L’analisi dei dati del calciomercato di Serie A 2024 evidenzia una realtà divaricata, tra risparmi immediati e impegni futuri che hanno caratterizzato una campagna trasferimenti improntata a impegni di lungo periodo e risparmi di breve. Lo dice un’attenta lettura dei numeri di Transfermarkt – che evidenziano i movimenti complessivi dell’intero campionato – e delle analisi di Calcio e Finanza, che invece si soffermano in maniera più analitica sugli aspetti “bilancistici” dei maggiori club (dove peraltro si concentrano maggiormente i saldi negativi). Proviamo ad analizzare entrambi per dire che sullo sfondo emerge un campionato variegato, a diverse velocità, strutturalmente disomogeneo, dove i grandi club fanno storia a sé e i piccoli sopravvivono: orientato al pagherò, rassegnato all’insostenibilità, preoccupato dalla non crescita dei diritti tv, in difficoltà anche nella raccolta degli sponsor, dove due degli otto club in Europa, Juve e Lazio, non hanno alcun brand sulla maglia. Una delle entrate più importanti di un club, mentre altri due, Bologna e Fiorentina, sono sponsorizzati dalle loro proprietà.

Lo scenario

Per approfondire in maniera seria bisogna separare da una parte quello che è il puro saldo tra cartellini acquistati e ceduti, dato che – in realtà – ha un valore pluriennale: le plusvalenze da cessioni, infatti, si incassano subito mentre i costi generati dagli ammortamenti hanno effetto per gli anni di durata del contratto. Dall’altra parte invece ci sono gli effetti sul puro Bilancio che sarà chiuso al 30 giugno 2025. Il primo dato ci dà un risultato negativo, il secondo positivo. Risparmi immediati ma impegni futuri.

Significa – in altre parole – che i club alla ricerca di una sostenibilità chimerica provano a tagliare costi nel breve, ma si impegnano nel medio lungo periodo. Perché? Semplice, stanno scommettendo sulla cessione futura di giocatori che sperano di aver valorizzato nel frattempo, per incassare le plusvalenze sulla rivalutazione. Rimangono Bilanci complessi e in balia della congiuntura, come si è già visto quest’estate visto che sono stati venduti 100 giocatori in meno rispetto allo scorso anno, molti sono stati gli esuberi e pure i non rinnovati a parametro zero (che poi peraltro non hanno trovato squadra).

In Italia

Ecco quindi la divaricazione. Qualche esempio? Nel prossimo esercizio le operazioni di mercato daranno alla Juventus un effetto positivo da 73 milioni, la Roma di 53 milioni (aggiornato alle due operazioni a parametro zero per l’ingaggio dei difensori Mats Hummels e Mario Hermoso), la Fiorentina per 43 milioni, la Lazio per 16, l’Atalanta 14, l’Inter 8,9. Sul fronte opposto il Napoli con un saldo negativo per 43 milioni e il Milan per 11 milioni. Questo (semplificando) è dovuto alle plusvalenze generate e ai risparmi di ingaggio e prestito dei giocatori non più in rosa, meno i costi legati agli ingaggi, ai prestiti e agli ammortamenti imputabili all’esercizio. I club nel breve sono virtuosi (del resto lo impone il fair play finanziario).

Un discorso a parte merita il Napoli (solitamente capofila dei frugali) che si è liberato a campagna in corso di Osimhen dopo averne fallito la cessione, ma che a gennaio potrebbe fare cash in e sistemare i conti in vista del 30 giugno prossimo. Il tutto a fronte di una somma algebrica tra acquisti e cessioni che vede tutti chiudere con un saldo negativo, in particolare (citando sempre i dati Calcio e Finanza): Juve -103, Roma -94, Milan -60, Napoli -136 (aspettando Osi), Atalanta -22, Lazio -21, Inter -8, Fiorentina -5.

In Europa

Nel raffronto con il resto d’Europa, il nostro campionato ha avuto quest’estate un andamento in controtendenza. La ricca Premier League ad esempio ha acquistato (dati Transfermarkt) giocatori per un valore complessivo di 2,3 miliardi e incassato 1,6 per un saldo negativo di 700 milioni (praticamente dimezzato rispetto a 1,349 miliardi di saldo negativo di un anno fa). Questo in parte anche a causa delle penalizzazioni comminate da alcuni club non in regola con il Psr (il fair play finanziario interno) nella scorsa stagione, ma sicuramente come reazione al fatto che nel 2022/23 il finanziamento ai club dei proprietari ha toccato livelli record (1,1 miliardi).

Gira e rigira, il calcio sembra tornare sempre agli stessi errori: crescono i ricavi e crescono a dismisura i costi in una competizione insostenibile ma che solo sommariamente si può derubricare a “folle”. Siamo piuttosto in presenza di una lucida strategia, disillusa rispetto alla sostenibilità e improntata a uno strabismo strutturale: sacrifici oggi in cambio di impegni futuri che tuttavia si sanno già impossibili da rispettare. Come se una famiglia ogni anno accendesse mutui sempre più grandi per acquistare case sempre più imponenti, incrementando sì i propri ricavi, ma in misura meno che proporzionale agli impegni di lungo periodo, ben sapendo che il pasto in meno consumato oggi risulterà essere qualcosa meno di un palliativo.