Le crisi colpiscono i fragili. Non è una scoperta recente, ma la consapevolezza di un’ingiustizia antica e con poche eccezioni, al punto che spesso neppure stupisce o indigna quanto dovrebbe. Ma che le crisi riguardassero anche il diritto allo studio e che tra i fragili ci fossero da annoverare anche delle brillanti, motivate e intelligenti studentesse di liceo, è qualcosa che va oltre una consolidata esperienza della discriminazione sociale e di genere.  Eppure è quanto sta accadendo in un prestigioso liceo di Roma, il Talete, che non potendo fare regolari test d’ingresso a causa delle restrizioni per il Coronavirus, ha stabilito quote di genere per la formazione di una classe d’élite di indirizzo matematico, limitando al 30% la quota riservata alle ragazze. La classe prevede 25 studenti da sorteggiare tra 46 domande di ammissione, 15 sono di ragazze e se il criterio di genere venisse confermato, ne entrerebbero solo 8 contro i 17 posti riservati agli alunni di sesso maschile.

Ci piacerebbe certo sapere quale proporzione o equazione di grado superiore sia alla base di una simile scelta, scaturita dalla direzione di un liceo che dovrebbe coltivare e allenare menti matematiche senza però, a quanto sembra, salvaguardare il principio dell’uguaglianza a parità di merito e non di sesso. E se le ragioni sfuggono alla nostra comprensione di menti poco numeriche, non è andata meglio ai matematici dell’Umi (Unione Matematica Italiana), che in una lettera aperta si pongono domande e interrogativi non troppo dissimili dai nostri. Se infatti, sostiene l’Umi, da un lato ci sono molti studenti e molte studentesse di valore che vorrebbero fare più matematica e non viene loro offerta tale importante possibilità, sia per la loro formazione che per il loro futuro lavoro, dall’altro, «in questa occasione, siamo davanti al paradosso che le “quote” terranno fuori ragazze che chiedono di studiare matematica.

Questo dopo decenni di impegno europeo per incentivare le ragazze a intraprendere studi e carriere nelle discipline scientifiche (le cosiddette Stem). Impegno raccolto da qualche anno anche da iniziative del ministero dell’Istruzione e dall’impegno costante in questo senso dell’Umi, per mettere campo quelle che si chiamano “azioni positive”, per aumentare il numero delle donne presenti in campo scientifico. Quando la necessità di promuovere la presenza delle ragazze nelle discipline Stem sarà autenticamente fatta propria da dirigenti e docenti e non sarà solo vista come l’ennesima proposta del ministero su cui fare una crocetta per un finanziamento, o un argomento alla moda, diventerà probabilmente più semplice arrivare a decisioni che al momento sembrano non ovvie. La parità di genere al momento va costruita e incoraggiata, non basta rispettare la statistica che vede più candidati tra i maschi che tra le femmine».

Realizzare un sorteggio basandosi, come spiega l’Istituto scolastico, sulla percentuale di domande pervenute, 70% maschi, 30% femmine è, secondo molti genitori, una soluzione “raccapricciante” e, ci viene da aggiungere, del tutto priva di senso, poiché sarebbe bastato affidarsi al curriculum scolastico dei nuovi iscritti e lasciare che a vincere fosse il migliore, a prescindere dal genere!