Nel culto simbolico dei morti giunto a noi dall’antichità e snudato dalla vanga materiale degli archeologi e da quella teorica di storici e antropologi, non sono stati rari i casi di sepolture in cui coppie siano state rinvenute assieme. Conformazioni laocoontiche di scheletri intrecciati e avvinghiati tra loro, di uomini, donne e bambini, in un affresco emotivamente poetico, liberato dal ventre della fredda terra e riportato alla luce. Non so se forse un giorno gli archeologi e gli studiosi del futuro si interrogheranno con gli stessi accenti su quella che la stampa sta definendo una tendenza di crescente popolarità nei Paesi Bassi: l’eutanasia di coppia. Ultimi in ordine di tempo, ma di certo i nomi che hanno suscitato maggiore attenzione, l’ex Primo ministro olandese, il novantatreenne Dries van Agt e la moglie, Eugenie Krekelberg, anche lei di novantatre anni.

Morti mano nella mano, come ci tengono a precisare le fonti che hanno lasciato trapelare l’avvenuta eutanasia e la decisione dei due coniugi, che sono stati assieme per ben sessantasei anni, di congedarsi dal mondo uniti. Quello della morte volontaria in coppia è un fenomeno recente, palesatosi per la prima volta nel 2020 con una ventina di casi circa, e poi un aumento significativo di questi nel corso degli anni. Si è arrivati a quasi sessanta casi su base annua, mentre il totale delle eutanasie si attesta sui novemila: una goccia nel mare, ma da non sottovalutare.

Numeri certamente ancora bassi infatti, ma quelle prime venti coppie si sono nel corso dei successivi anni raddoppiate e le motivazioni alla base di queste scelte in società senescenti appaiono destinate a fare breccia. Van Agt, politico di ispirazione cattolica, si era nel corso degli ultimi anni allontanato dalle posizioni politiche di riferimento del suo ex partito e soprattutto su alcuni temi, etici e geopolitici, si era presentato in decisa contro-tendenza nei confronti di una certa morale religiosa.

Non casualmente, a rendere noti i dettagli della eutanasia di coppia è stata una associazione pro-palestinese, The Rights Forum, che lui stesso aveva fondato. Sinistramente ironico, a dire il vero, considerando che a certe latitudini religioso-culturali l’eutanasia non sarebbe nemmeno lontanamente teorizzabile. Nulla a che vedere con la libertaria Olanda, dove si può accedere, dal 2002, a questo medicale congedo della vita soddisfacendo sei condizioni previste per legge, tra cui la irreversibilità dello stato patologico, la forte sofferenza e la inequivoca volontà di morire acclarata da un esperto.

Anche Jozef van der Heijden, altro appartenente alla formazione politica di van Agt, e sua moglie Gonnie avevano fatto ricorso alla eutanasia di coppia, quando ancora la stessa sembrava fuori dai radar della attenzione mediatica, morendo nel 2016. L’Olanda ha istituito un Centro di competenza per l’eutanasia, dentro il quale vengono osservati e studiati, statistiche alla mano, questi nuovi trend. Appare evidente come fino ad oggi le eutanasie di coppia abbiano riguardato anziani che con il passare degli anni e la progressione di malattie di vario genere scontavano il terrore di dover affrontare un, magari breve ma assai sofferto, futuro di solitudine e di strazio, aggravato dalla perdita della persona amata.

In questo caso, infatti, al dolore fisico e mentale di uno stato patologico si sarebbe sommato il vuoto interiore di un amore interrotto. E nonostante si parli di morte, non c’è alcun dubbio che essa stessa diventi strumento di sublimazione di un amore intenso e caldo deciso a varcare il cancello nero, riproducendo intoccato e purissimo quell’amore. Forse non una prospettiva di romanticismo funebre, se consideriamo la parte medica e quella burocratica, come potevano essere le tombe e gli scheletri rinvenuti nei cimiteri medievali o in quelli dell’epoca classica, ma comunque una civilissima scelta di umanità e di amore. D’altronde, come ha scritto Emil Cioran, “la morte è uno stato di perfezione, il solo alla portata di un mortale”.