.
La sostituzione di larga parte del patrimonio con edilizia di qualità, responsabile e sostenibile, coinvolgendo nuovi soggetti e attraendo investitori privati, allo scopo di favorire le fasce di popolazione costrette in realtà abitative al limite della vivibilità e adottando programmi di valorizzazione dei beni comunali in collaborazione con le Municipalità, attraverso la messa a reddito del patrimonio improduttivo è ad esempio una delle strade da perseguire. La pubblicazione di uno schema di Bando per l’assegnazione di strutture in disuso e suoli di proprietà comunale anche attraverso una revisione dei canoni, sulla base di un censimento periodicamente aggiornato dei beni non utilizzati, avrebbe la funzione, sia di “ravvivare” l’utilizzo di una parte degli immobili abbandonati ed esposti a rischio di degrado o di occupazione abusiva, sia di offrire un’opportunità per soddisfare il fabbisogno di locali ad uso non abitativo. Così facendo si accrescerebbe l’iniziativa economica di imprese e soggetti privati, e agevolerebbero le necessità di soggetti costretti a lasciare i locali in precedenza occupati in tutti quei casi, non rari, di sopravvenuta inagibilità o sfratto esecutivo.
In altri termini, perseguendo una politica “attiva” nei confronti dell’impresa e del lavoro, con l’attrazione di nuovi investitori in direzione di insediamenti produttivi in Città in prospettiva di una funzione promozionale governata da un’amministrazione comunale che già dai suoi primi passi si è dimostrata capace di rendere concreta. D’altronde, ritenere che con la gestione del patrimonio ci si debba limitare a far cassa, senza utilizzare quelle risorse, non soltanto per ripianare il deficit ma anche per ripensare la Città in una prospettiva “inclusiva”, sarebbe frutto di una visione limitata che tuttavia fortunatamente non traspare affatto dai primi passi della nuova Giunta. Per far questo occorre tuttavia in breve tempo anche sciogliere definitivamente il “nodo” della gestione del patrimonio, che ormai da trent’anni ciclicamente si ripropone e che il Sindaco e l’Amministrazione in carica sono certamente in grado, avendone piena capacità, di affrontare con una prospettiva di lunga durata.
Le ipotesi sul campo sono sempre le stesse: realizzazione di una società mista pubblico- privato; l’affidamento ad un gestore pubblico già in possesso delle professionalità e dei sistemi organizzativi necessari; l’espletamento di una gara internazionale per la selezione di un soggetto privato in grado di portare a termine in tempi ragionevoli il processo avviato, attraverso la realizzazione di un’Anagrafe dei beni e degli inquilini, la gestione e l’ottimizzazione degli archivi informativi e della localizzazione degli alloggi; della verifica e predisposizione delle procedure di vendita allo scopo di migliorare la gestione dei contratti di beni e servizi. Tale scelta preliminare è assolutamente essenziale per riprendere la strada di una gestione corretta e produttiva, in grado sia di rispondere ai bisogni sociali che a quelli economico-finanziari e senza la quale qualsiasi progetto di riqualificazione e riordino delle casse comunali e della funzione della Città, rischia di restare al palo.
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