Dimissioni in blocco del governo russo. Le ha annunciate ieri il primo ministro Dmitri Medvédev. Per lui il presidente Vladimir Putin ha pronto, per ora, il posto di vicecapo del consiglio di sicurezza, organismo di nuova creazione che dovrebbe essere presieduto dallo stesso Putin. Dimissioni improvvise, ma non ostili. Un passo utile a Putin a rafforzare il suo potere in vista del 2024, data di fine del suo ultimo mandato presidenziale. La Costituzione vigente consente più mandati, ma non più di due consecutivi.

L’ex agente dei servizi è e rimane lo Zar della Russia. Si sta solo occupando di preparare i tasselli necessari a mantenere intatto il suo illimitato potere nel prossimo futuro. Questa è, in sintesi, la lettura dei fatti russi sulla quale concordavano ieri i principali decifratori dei misteri del Cremlino. Non è la prima volta che il governo si dimette in blocco sotto la sua presidenza. È già successo altre volte nel suo primo decennio da presidente (è lì dal 1999). La notizia delle dimissioni è arrivata tre ore dopo un discorso presidenziale di ottanta minuti sullo stato della nazione, nel quale Putin ha proposto cambiamenti sostanziali alla Costituzione.

Tutte le modifiche annunciate prevedono un’imbracatura dei poteri presidenziali. Una volta avallate da referendum (sarà il primo dal 1993) dovrebbero garantire a Putin di avere un successore molto meno libero di lui nell’esercizio del potere, impossibilitato a perpetuarsi per decenni alla presidenza, con un parlamento e un rinnovato consiglio di Stato dotati di strumenti per contrastare le decisioni presidenziali. Putin e Medvédev sono comparsi insieme alla televisione statale. Medvédev, fedele primo ministro dal 2012 – ha anche altrettanto fedelmente occupato la poltrona presidenziale per un mandato in modo tale da permettere a Putin di ripresentarsi – ha detto in tv: «Queste modifiche permetteranno cambiamenti significativi non solo in vari articoli della Costituzione, ma anche nell’equilibrio del potere».

Sul ruolo tecnico che Putin prevede per sé dopo il 2024 le ipotesi principale sono due. Che lui intenda guidare il Paese dalla poltrona di primo ministro. O che lui lo voglia fare limitandosi a presiedere quel rinnovato Consiglio di stato, rappresentante di tutte le regioni russe ed attualmente organismo solo consultivo, sulle cui «modifiche necessarie» si è dilungato a lungo nel discorso.
Il modello sarebbe quello utilizzato da Den Xiaoping in Cina o quello che in Kazakistan permette a Nursultan Nazarbayev di continuare a governare quanto e più di quando era alla presidenza del Paese.

Tra le modifiche costituzionali proposte ce ne è anche una che prevede la prevalenza delle norme costituzionali russe su qualsiasi norma o esigenza prevista da accordi internazionali firmati da Mosca. Putin l’ha presentata così: «Le esigenze del diritto e gli accordi internazionali, così come qualsiasi decisione di qualsiasi organismo internazionale, potranno valere sul territorio russo solo nella parte nella quale non contraddicono la nostra Costituzione». Al posto di Medvédev, Putin ha indicato Mijaíl Mishustine, capo dell’agenzia fiscale. Anche lui dei servizi segreti.

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