“Da ieri non ho più un fratello”, ha esordito così Roberto Mancini, allenatore della Nazionale Italiana di calcio nel suo lungo ricordo pubblicato sulla Gazzetta dello Sport dell’amico e collega, in campo e in panchina, Sinisa Mihajlovic. “Anche se di questo legame di sangue a volte ormai si abusa, nel parlare di amicizie, non mi sento di esagerare nel definirlo così: per me Sinisa lo era davvero, perché è stata la vita a renderci tali. Prima il calcio, e poi la vita“.

Mihajlovic è morto ieri. Dal 2019 combatteva contro una leucemia mieloide acuta. Si era curato ed era tornato subito in panchina. La scorsa primavera la notizia che avrebbe dovuto intraprendere un nuovo ciclo di cure. Aveva 53 anni. A confermare la notizia della morte, dopo giorni in cui si rincorrevano indiscrezioni su peggioramenti delle sue condizioni, la famiglia, la moglie Arianna Rapaccioni e i cinque figli che fino all’ultimo sono stati vicini allo sportivo.

Mancini e Mihajlovic sono stati compagni di squadra alla Sampdoria e alla Lazio. L’atleta serbo aveva cominciato la sua carriera da allenatore proprio al fianco di Mancini, sulla panchina dell’Inter. Il rapporto tra i due era sempre rimasto molto stretto. L’ultimo colloquio tra i due martedì mattina scorsa. “Me la porterò dentro per sempre quella chiacchierata: cose nostre come ce ne siamo dette tante, in quasi trent’ anni. Sono stati ventotto, per la precisione. Compagni di squadra e di panchina, sempre di spogliatoio perché anche, forse soprattutto, lì dentro ci siamo conosciuti fino a piacerci, a capirci, a litigare, comunque a diventare spalla uno per l’altro, quando per l’uno o per l’altro diventava necessario” .

Mihajlovic per Mancini “era un guerriero, non per modo di dire: la sua guerra era dimostrarsi più forte di chi lo sfidava. Per se stesso, non per far sentire deboli gli altri. Lo faceva con gli avversari, lo ha fatto con la leucemia. Per lui era sempre troppo presto per smettere di combattere e non era mai tardi per incoraggiare qualcuno, un amico, un compagno o un suo giocatore, a non mollare“.

Un ricordo speciale di un momento speciale: quello del gol di tacco su calcio d’angolo di Mancini in Parma-Lazio nella stagione 1998-1999, il gol più famoso dell’allenatore della Nazionale. “Il corner che aveva battuto Sinisa era disegnato, e in campo ci conoscevamo ormai così bene che sapevo perfettamente dove e come quel cross sarebbe arrivato. Quel corner era un regalo per sempre, perché mi ispirò il gol più bello che abbia mai segnato nella mia vita. Anche lui ne ha segnati di bellissimi, mai quanto l’ultimo: l’energia che ci ha trasmesso in questi tre anni, l’amore per la vita al quale ci ha educato. Per questo lo sento ancora al mio fianco, e lì sarà per sempre“.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.