L'analisi
Roma, l’Italia e il Giubileo: le piccole vittorie e quei cantieri che non finiscono mai
Dopo l’apertura della Porta Santa del Giubileo, tutti ci domandiamo se i lavori che hanno afflitto Roma e i romani per lunghi mesi siano finalmente conclusi. Come ogni evento di portata mondiale, il Giubileo è una sfida. E lo è ancor di più per l’Italia, che sembra avere più competenze per la gestione di eventi straordinari che per quelli ordinari. Anche se in questo caso si tratta di una scadenza ricorrente e che, verificandosi ogni 25 anni, potrebbe essere ben meglio pianificata. Malgrado ciò il nostro paese, con la sua capacità di adattamento, sembra che ancora una volta riuscirà in questa sfida. Superando le difficoltà di una preparazione affrettata, che avevano fatto ritenere opportuno al presidente Draghi di “commissariare” il Commissario, Sindaco di Roma, sottraendo a Roma Capitale la competenza sui lavori, che furono affidati ad una specifica società di scopo, controllata direttamente dal Ministero dell’Economia.
Sebbene il nostro Paese possieda una tradizione consolidata nell’organizzazione di eventi di questa portata, la questione della pianificazione rimane un nodo cruciale che meriterebbe una riflessione più approfondita. Perché l’Italia deve essere più efficiente nell’emergenza che non nella ordinarietà? Basti pensare ai disastri naturali e ai terremoti che colpiscono sempre più frequentemente il territorio nazionale, e alle risposte del nostro sistema di protezione civile, talmente efficiente da essere considerato uno dei più avanzati al mondo. Le strutture di emergenza sono in grado di rispondere con tempestività, coordinamento e risorse per limitare i danni e garantire la sicurezza dei cittadini.
I cantieri non finiscono mai
Nel caso invece di grandi (ma non solo) opere, gli italiani devono sopportare che i cantieri non finiscano mai. Prendiamo ad esempio alcune delle infrastrutture di maggiore rilevanza nazionale e internazionale, come la Metro C di Roma, la Gronda di Genova o, ultimo ma non ultimo, il Ponte sullo Stretto di Messina. Opere considerate cruciali per il futuro del paese ma che, malgrado tale rango, subiscono ritardi e difficoltà realizzative tali da renderli il simbolo di un paese inefficiente, dell’Italia “del non fare”. Incapace di garantire il corretto utilizzo sia di investimenti pubblici e che di quelli privati. A tal punto da allontanare la finanza internazionale, sempre più diffidente a investire nel nostro paese.
La Gronda di Genova, ad esempio, è un’opera che avrebbe dovuto risolvere uno dei principali problemi infrastrutturali del Nord Italia e, probabilmente, avrebbe consentito di evitare il disastro del ponte Morandi. Ma è stata rinviata per anni a causa di difficoltà sia burocratiche che legate al mancato consenso locale. Allo stesso modo, la costruzione della Metro C a Roma, di cui non abbiamo ancora assoluta certezza del tracciato, malgrado l’investimento miliardario fino ad oggi sostenuto.
Questioni che hanno contribuito ad alimentare le posizioni populiste avverse alle grandi opere. Con sempre più vasti settori dell’opinione pubblica critici e perplessi riguardo alla capacità italiana di progettare e completare grandi interventi in tempi ragionevoli. Come il caso più eclatante del Ponte sullo Stretto di Messina. Un progetto che ha più di cinquant’anni che forse solo nei prossimi mesi potrà essere approvato. Questi pochi esempi, purtroppo, non sono unici. Tutta l’Italia, pur avendo in programma importanti sviluppi infrastrutturali, fatica a rispettarne le scadenze e a garantire la realizzazione dei progetti nel tempo necessario.
In questo scenario, la ricostruzione del ponte di Genova si presenta come una delle rarissime eccezioni positive. Un esempio che, malgrado non pochi problemi, è da tutti considerato una eccezione di efficienza e operatività. La sua ricostruzione, avvenuta in tempi record, è stata una grande vittoria per l’Italia, che anche in questo caso ha dimostrato di sapere affrontare le emergenze straordinarie con efficienza e determinazione. Il completamento in tempi così brevi del ponte non solo è stata una risposta a una necessità immediata per la sicurezza e la mobilità nella zona, ma anche un esempio lampante di come, in talune situazioni, l’Italia riesca a superare le difficoltà risolvendo grandi problemi in tempi brevi. Tuttavia, resta un caso isolato, che abbiamo difficoltà a replicare facilmente nell’ordinarietà del quadro normativo nazionale.
La domanda che ci si pone, dunque, è se l’Italia riuscirà mai a superare le sue storiche difficoltà di realizzare infrastrutture in tempi ragionevoli, senza dover fare ricorso a procedure straordinarie, come sembra stia succedendo per le opere del Giubileo del 2025, completate o in corso di completamento. Nel frattempo, non ci resta che sperare che, come accaduto con il ponte di Genova e come sta accadendo oggi per il Giubileo, l’Italia sappia ancora una volta sorprendere il mondo, affrontando le difficoltà con le sue resilienti capacità tecniche e progettuali.
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