Era stato condannato in primo grado, Edoardo Rixi, e si era dimesso dalla carica di viceministro per salvare il governo gialloverde, che comunque cadrà due mesi dopo. Ieri è stato assolto in appello perché “il fatto non sussiste”. E la notizia è che nessuno gli chiederà scusa, non è abitudine di certi ambienti. Eppure il suo caso era stato clamoroso, nel maggio del 2019. C’era un partito che gridava “onestà-onestà” nelle piazze e anche in Parlamento, e c’erano inchieste diffuse in quindici Regioni italiane, dai toni e dai contenuti ancora più moralistici di quel che era stata Tangentopoli.
Si contestavano ai consiglieri regionali di tutti i partiti i rimborsi-spesa loro attribuiti dai gruppi di appartenenza. Si trattava di spese degli anni 2010-2013, quando ancora nelle istituzioni locali non c’erano grillini. Il che aveva loro consentito di gridare ancora più forte e di trattare con sprezzo chiunque fosse infangato dall’informazione di garanzia.
Bisogna ricordare bene il momento politico e tutti i protagonisti dell’epoca. Sembra un secolo fa, per tutto quello che è successo a partire da quel 4 marzo 2018 in cui i risultati delle elezioni politiche avevano dato un esito tendenzialmente favorevole al centrodestra ma senza la possibilità numerica che potesse portare a un governo Berlusconi-Salvini-Meloni.
Era quindi nato in laboratorio, e con molti travagli, il primo governo Conte, quello in cui il premier era considerato un burattino nelle mani dei sui due vice, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, i veri protagonisti politici di quella maggioranza, che durerà esattamente 461 giorni, cioè un anno, tre mesi e quattro giorni, dal primo giugno del 2018 al cinque settembre 2019. Edoardo Rixi è un uomo forte del salvinismo ligure, prima di arrivare in Parlamento in quella legislatura era stato il capogruppo nel primo consiglio regionale a presidenza Toti. Quando nasce il governo gialloverde lui è viceministro alle infrastrutture e ai trasporti, un ruolo importante per Genova e la Liguria, anche tristemente profetico quando il 14 agosto di quell’anno crollerà il ponte Morandi e Rixi sarà da subito lì a occuparsene.
La mannaia cala sul suo collo a un anno esatto dalla nascita del primo governo Conte, quando il tribunale di Genova condanna una ventina di consiglieri regionali per quei rimborsi, che i giornalisti amici dei pubblici ministeri chiamano “spese pazze”, ma che erano invece stati usati, con rarissime eccezioni, per l’attività politica. Stiamo parlando in gran parte di qualche migliaio di euro spesi per organizzazione di eventi o cene elettorali. Ma il reato contestato è peculato, cioè l’uso privato di fondi pubblici. Edoardo Rixi è condannato a tre anni e cinque mesi di reclusione, la sua posizione è anche aggravata dal fatto che era capogruppo della Lega, cioè era colui che, oltre a usare i fondi di rimborso spese per sé li distribuiva agli altri consiglieri del suo gruppo. L’entità della pena esclude la condizionale e comporterebbe, nella migliore delle ipotesi, qualora fosse definitiva, un affidamento ai servizi sociali. La fine dell’attività politica, quanto meno nelle istituzioni. Se a questo si aggiunge il fatto che il tribunale aveva anche sancito nei confronti di Rixi l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, sulla base della Legge Severino, ecco il futuro di una carriera politica chiusa chiave per sempre, in caso di sentenza definitiva.
Il coro di “dimissioni, dimissioni” dei grillini urlanti era stato unanime e assordante. Il vicepresidente del consiglio Matteo Salvini era appena reduce da un braccio di ferro per il caso del sottosegretario Armando Siri, raggiunto da un’informazione di garanzia per una storia un po’ strana di cui non si ha più memoria, se non per il fatto che, dopo le consuete proroghe, solo nell’ottobre 2020 il procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi hanno chiuso le indagini. Portando a casa ben poco, però, rispetto all’accusa nei momenti delle prime indagini. Per Siri Matteo Salvini si era battuto, finché aveva potuto. Ma se sei al governo con Di Maio e se i tuoi alleati ti gridano addosso ogni giorno che si deve ripulire il Parlamento degli inquisiti, e se gli inquisiti li hai in casa tua e non hai la forza politica di imporre il rispetto della Costituzione e della presunzione di non colpevolezza, non puoi che cedere. Anche se quel che ti capiterà in seguito, quando tu stesso sarai processato, ti farà accendere qualche lampadina nella testa. Ma intanto Matteo Salvini aveva già in tasca le dimissioni di Edoardo Rixi, il giorno della sentenza di condanna. Così il problema era durato cinque minuti.
E intanto, mentre partono i festeggiamenti per le assoluzioni, non pare siano ancora state avviate grandi riflessioni, all’interno dei partiti coinvolti, sia su queste inchieste moralistiche che sulla Legge Severino. Per esempio, tra gli assolti in Liguria ci sono i sindaci di Alassio e di Cogorno. Tutti e due avevano anche subìto la sospensione dalla carica, con tutto quello che ha comportato nelle loro vite politiche, amministrative e personali. E non parliamo dei costi per gli avvocati: c’è chi ha speso per farsi difendere una cifra dieci volte superiore a quel che aveva ricevuto con i rimborsi spesa. C’è poi anche un problema di diversità di sentenze nei tribunali delle diverse Regioni.
In generale nei processi di primo grado c’è stata una prevalenza di condanne. Però proprio un mese fa per esempio a Roma in un filone del processo “spese pazze” è stato assolto il sindaco di Fiumicino Esterino Montino insieme ad altri 12 consiglieri regionali del Pd accusati di truffa, corruzione, peculato e abuso d’ufficio. Perché “il fatto non sussiste”, proprio come nel caso di Edoardo Rixi e gli altri 18 ex consiglieri liguri. E il Pd vuol continuare nell’errore dell’alleanza con il Movimento cinque stelle, proprio come Salvini?