“I miei sono a casa e ci resteranno. Li in Europa sono le 8,15 e quindi… buongiorno…! Ma oltre a loro, grazie a tutti gli italiani”. Nel saluto che Jim Courier, al termine della partita chiede a Jannik Sinner di rivolgere alla sua famiglia, che non è sugli spalti a seguirlo, e che questo nostro pazzesco campione rivolge allo stadio di Melbourne assieme a un sorriso molto sereno che sprizza equilibrio, c’è tutto il carattere di questo nuovo italiano che si appresta a fare la storia, di cui oggi ha scritto una pagina incredibile. Domenica in finale di Australian Open ci va lui, non Novak Djokovic che sino a oggi di questo torneo è stato il padrone assoluto (10 vittorie, 33 match consecutivi vinti, ultima sconfitta nel 2018). Sinner potrà battere chiunque gli si pari davanti, cioè uno tra Danil Medvedev e Sasha Zverev, che stanno per scendere in campo adesso, e fare l’ultimo passo che lo separa dalla storia: vincere un torneo del Grande Slam col tricolore sulle spalle. Un evento che manca da troppo troppo tempo.

Lo abbiamo sempre detto: Sinner può battere chiunque e vincere uno slam. Eccoci qui. Domenica, prima chance.

Che questo ragazzo cosi equilibrato e serenamente feroce potesse farcela oggi era nell’aria. Aveva chiuso il 2023 battendo Djokovic due volte in dieci giorni tra Atp Finals e Coppa Davis. Fin qui, nel primo slam dell’anno, non aveva perso un set. Gli indizi c’erano tutti. Ma la prova prodotta oggi sul campo più veloce del mondo dopo Wimbledon (e forse Torino) è clamorosa.

Inutile fare la cronaca di un trionfo che ha avuto un padrone solo: due set a zero con Sinner che serve talmente bene da costringere Djokovic a chiedere al suo team, disperato ed esterrefatto, dove si debba mettere a rispondergli (e parliamo di quello che ha la migliore risposta di sempre), colpisce la palla con una violenza e pulizia che sono sconosciute al mondo, forse senza precedenti. Profondo, chirurgico, velocissimo, in un fiato si porta due set a zero. Chi assiste al match avrà ripensato a Wimbledon di un paio di anni fa, stesso match, stesso parziale, stesso Sinner rullo compressore: due set a zero contro Djokovic, poi la lenta e inesorabile rimonta del campione serbo, tra toilette break eccessivo, cambio radicale di ritmo palla, e crollo fisico di uno Jannik giovanissimo che comprensibilmente aveva finito le energie. E oggi nel terzo set, chiusosi al tie break, con Sinner che manca un match point e Djokovic che di mestiere si issa al quarto, la trama del film di Wimbledon sembrava potesse rivivere.

Invece no, e si capisce subito: Jannik domina Djokovic tenendogli testa con un piglio quasi padronale dopo essere stato nei primi due set sfrontato. Ricominciare il quarto set come ha fatto lui, alla grande, dopo aver fallito un match point nel tie break del terzo set poi vinto da Djokovic e che rischiava di rimetterlo in corsa nel suo slam preferito, con cui ha una confidenza storica, significa carattere di ferro, stare centrati, essere sicuri e non temere il rientro di uno dei più grandi di sempre, che anzi si vuole soffocare. Come Jannik ha fatto, fino a ergersi a servire per il match, dopo avergli tolto il servizio in un game in cui Djokovic era 40-0.

Sul 5-3 per il nostro fenomeno, servizio in mano per chiudere la semifinale, ecco l’occasione per misurarne l’eventuale paura di vincere. Avesse fallito quell’occasione e si fosse fatto breakare, Djokovic gli sarebbe psicologicamente saltato addosso con esiti tutti ignoti. E invece a Sinner non trema il braccio, le paure non prevalgono sulla voglia di scrivere una nuova pagina di storia, Jannik soffoca un doppio fallo, serve bene e chiude senza gettarsi a terra o fare scene clamorose.

Appunto, sversando sul campo e a suo margine, un piglio padronale.

C’è sempre chi chiude un’era altrui: McEnroe con Borg, Becker con McEnroe, Sampras con Becker, e via dicendo fino al dominio in condominio dei fantastici quattro (Federer, Nadal, Murray, Djokovic messi in ordine di spettacolarità). Normale chiedersi se Jannik abbia rottamato Djokovic.

Io credo proprio di sì. Ora, può riportare l’Italia nella storia, domenica mattina. Forza Jannik.