16 aprile data chiave
Rosa e Olindo, l’attesa per il processo bis con nuove prove e la fake dell’accusa: “La criminalità non tocca i bambini”

Il collegio della Seconda sezione penale della Corte d’Appello di Brescia, presidente Antonio Minervini, ha rinviato ieri al prossimo 16 aprile l’intervento della difesa di Rosa Bazzi e Olindo Romano. Sarà dunque quella l’udienza clou per la revisione della sentenza che ha condannato all’ergastolo i due coniugi ritenuti responsabili della strage di Erba.
I giudici, in particolare, dovranno decidere se ammettere o meno le nuove prove che scagionerebbero Olindo e Rosa.
Nella strage, avvenuta l’11 dicembre del 2006, furono uccisi Raffaella Castagna, suo figlio Youssef Marzouk di appena due anni, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. I due coniugi sono stati condannati anche per il tentato omicidio di Mario Frigerio, marito di Cherubini, unico sopravvissuto per una malformazione alla carotide e supertestimone di quanto accaduto, poi deceduto nel 2014.
Il rinvio è stato chiesto dalla difesa dei due coniugi che ha manifestato la necessità di avere più tempo per le repliche.
L’accusa, rappresentata dal pg Guido Rispoli e dall’avvocato generale dello Stato Domenico Chiaro, aveva infatti affermato che le nuove prove erano “inammissibili”. “Non è vero che la condanna si basa solo su tre prove. Plurimi sono gli indizi che gravano sugli imputati”, ha spiegato in aula Chiaro. Una tesi portata avanti anche da Rispoli secondo cui “le nuove prove non ribalteranno” le sentenze anche perché a carico di Romano e Bazzi vi è “una cascata di altre prove”. “Inammissibile”, ha sostenuto poi Rispoli, l’istanza di revisione del processo presentata dal sostituto pg di Milano Cuno Tarfusser perché “redatta e firmata da un soggetto che non è titolare”. “È un unicuum in Italia”, ha affermato Chiaro, secondo cui “la verità è scritta nelle sentenze” e il movente dei coniugi era “poderoso”. Per la difesa dei due coniugi la tesi dell’accusa ha però delle “motivazioni molto deboli”.
All’uscita dal palazzo di giustizia di Brescia, l’avvocato Fabio Schembri, difensore di Olindo e Rosa, ha spiegato ai giornalisti presenti che è “possibile ribaltare” l’esito dei precedenti processi “tramite le nuove prove”. Le criticità sarebbero nella testimonianza di Frigerio che, per l’avvocato generale, era stata invece immediata. Unico sopravvissuto, Frigerio “ha detto subito” che “era stato Olindo” e “bisogna dirlo che è falso non abbia parlato già il 15 dicembre”. Così come non venne commesso alcun errore durante il repertamento fatto dai carabinieri di Como della traccia ematica trovata sull’auto di Olindo e attribuita a Cherubini.
L’ipotesi della difesa è che non ci sia la certezza che appartenga a quest’ultima. “Nessun trucco” in quella operazione di repertamento, ha risposto Rispoli. Altre piste, per l’accusa, sono da escludere. Cherubini non fu colpita a morte nel suo appartamento, come invece sostiene la difesa. “Non vi erano aggressori nella casa della vicina” ed è “illogico” pensare a vie di fuga dal tetto o dal terrazzino. Gli assassini “sono madidi di sangue e sono armati, la corte di via Diaz è già piena di persone e quindi la difesa ipotizza la fuga dall’alto”, ha proseguito l’accusa. “Si parla di un palo e di tre extracomunitari fermi davanti a via Diaz”, ma “qualsiasi autore” di quell’eccidio “non si sarebbe fermato in strada”. Da escludere, infine, anche la pista della criminalità organizzata per la quale “i bambini non si toccano” ed è “inverosimile che la criminalità organizzata abbia fatto un agguato in quella palazzina in una corte chiusa, dove si poteva scappare solo a piedi, con la macchina lontana. Dov’é la logica, dove la buttiamo?”. Per la strage, le armi utilizzate “sono state spranghe e un coltellino di piccolo cabotaggio”, non quelle che “utilizzerebbe la criminalità”. Se ne riparlerà il mese prossimo.
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