“Peace, peace, peace is all we need”. Lo ha scritto ieri sulla telecamera alla fine di un match strepitoso – e vittorioso – Andrei Rublev, il tennista russo numero 6 del mondo. Sei parola rimbalzate in diretta nelle 46 tv che hanno acquistano i diritti della manifestazione e fanno vedere le Nitto Atp Finals, il torneo dei Maestri ospitato al PalaAlpitour di Torino, in tutto il mondo. Russia compresa, Mosca soprattutto.

La Russia è patria del tennis, è uno degli sport più praticati, sforna da decenni campioni e top dieci nel maschile e nel femminile. Rublev è un’icona nazionale, ancora più di Medvedev che è stato numero 1. Sarà che assomiglia a Nureev e Baryshnikov e anche il fisico e la mobilità sono quelle di un ballerino. Sarà che la famiglia abita a Mosca ed è proprietaria di un noto ristorante della Capitale. Anche per tutto questo ci piace pensare che oggi nel difficile e delicato percorso che deve portare alla pace in Ucraina, quelle parole scritte a pennarello sulla telecamera tra la gioia e la fatica del vittorioso derby contro il connazionale Danil Medvedev (67/63/76) valgano tanto quanto la stretta di mano tra Joe Biden e Xi Jinping a margine del G20 di Bali.

“Ho scritto quello che sento, mi è venuto naturale, non è neppure la prima volta che lo faccio” ha minimizzato Rublev in conferenza stampa. “Noi tutti vogliamo vivere in pace, perché mai in alcune parti del mondo si deve combattere? Non ha senso. Abbiamo internet, possiamo viaggiare, incontrare persone. Ecco perché ho scritto che tutto quello di cui abbiamo bisogno è la pace”.

Un giornalista ha fatto notare a Rublev che in Russia (dove vive la sua famiglia) non potrebbe dire una cosa del genere. “Ma io lo penso e l’ho scritto” dice con un sorriso dolcissimo questo ragazzo dai capelli lunghi e biondi vestito oversize dalla testa ai piedi come qualunque suo coetaneo. C’è sempre un po’ di timore, anche negli organizzatori, quando la vita reale irrompe in quel format di luci, suoni e gesta sportive che sono oggi i grandi tornei di tennis. Ma lo sport è sempre stato veicolo di democrazia, dai tempi della partita a ping pong tra Mao e Nixon nel 1971. Questo Rublev non lo sa. Così come non sa dell’incontro tra Biden e Xi. Ma quelle parole in telecamera sono volate nel mondo tanto quando l’incontro tra i due leader del mondo.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.